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  • Il mito Unesco della Palermo araba

    Non sono uno storico dell’arte e mi scuso quindi per involontarie imprecisioni, ma, nel silenzio di chi avrebbe più competenze delle mie per parlare, non posso non denunciare la mistificazione storica del sito Unesco “Palermo arabo-normanna e le cattedrali di Cefalù e Monreale” che contribuisce, nell’immaginario collettivo di cittadini, guide e turisti, a consolidare il mito di una Palermo araba cui si vorrebbe attribuire di tutto: dai monumenti del percorso alla ricetta originaria della cassata o della granita siciliana. Comprendo le ragioni “politiche” dell’Unesco nel voler ricercare un momento di convivenza pacifica tra cristiani, ebrei e musulmani che sia d’esempio per i nostri giorni, ma una certa pace e la tolleranza in Sicilia si ebbero dopo la dominazione araba, non durante, sotto i re normanni. Anche nel recente caso della spianata delle moschee di Gerusalemme l’Unesco ha pensato male di manipolare la storia per esigenze politiche contemporanee contro gli occupanti israeliani. Si può però seriamente promuovere la pace e la convivenza tra i popoli al prezzo della verità storica? Penso proprio di no.

    Per onestà intellettuale va quindi ribadito che nessuno dei monumenti del percorso Unesco sia stato realizzato durante la dominazione araba in Sicilia, ma solo un secolo dopo, una volta consolidatasi la dominazione normanna che ha voluto celebrare se stessa con monumenti che sintetizzassero, in un originalissimo stile architettonico ed artistico, le varie influenze culturali presenti nell’isola, a cominciare da quelle bizantine. La chiesa di San Cataldo, ad esempio, con le sue caratteristiche cupolette rosse (rimaneggiate nel XIX sec.) non è mai stata una moschea anche se persino rappresentanti delle istituzioni raccontano pubblicamente questa favola. Molto di quello stile che comunemente viene detto “arabo” altro non è che l’elemento orientaleggiante dell’architettura bizantina, non a caso nata e cresciuta in medio oriente a Costantinopoli/Bisanzio (l’attuale Istanbul musulmana che, salvo le cisterne e poco altro, ha rimosso ogni memoria della Roma d’Oriente, quella di prevalente cultura greca). Lo stile architettonico del percorso Unescoo è quindi innanzitutto uno stile romanico, bizantino e infine arabo più per la manovalanza artistica che per la presenza di veri architetti arabi.

    Gli arabi di prima dell’anno mille non erano portatori di una propria architettura, nomadi come erano, furono dei vettori di conoscenze pratiche (es. sistemi di irrigazione), di semi di piante da frutto (es. arance) e di altri vegetali dall’oriente, soprattutto da quella grande civiltà che fu la persiana. Salvarono dai barbari testi filosofici greci, furono esperti navigatori, studiosi della geografia, delle stelle come della matematica, ma il condizionamento del Corano dettato da Allah e quindi non interpretabile ha comportato per secoli, fino ai giorni nostri, il costante richiamo della guerra santa proselitista e problemi con la cultura scientifica e dei i diritti civili consolidatasi nei secoli in occidente. Persino Wikipedia riconosce che

    «l’architettura arabo-normanna è una definizione impropria, poiché gli arabi, nomadi per origine e vocazione, non furono mai portatori di una propria architettura, ma assimilarono la cultura mediorientale e neoellenica dei paesi islamizzati durante la loro avanzata, elaborando varie sintesi architettoniche, legate ai diversi imperi: Fatimidi, Ziridi, Aghlabidi, Abbassidi, Almoravidi ecc. che culminarono con originali tipologie in Egitto, Magreb e penisola iberica. Durante il dominio normanno, in Sicilia e nell’Italia meridionale nei secoli XI e XII queste tipologie furono sincretizzate con l’arte bizantina e romanica normanna dando luogo ad una fioritura di edifici, capolavori della scuola architettonica siculo-normanna».

    Ecco, siculo-normanno sarebbe il nome giusto del percorso Unesco, ma vediamo allora di capire il perché della resistenza di questo mito della Palermo araba felice.

    Un’illuminante lettura del libro inchiesta sull’Eni di Giuseppe Oddo, Lo stato parallelo mi ha permesso di capire, così credo, la causa profonda di tanto filo arabismo italiano. La politica estera italiana coincide nei fatti con gli interessi della nostra principale multinazionale che nell’intuizione del suo fondatore, Enrico Mattei, per ritagliarsi uno spazio d’affari tra le sette sorelle, intraprese un’inedita collaborazione con i Paesi produttori, entrando di fatto in società con questi. Dietro le simpatie di Craxi e Andreotti durante la prima Repubblica o di Berlusconi nella seconda per i regimi dei Paesi arabi produttori, c’è forse questa semplice motivazione di interessi. E, poiché non guasta mai, sopra la grammatica degli interessi regna poi la retorica ideologica di chi non avendo simpatie per Israele, per il suo alleato storico, gli Usa e per i valori cristiano-occidentali in generale, è sempre pronto a sopravvalutare le responsabilità di una parte a scapito dell’altra rinfacciando semmai le crociate come se nella contabilità delle atrocità della storia esse avessero mai iniziato o eguagliato le incursioni e le violenze subite per mano islamica come questo video ricorda. Per la cronaca, l’ultima incursione saracena a Palermo si è avuta nell’ottocento (XIX sec.) ai danni della tonnara di Mondello. Non a caso, tutte le coste del Meridione sono costellate da tanti secoli di torri di avvistamento.

    Palermo, Sicilia
  • 23 commenti a “Il mito Unesco della Palermo araba”

    1. Se quindi non è uno storico dell’arte, né evidentemente uno storico, può citare cortesemente da quali fonti ha tratto le sue conclusioni, a parte wikipedia e il libro sull’Eni?

    2. Un articolo azzardato, basato su “credo”, “penso”, “non sono uno storico”. Studi archeologici, supportati da fatti storici la sbugiardano appieno, questo articolo non ha neanche lo spessore per poter essere considerato fiaba. Non posso invitarla a rivedere il tutto perché so che tanto non lo farebbe. Lo terrò comunque a mente quando ci sarà da fare esempio dei ciarlatani che hanno libero accesso ad internet.
      Saluti.

    3. Condivido il fondo e le intenzioni dell’articolo di Donato Didonna.
      Preferirei quasi non commentare, in quanto su questo tema ci si scontra spesso con autentici caproni che ripetono luoghi comuni, falsi miti, tramandati senza nessun supporto documentale, e senza conoscenze tecniche.
      Addirittura si citano fonti di fantomatici archeologi?
      Sono proprio loro, gli archeologi seri, che a un certo punto, vista la scarsezza di resti del periodo musulmano in Sicilia, esclamano quasi sorridendo: “ammesso che i normanni fossero particolarmente inc.azzati, come mai si trovano solo rari resti del loro passaggio?”
      La risposta la danno essi stessi – gli archeologi – nel fatto che i musulmani che occuparono la Sicilia costruivano con mezzi particolarmente precari (peraltro la maggior parte, fino al 950 Ca. furono inadattabili alla vita urbana).
      Da aggiungere, per quel che riguarda i monumenti che non fecero altro che occupare abusivamente chiese cristiane preesistenti spacciandole per moschee.
      MA DEVO COMMENTARE DI SEGUITO, nonostante la presenza indisponente di alcuni, per fare un paio di precisazioni su alcune inesattezze che scrivono certi buontemponi su wikipedia o i tifosi filo arabi che ripetono luoghi comuni.
      Preciso che il falso mito, di una storia che fu dimenticata per diversi secoli fu rispolverato da due filo arabi: un falsario abate maltese del XVIII Sec. (Giuseppe Vella) e dai propositi tendenziosi di uno storico siciliano del XIX Sec. che aveva diversi conti da regolare e manipolava i fatti (Michele Amari).

    4. ALLORA:
      – In nessuna documentazione seria è certificata la presenza di manovalanza/maestranza o architetti arabi nei monumenti di Palermo in questione, tranne nelle idee verbali (luoghi comuni) tramandate senza supporti documentali. Chi ha fatto tanti anni di ricerca comparativa (sia di monumenti in occidente che in medio oriente) sa che gli elementi dei monumenti di Palermo in questione erano sconosciuti ai musulmani, a dimostrazione di una (improbabile) partecipazione alquanto fantasiosa (certamente non determinante). Peraltro, circa la metà erano partiti all’arrivo dei normanni, e, secondo lo storico Gabrieli, rimasero in prevalenza servi e contadini; qualche commerciante; ed alcuni musulmani ammessi a corte. E furono osteggiati e perseguitati in particolare dai lombardi di Sicilia, durante la costruzione dei monumenti (in particolare dal 1160).
      I normanni portarono le conoscenze dei luoghi di loro provenienza che si notano nella componente gotica e romanica dei suddetti monumenti di Palermo, stili allora diffusi nel nord della Francia: a pochi Km. di distanza dalla loro cittadina di provenienza, Hauteville-la-Guichard, per esempio, ci sono alcune chiese in stile romanico, con facciate (con le tipiche doppie torri) poi riprodotte a Cefalù e Monreale, chiese dove ci sono già anche quegli archi a sesto acuto che in Sicilia sono, talvolta, erroneamente attribuiti ad altri popoli; archi a sesto acuto poi presenti in gran numero anche nell’architettura gotica nel nord Francia, precedente ai monumenti che costruirono a Palermo. A Palermo i normanni iniziarono a costruire i monumenti inseriti nel “percorso” (a denominazione fasulla) dopo oltre 70 anni dal loro arrivo, ma avevano già conosciuto nella Sicilia orientale e in Calabria l’arte basiliana dei monaci che vi si erano rifugiati per scappare dalle persecuzioni di Leone III. Peraltro per i monumenti di Palermo impiegarono anche monaci basiliani artisti. Apprezzarono a tal punto l’arte basiliana che ordinarono di riunire 60 monasteri (di Calabria e Sicilia) in una sorta di federazione. Questo passaggio è importante per le influenze successive.
      Nei monasteri basiliani, anche in Grecia, erano tipiche le cosiddette cupolette su tetti e sul terminale delle torri campanarie (anche la torre di S M. dell’ammiraglio terminava con la cupola, e ce n’era una simile anche nella cappella palatina). I prototipi di diversi monumenti di questo “percorso palermitano” (cioè del brand fasullo) sono i monasteri bizantini.
      La cuba con abside e cupolette è bizantina.
      Quindi, i normanni coniugarono arte gotica, romanica (Cefalù, Monreale), bizantina, basiliana. Il resto sono luoghi comuni.
      Apposero su alcuni dei monumenti in questione tre elementi decorativi di ispirazione musulmana, che non hanno influenza sullo stile (un paio di scritture… chissà perché ! E una copia di muqarnas)

      2) in considerazione di quanto scritto al punto 1 non ci fu sincretismo, tranne per i buontemponi di wikipedia.

    5. Resta il fatto che Palermo è stata, è e sempre sarà NorthAfrica.

      https://s16.postimg.org/6xaklrw79/thenorthafricapalermo.jpg

    6. Yleniaf e Bix: fate bene a nascondervi dietro un nick 🙂

    7. Gentile sig. Donato mi fa piacere che finalmente qualcuno dia attenzione agli studi, ed alle pubblicazioni che da anni scrivo sull’argomento. Vedo che ne ha anche riportato un ampio stralcio: …«l’architettura arabo-normanna è una definizione impropria… ecc. Forse sarebbe stato giusto ed utile citare la fonte. Quanto ai commenti che seguono il suo intervento ci sarebbe molto da dire, ma una cosa emerge su tutte: la cultura egemone non ha mai avuto scrupoli nel falsare la verità storica per seguire i propri interessi. Così è stato negato ai Siciliani ed ai Palermitani in particolare, la paternità storica (Arte, Architettura e originali tecniche costruttive) di alcuni tra i monumenti più preziosi ed originali. Se richiesto, potrò apportare altri contributi su questo tema.

    8. Sig. Noto, della citazione virgolettata é stata citata la fonte. Sottoponga a Rosalio un suo contributo sul tema che arricchirà senza dubbio la discussione.

    9. E’ vero, Lei cita wikipedia che ha estrapolato parte di un mio articolo
      (Vittorio Noto – itinerari medievali siciliani … Mais c’est Normand!) può leggere per intero tutto il testo su internet , ed in seguito se vuole commentarlo potremo proseguire questo interessante dialogo.
      Cordiali saluti, V.N.

    10. Gentile Signor Vittorio Noto, anch’io ho letto la sua dichiarazione che contesta il falso “slogan arabo normanno”, l’ho letta in un contesto dove veniva inserita in una citazione più ampia che conteneva anche riferimenti alle tesi di Creswell e Marçais dove anch’essi contestano lo slogan arabo normanno.
      Ho voluto verificare se la citazione della sua dichiarazione corrispondesse alla verità, che qui lei conferma.
      Ma mentre cercavo conferme ho potuto leggere alcuni testi che riguardano alcuni suoi libri pubblicati… presentazioni, introduzioni, sintesi.
      Si evince, leggendo le descrizioni dei suoi libri, in particolare in “palazzi e giardini dei re normanni di Sicilia” una contraddizione rispetto alla sua contestazione della definizione arabo normanno:

      “Nel volume si analizzano le tecniche costruttive normanne, bizantine e islamiche, sincretizzate nelle nuove costruzioni siciliane, coinvolgendo il lettore nella ricerca delle antiche strutture ancora presenti, occultate o scomparse.
      Un’abilità costruttiva che traeva origine dai Romani, pur con apporti decisivi della cultura siriana e un utilizzo della pianta a croce latina e a croce greca armonizzato con i principi dell’architettura normanna. A ciò si aggiunge la capacità decorativa degli islamici e dei bizantini che rende eccezionale questo coacervo di culture, specie agli occhi dei visitatori, di ieri e di oggi, della Sicilia”.

      Potrebbe gentilmente spiegarci i motivi di questa contraddizione?
      Grazie.

    11. Rispondo volentieri alla sua richiesta, ricordandandoLe che alla pg. 45 del volume da Lei citato, ma anche in altri scritti, pongo in evidenza un nucleo tematico principale: l’innegabile realtà di una originale Scuola Architettonica Siciliana, formatasi nel XII s. per volere dei Re di Sicilia sensibili ai fermenti di una fiorente koinè euromediterranea. Nelle sale e nei laboratori del Palazzo Reale di Palermo ebbero modo di esprimersi scienziati, letterati, e architetti: latini – islamici – bizantini – ispano giudaici, ecc. tra i più eminenti del secolo, invitati specificamente o attratti dall’ormai famoso mecenatismo degli Altavilla. Dalle coste della Manica a quelle del Mediterraneo o del Bosforo, si verificò una migrazione culturale senza precedenti. In un periodo di guerre e contrapposizioni religiose, i Re di Sicilia seppero realizzare un pruralismo religioso auspicabile, quanto difficile a realizzare nei nostri tempi. Rimane tra tutti, un documento di notevole valore teologico – ecumenico: la Cappella Palatina di Palermo, nella quale le preziose quanto rare iconografie cristiane mosaicate nelle pareti, o quelle islamiche dipinte nel soffitto, rappresentano un fondamento comune ad entrambe le religioni: l’esistenza della vita dopo la morte. Quindi le scienze le lettere e le arti ebbero studi e contributi da tutti i popoli sopra citati ed è quindi giusto e doveroso riconoscerne i tratti, tuttavia bisogna evidenziare che nessuna di queste presenze ebbe un protagonismo egemone, tale da farne identificare le opere realizzate in Sicilia nel periodo degli Altavilla. Così il risultato culturale non fu una somma ma il prodotto di una Scuola Culturale Siciliana, proseguita da Federico II e che in seguito anche Dante avrebbe riconosciuto.
      La sensibilità culturale di chi si è avvicinato o si avvicina alle opere sopra citate, senza considerare nel loro insieme i presupposti storici, artistici e sociali del Popolo Siciliano in periodo medievale, spesso attribuisce la paternità delle opere a quella etnìa che più corrisponde all’immaginario personale o collettivo.
      Sperando di esserLe stato utile, le porgo cordiali saluti, Vittorio Noto.
      P.S.
      Se ha tempo può approfondire l’argomento nel link Sicilia Sera Filippo Cucina Vittorio Noto Palazzi e Giardini

    12. Signor Noto, ho visionato su YouTube il video che lei ha suggerito.
      Ho notato diverse contraddizioni e imprecisioni.
      Ma ne scrivo in un successivo commento, perché, ora, mi sembra utile rispondere a certe sue affermazioni contenute in questo suo commento sopra.

      – Scuola architettonica siciliana: capisco il suo bisogno campanilistico ma non vi fu nessuna scuola architettonica siciliana (contrariamente a quella poetica ma che si manifestò nel successivo periodo, svevo); tutti coloro che ricevettero l’incarico dai regnati normanni per edificare i monumenti non erano siciliani, in particolare i numerosi monaci che fecero venire con loro dalla Francia. SOPRATTUTTO, tutti gli elementi di architettura utilizzati dai normanni erano PRE ESISTENTI non furono inventati in Sicilia, quindi non fu creazione siciliana. Elementi di architettura pre-esistenti nell’architettura romanica (e benedettina e cluniacense) in Francia, e, fatto determinante, non si può capire l’architettura dei monumenti normanni di Sicilia senza conoscere la loro genesi che avviene in Calabria dove essi vissero e edificarono numerosi monumenti, coniugando le loro conoscenze, e quelle dei loro monaci (ripeto), acquisite in Francia, che coniugarono con l’architettura bizantina che in quei decenni conobbero in Calabria, alcuni decenni prima di mettere piede in Sicilia, molti decenni prima di edificare i loro monumenti più noti in Sicilia. Restaurarono anche alcuni monasteri bizantini in Calabria.
      Gli elementi utilizzati per edificare i suddetti indicati monumenti in Calabria, li replicarono successivamente in Sicilia, in alcuni casi si tratta quasi di copie.
      Successivamente, in Sicilia, conobbero le cube e i monasteri bizantini (ES. cuba Castiglione), QUINDI furono influenzati anche dalla cube e monasteri bizantini presenti in Sicilia orientale fin dal 7° secolo, come si nota in particolare per la SS. trinità di Delia (che riproduce anche elementi delle chiese normanne in Calabria), che alcuni esperti considerano il prototipo di altre chiese normanne a Palermo.

      – Pluralismo religioso:
      ideologia ATTUALE, mai verificatasi nel periodo in questione, che, INVECE; fu segnato da stermini (della popolazione siciliana, dal 827 al 902 quasi ininterrottamente, poi una ripresa di alcuni anni di stermini che cessarono nel 965), in seguito la popolazione locale subì imposizioni e oppressioni umilianti, furono numerose le rivolte dei siciliani contro gli invasori musulmani, altrettanto numerose le lotte tra musulmani delle varie etnie.
      La popolazione cristiana subì le umilianti regole contenute nel cosiddetto “patto di Omar” che durarono tutto il periodo della dominazione musulmana, altro che pluralismo religioso e convivenza pacifica! Non sono pervenuti dati su promiscuità tra popolazioni di etnie e religioni diverse.
      Nel migliore dei casi si ebbe un periodo di calma apparente (il Re proteggeva i musulmani dall’ostracismo dei siciliani e dei nuovi siciliani provenienti dalla zona allora chiamata Lombardia) di un paio di decenni durante il Regno di Ruggero II, ma l’odio etnico e religioso covava ed esplose più violento alla morte del Re. Seguirono massacri, fughe di musulmani rifugiati tra campagne e montagne, razzie, che si protrassero anche durante il Regno svevo. e al culmine dei saccheggi e rivolte dei musulmani Federico II deportò tutti i musulmani dalla Sicilia.

    13. Signor Noto, come anticipato copio qui il mio commento al video che lei mi ha invitato a visionare.

      Eccolo.
      Massimo rispetto per il signor Noto, ma noto diverse imprecisioni, ne cito alcune:

      – il soffitto della cappella palatina:
      i cassettoni derivano dalla tradizione greca e poi da quella romana, il cielo stellato tipico dell’arte bizantina. Riferendosi alle immagini che posto di seguito (v. link) il signor Noto dice che esse riproducono immagini del Corano, INVECE si tratta di figure certamente bizantine (religiose), nell’immagine successiva si tratta del cavaliere normanno che sconfigge il soldato musulmano (scena carica di simboli, a testimoniare il potere normanno, il cavaliere normanno sconfigge il soldato musulmano e gli volta le spalle). Inoltre, nell’opera del soffitto si susseguono una serie di aperture e cappelle come proiezioni di una chiesa, vi sono dipinti numerosi personaggi alla maniera della pittura bizantina, in alcune immagini (poche) sembrano dipinti nello stile dei copti cristiani, si notano officianti cristiani e altre figure religiose cristiane, motivi e simboli, e animali, della tradizione occidentale e della tradizione bizantina, e simboli della cultura dei regnanti normanni. Vero che sono dipinti alcuni (pochi) personaggi abitanti del regno normanno in abiti della tradizione islamica. Insomma, riproduce alcune manifestazioni della corte normanna, la quasi totalità appartenenti alla cultura occidentale e cristiana, niente a che vedere con il paradiso coranico che raccontano alcuni.
      Nel soffitto non si vedono stalattiti né alveoli che caratterizzano i muqarnas, si tratta, piuttosto, di un’opera unica nel suo genere (nessuno ha mai divulgato pitture nello stesso stile nell’arte islamica, per provare che si tratterebbe di pittura islamica) il soffitto ligneo potrebbe nel migliore dei casi ispirarsi alla maniera dei muqarnas ma la realizzazione è diversa dei muqarnas. I muqarnas, comunque, erano di origine persiana.

      – il signor Noto ripete più volte il luogo comune sulle maestranze (addirittura nel chiostro di Monreale! dove vennero artigiani provenzali, veneti, campani), ma in nessun documento, e per nessuno dei monumenti normanni di Sicilia, si leggono nomi, dati, su maestranze musulmane, sono documentati invece gli interventi di artigiani provenzali pugliesi, campani, veneti, bizantini, ed altri provenienti dalla Francia. In alcuni casi le firme dei suddetti artigiani sono apposte sulle opere.

      – la chiesa di Casalvecchio è bizantina, costruita dai normanni, lo dice giustamente anche il signor Amato in questo video. Bizantina, e riproduce gli stilemi delle numerose chiese simili che gli stessi normanni edificarono in Calabria alcuni decenni prima di mettere piede in Sicilia; e in Calabria non ci stavano gli “arabi”.
      Allora, se afferma che la chiesa di Casalvecchio è bizantina ma poi aggiunge l’apporto dell’architettura islamica, perlomeno dovrebbe dirci in cosa consiste questo ipotetico o immaginario apporto.
      Lo stesso dovrebbe fare quando parla degli altri monumenti normanni ogni volta che indica un apporto islamico (addirittura dice che i normanni avrebbe preso il meglio dell’arte islamica e l’avrebbero valorizzata), cioè in maniera chiara e dettagliata, non in maniera generica (troppo facile parlare di apporti artistici in maniera generica, senza dimostrarli con dati precisi: insomma, quali e come, quali tecniche quali elementi, provano questo apporto dell’architettura islamica.
      Perché, oltre ai due muqarnas (uno dei quali, nel soffitto, è un’interpretazione sui generis), di origine persiana, nei monumenti normanni in Sicilia non ci stanno altre elementi di architettura islamica.

      https://imgur.com/a/9tEcvz0

      https://imgur.com/a/FD52nTr

    14. La ringrazio per l’attenzione e le osservazioni che Lei riserva alle mie pubblicazioni poiché mi consente di puntualizzare meglio il modesto contributo ad alcuni temi dell’Arte Medievale Euromediterranea, siciliana in particolare. Ho tuttavia esitato nel rispondere, per la difficoltà di discutere gli assiomi da Lei esposti con tanta sicurezza, senza indicare con dovizia, le fonti dalle quali trae le sue conclusioni. Le note che potrei continuare a scambiare con reciproco rispetto, non potrebero esaurire un argomento così importante in poche battute. Ma poiché scripta manent , per non lasciare il dubbio da Lei attribuitomi tra paternità islamica e/o contributo culturale recercherò di fornire alcune precisazioni riportando le osservazioni da Lei formulate.
      1. …..<>….. Nelle mie ricerche ho sempre evitato il campanilismo , poichè ho pensato che la vera missione di uno storico è di impegnarsi a dar luce alla Società con contributi (ancorchè modesti) esplorando il presente del passato per il futuro del presente.
      2. ….<>…
      Il termine Scuola Architettonica Siciliana fa riferimento ad un insieme più vasto di pensatori, teologi, scrittori, architetti, artisti, scienziati, giuristi, da dovunque aggregati , che condivisero nella reggia di Palermo un indirizzo culturale loro impresso dai Re di Sicilia sensibili ai fermenti di una nuova koinè euromediterranea.
      3. ……<>…..
      Non si trova in nessuna pagina delle mie pubblicazioni una simile asserzione, ho invece sostenuto che l’inventio è preceduta dall’imitatio. Ho quindi evidenziato che nell’edilizia siciliana, religiosa e palaziale dei secoli XI e XII si puntualizzarono nuove tecniche costruttive che pur basate sulle architetture in auge ne svilupparono in originale anticipo alcuni aspetti statici e morfologici. Mi riferisco ad es.ad una diversa centratura degli archi ad 1/3 del diametro (ogivali, non acuti nord europei, od islamici a sesto oltrepassato) . Notevole altresì l’uso delle volte a crociera costolonate con stereotomie di ascendenza tecnica bizantina, e soprattutto : l’eliminazione dei vani dei matronei per acquisire più superfici da ricoprire con splendide iconografie bibliche mosaicate. Questi ed altri espedienti tecnico-costruttivi (capitelli a libro normanni, slanciati pulvini di tipo bizantino ecc.) permisero di centrare i carichi trasmessi dalle arcate sugli stilobati in modo ottimale permettendo così l’uso di colonne litoidi al posto dei massicci pilastri in muratura, ancorchè sagomati, tipicamente romanici. Si evidenziò così una nuova identità artettonica che ancora oggi non finisce di affascinare per la armoniosa spazialità delle navate, e le proporzioni delle geometrie progettuali.
      4……<>……
      La chiesa della Santissima Trinità del Delia , costruita nel XII s. unitamente alle altre chiese coeve bizantine di Sicilia si differenzia dalle analoghe costruzioni calabre, oltre che per la cronologia, per la particolare impostazione e centratura delle cupole: la pianta quadrata è mediata in alto, da un ottagono che raccorda quattro dei suoi lati a mensola, con i corrispondenti spigoli della base per mezzo di archetti strombati, in questo modo si raccorda anche la base della cupola emisferica ( non conica) della calotta o del tamburo cilindrico che la regge. Un modulo costruttivo bizantino che caratterizza particolarmente le chiese basiliane di Sicilia quando: ripetuto lungo l’asse longitudinale trasforma la originaria pianta centrica in una pianta pseudo latina con tre navate absidate.
      Riferendomi alla Chiesa dei SS. Pietro e Paolo – Casalvecchio Siculo ho evidenziato in due diverse pubblicazioni le tracce della sua ascendenza normanna: abbastanza simile ad alcune chiese della Normandia es.: filari policromi di mattoni disposti a spina di pesce. Alcuni esempi di queste murature, si possono osservare in Normandia: nelle chiese – abazie di Semilly; Cerisy-la-Fôret; Notre Dame d’Esqay; Abbaye de la Lucerne, Saint-Wandrille ecc. Inoltre, la ghiera sul portale, costruita con conci bianchi e neri alternati con laterizi, risulta simile all’archivolto bicromo del coro della chiesa di Saint-Céneri-le-Gerei (Orne), 1050-1065. Ho evidenziato che l’edificio è l’unico tra le costruzioni normanne di Sicilia a riportare ancora sul portale d’ingresso inciso il nome del suo costruttore normanno (restauratore ?) :
      <>.
      Non potevo tuttavia esimermi dal notare all’interno l’originalità dei raccordi angolari delle strutture ottagonali che mediano le cupole, con i quadrati di base: quasi una sintesi tra muqarnas e nicchie a rincassi, ….. ma questo diverso apporto in un cantiere multietnico è ben lungi da una asserita paternità islamica.
      5…. <….
      Negli alveoli delle stelle a cassettoni, si alternano innegabilmente immagini di odalische, musici, califfi, animali esotici e mitololgici, bevitori, giocatori di scacchi, carri alati e lottatori; …..ed è piuttosto difficile immaginare come Lei asserisce che siano …<>….
      ….<> …
      Osservando il soffitto con più attenzione, dopo un poco ci si accorge che ogni elemento decorativo stella o croce) è generato, all’interno di un raffinato quanto perfetto universo geometrico:
      una trama che presiede anche alla tecnica costruttiva della stessa struttura del soffitto, costituita da una griglia formata da coppie di rette che nello spazio, s’intersecano perpendicolarmente e obliquamente, generando nei nodi, una serie ritmica di stelle (cassettoni) disposte attorno ai bracci di altrettante croci, a loro volta come stallattiti pendenti verso il basso. E’ ragionevole ipotizzare, oltre ogni considerazione teologica, l’opera congiunta di un geniale gruppo di artististi diversamente credenti, musulmani e cristiani.
      Già dal X secolo (IV dell’Egira), circolava tra gli intellettuali dell’Islam l’idea che con lo studio delle cristalline forme di una purezza geometrico-matematica, ci si può svincolare dalla mera apparenza fisica della realtà, per intravedere le leggi che regolano la razionalità di una volontà ordinatrice. (v. la scuola filosofico-religiosa di Bassora).
      … <>..
      In una recente ricerca condotta da alcuni Docenti della Facoltà d’Ingegneria dell’Universita’ di Palermo riguardo alle tecniche costruttive del soffitto della Palatina di Palermo si legge: <>…
      … <>…
      Non fu questo il solo motivo ricorrente dei disordini, ma l’intolleranza dei baroni e dei feudatari – normanni che periodicamente congiuravano contro gli Altavilla rei di dimenticare le loro origini normanne per una nuova e lungimirante civiltà euromediterranea
      …<>…
      Su questo argomento così importante, relativamente al periodo antecedente il regno siculo normanno è consigliabile rileggere con attenzione le opere di Michele Amari il più celebre tra gli arabisti, autore di importanti opere come : Storia dei musulmani di Sicilia (3 voll., 1854-1872); Biblioteca arabo-sicula ,
      per non ripetere luoghi comuni, spesso frutto di convinzioni personali.
      Per il successivo periodo, Re Ruggero e i suoi discendenti, compresero senza eccessive riserve, che il nuovo regno da loro creato non poteva che essere polietnico pacificamente rispettoso di una popolazione latina, bizantina, islamica e giudaica che trovava nel monoteismo un comune denominatore di tollerante aggregazione socio -religiosa. Basti ricordare che nel terremoto del febbraio 1169, Guglielmo II s’aggirava nella reggia affermando ai suoi diversi servitori in preda al panico : «Che ciascuno preghi il Dio ch’egli adora! Chi avrà fede nel suo Dio, sentirà la pace in cuore» L’episodio rimase così impresso nella memoria popolare che dopo tredici anni, il viaggiatore arabo-andaluso Ibn Jubayr lo raccolse nella sua cronaca. Aggiunse tra le altre notizie, che visitando la chiesa di S. Maria dell’Ammiraglio, in periodo natalizio, rimase stupito dalla sua architettura ma soprattutto dalla atmosfera mistica che provò assistendo alle funzioni, tanto che recitò mentalmente una giaculatoria per non essere tentato di apostasia .
      …<>…
      La deportazione a Lucera dei musulmani ribelli che, come alcuni feudatari e baroni normanni, periodicamente si opponevano ai regnanti riguardò essenzialmente la zona di Entella e dei territori circostanti, (ricorderà la vicenda della Virago e di Federico II).
      … coesistenza pacifica <>…
      Diversamente, Federico II, alla cui corte continuò ad ammettere intellettuali e pretoriani arabi, continuò una accorta politica di tolleranza verso il mondo islamico, ricercando per il suo impero un identità euromediterranea, crogiolo di un pacifico incontro e convivenza tra popoli diversi . La sua crociata (1228-29) fu l’unica che non ebbe uno scontro sanguinoso, al contrario, con la trattativa aprì le porte di Gerusalemme ai pellegrini cristiani diretti al Santo Sepolcro. L’accordo con il sultano Malik al Kāmil, preceduto un decennio prima da un analogo tentativo di S. Francesco, costituisce ancora oggi un importante esempio di civiltà. A dimostrazione del suo rispetto per l’Islam le cronache del tempo narrano che durante il suo soggiorno in Terra Santa Federico notò che dai minareti i muézzin non invitavano più alla consueta preghiera, ne chiese il motivo ad un funzionario di corte e questi rispose che si trattava di una forma di rispetto nei suoi confronti. L’imperatore ne fu contrariato ed aggiunse:: Avete fatto male, o cadì! Volete voi alterare il vostro rito e la vostra Legge e fede a causa mia? Se foste voi presso di me nelle mie terre, sospenderei io forse il suon delle campane a causa vostra?”. Spero di esserle stato utile, e la ringrazio ancora per l’occasione offertami nel puntualizzare i miei lavori. Le porgo i miei più cordiali saluti, Vittorio Noto

    15. Che si possa dubitare a proposito di eventi assegnati alla storia, è più che legittimo. Deve però trattarsi di dubbio fondato su di una pluralità di ricerche scientifiche, giustificato, metodico: il non prestare pregiudizialmente fede a chi pensa diversamente da noi o apparentemente si contraddice , è altrettanto ingiustificato che credere a qualunque cosa si prospetti a sostegno del nostro punto di vista. Inoltre è molto azzardato alimentare una nuova querelle sull’argomento poiché si rischia di rendere un pessimo messaggio a chi si avvicina per le prima volta al periodo storico in oggetto.
      Le note che potrei continuare a scambiare con reciproco rispetto, non potrebero esaurire un argomento così importante in poche battute. Ma poiché scripta manent , per non lasciare il dubbio attribuitomi tra paternità islamica e/o contributo culturale recercherò di fornire alcune precisazioni alle osservazioni formulatemi.
      – Negli alveoli delle stelle a cassettoni della Palatina, si alternano innegabilmente immagini di odalische, musici, califfi, animali esotici e mitololgici, bevitori, giocatori di scacchi, carri alati e lottatori;
      …..ed è piuttosto difficile immaginare come asserito, che siano …<>….
      -Quanto alla osservazione: ….<>
      Osservando il soffitto con più attenzione, dopo un poco ci si accorge che ogni elemento decorativo (stella o croce) è generato, all’interno di un raffinato quanto perfetto universo geometrico: una trama che presiede anche alla tecnica costruttiva della stessa struttura del tetto, costituita da una griglia formata da coppie di rette che nello spazio, s’intersecano perpendicolarmente e obliquamente, generando nei nodi, una serie ritmica di stelle (cassettoni con alveoli radiali) disposte attorno ai bracci di altrettante croci, a loro volta, pendenti visibilmente verso il basso come stallattiti. E’ ragionevole quindi, ipotizzare oltre ogni considerazione teologica, l’opera congiunta di un geniale gruppo di artisti diversamente credenti, musulmani e cristiani reclutati alla corte di Re Ruggero.
      – Lei prosegue:il soffitto ligneo potrebbe nel migliore dei casi ispirarsi alla maniera dei muqarnas ma la realizzazione è diversa dei muqarnas >>..
      In una recente approfondita ricerca condotta da alcuni Docenti della Facoltà d’Ingegneria dell’Universita’ di Palermo riguardo alle tecniche costruttive del soffitto della Palatina di Palermo si legge: <>…
      – A proposito della chiesa dei SS. Pietro e Paolo di Casalvecchio, ancorchè basiliana, ho evidenziato, oltre le stereotomie normanne tipiche del Calvados e del Cotentin, che l’edificio è l’unico tra le costruzioni medievali di Sicilia a riportare ancora sul portale d’ingresso inciso, il nome di un tecnico normanno: <>.
      Non potevo tuttavia esimermi dal notare all’interno, l’originalità dei raccordi angolari delle strutture ottagonali che mediano le cupole, con i quadrati di base: quasi una sintesi tra muqarnas e nicchie a rincassi, ….. ma questo diverso apporto in un cantiere multietnico è ben lungi da una presunta, asserita paternità islamica. Riferendomi invece agli edifici residenziali chiamati “Solatia” è innegabile quanto osservato anche da illustri studiosi italiani e stranieri che hanno definito la Zisa, la Cuba, Fawara, ecc. tra le più importanti realizzazioni dell’architettura islamica medievale, per le tecnologie bioclimatiche e l’ingegneria idraulica . Eppure…sono palazzi da mille e una notte costruiti in Sicilia dai re normanni mentre l’Islam attraversava un periodo di declino.
      – In quanto al <>… Le cito in proposito quanto ebbe a dire il Re Guglielmo II mentre, nel terremoto del febbraio 1169, s’aggirava nella reggia affermando ai suoi diversi servitori in preda al panico : «Che ciascuno preghi il Dio ch’egli adora! Chi avrà fede nel suo Dio, sentirà la pace in cuore» ….
      – E a proposito di coesistenza pacifica <>…
      Le ricordo che, Federico II, continuò ad ammettere intellettuali e pretoriani arabi anche dopo la deportazione forzata dei ribelli di Entella a Lucera, inoltre continuò un’ accorta politica di tolleranza verso il mondo islamico, ricercando per il suo impero un identità euromediterranea, crogiolo di un pacifico incontro e convivenza tra popoli diversi . La sua crociata (1228-29) fu l’unica che non ebbe uno scontro sanguinoso, al contrario, con la trattativa aprì le porte di Gerusalemme ai pellegrini cristiani diretti al Santo Sepolcro. L’accordo con il sultano Malik al Kāmil, preceduto un decennio prima da un analogo tentativo di S. Francesco, costituisce ancora oggi un importante esempio di civiltà. A dimostrazione del suo rispetto per l’Islam le cronache del tempo narrano che durante il suo soggiorno in Terra Santa Federico notò che dai minareti i muézzin non invitavano più alla consueta preghiera, ne chiese il motivo ad un funzionario di corte e questi rispose che si trattava di una forma di rispetto nei suoi confronti. L’imperatore ne fu contrariato ed aggiunse:: Avete fatto male, o cadì! Volete voi alterare il vostro rito e la vostra Legge e fede a causa mia? Se foste voi presso di me nelle mie terre, sospenderei io forse il suon delle campane a causa vostra?”. Spero di esserle stato utile, e la ringrazio per l’occasione offertami nel puntualizzare i miei lavori. Le porgo i miei più cordiali saluti, Vittorio Noto

    16. Poichè nel mio ultimo commento sono stati eliminati alcuni importanti passaggi , immagino per motivi tecnici, li ripropongo ad integrazione per una maggiore comprensione sperando sia pubblicato:
      – odalische, musici, califfi, lottatori; è piuttosto difficile immaginare come asserito, che siano immagini copte o comunque appartenenti alla cultura occidentale e cristiana.
      -In una recente approfondita ricerca condotta da alcuni Docenti della Facoltà d’Ingegneria dell’Universita’ di Palermo riguardo alle tecniche costruttive del soffitto della Palatina di Palermo si legge: oltre alla ricca e suggestiva decorazione musiva può vantare un soffitto ligneo a muqarnas – definito da Ugo Monneret de Villard una stupefacente meraviglia di carpenteria islamica, per la complessità volumetrico-spaziale e per la ricchezza delle pitture – che rappresenta un unicum nel suo genere, sintetizzando la profonda simbiosi tra le diverse culture (araba e normanna) che a quel tempo coesistevano nella città-

    17. P. S. se avrò la possibilità di replicare di nuovo, a sua richiesta scriverò i nomi di alcuni autori dai quali ho tratto le informazioni, oltre alla mia osservazione diretta (per la ricerca comparativa), ma alcuni nomi li ho scritto nel precedente commento e pure in quest’ultimo: Ma non mi chieda di leggere M. Amari (che purtroppo ho letto in parte, con fastidio), perché proprio da lui e dall’Abate Vella ha inizio l’impostura, la mistificazione pro arabi. Come lei sa Amari aveva il dente avvelenato contro la chiesa e contro il potere in carica all’epoca e per questo iniziò la sua propaganda pro “arabi”.

    18. Signor vittorio Noto, la sua replica mi è utile, ma non nel senso che lei la intende, ma perché contribuisce a consolidare le mie convinzioni e a ribadirle.
      Io non scrivo in seguito a influenze o pregiudizi, ma perché ho fatto più di 15 anni di ricerche, anche comparativa… non ho guardato solo il cortile interno ma quel che è avvenuto nelle varie epoche e, soprattutto, per capire la genesi dei monumenti poi edificati dai normanni in Sicilia.
      Ripeto: non si possono capire i monumenti normanni in Sicilia senza conoscere il loro percorso che parte dalla Francia e passa dalla Calabria (e in parte Campania e Basilicata) dove edificarono i primi loro monumenti molti decenni prima di costruire i monumenti in Sicilia, dove riprodussero gran parte degli elementi utilizzati da loro in precedenza nelle regioni citate. Coniugarono, in quelle regioni, le loro conoscenze del romanico in Francia, le conoscenze dei monaci che portarono con loro dalla Francia (quindi architettura benedettina e cluniacense), con lo stile bizantino che conobbero in Calabria.
      La cultura greca della Calabria essi la adottarono, costruirono o restaurarono numerosi monasteri e chiese, trasferirono quella cultura in Sicilia, potrei citare i nomi di numerosi monaci greci (alcuni che officiavano anche in presenza dei regnanti) e di funzionari greci della cancelleria, dato che la quasi totalità degli atti venivano scritti in greco e in latino (F. Chalandon).
      Ripeto: alcune chiese normanne di Palermo tra le più note sono bizantine, sono il proseguimento, l’evoluzione anche qualitativa, degli stilemi praticati in precedenza in Calabria. Alcuni monumenti riproducono anche gli stilemi delle cube bizantine in Sicilia (del VII e VIII sec).

      Casalvecchio: noto che sulla chiesa a Casalvecchio, e su altri punti, lei è andato a SPULCIARE su Wikipedia e molte parole le ripete qui TESTUALMENTE.
      Pur di assecondare la fascinazione, i luoghi comuni pro arte islamica in Sicilia, una stranissima mistificazione (non conosco casi simili, per nessuna epoca, a volte in Sicilia sembra una sindrome misteriosa) dovuta a vari motivi sui quali non mi dilungo, pur di assecondare quella fascinazione lei fa torto alle sue competenze professionali: lei confonde l’utilizzo dei muqarnas e l’utilizzo dei “pennacchi gradonati e arcature pensili”. Nel caso dei muqarnas si tratta di “soluzione decorativa”, nel caso della chiesa di Casalvecchio si tratta di vere e propri elementi strutturali, dove sopra colonne ed archi si trovano tre archetti “gradonati” archetti che hanno la funzione dei pennacchi e gli altri che lei vorrebbe far passare per “simili ai muqarnas”, gli archetti pensili, non sono alveolati (v. foto) e non potrebbero esserlo dato che si tratta di mattoni; quei mattoni hanno la funzione di fare pressione e sostenere la base della cupola, e se non fossero posati in quelle posizioni non farebbero pressione e la cupola crollerebbe. Nulla a che vedere coi nuqarnas.
      Peraltro, furono soluzioni in uso nell’architettura bizantina, in seguito molto diffuse nell’architettura romanica.

      IL COLMO. i normanni arrivano nel meridione italiano, a un certo momento decidono (insieme al papa) di riportare in Sicilia la cultura cristiana, latina, e occidentale, in un primo periodo per attirarsi la simpatia della popolazione a maggioranza di cultura greca che viveva in Calabria (e in misura minore in Sicilia orientale, ma qui avviene qualche decennio dopo) adottano molte forme di quella cultura, restaurano chiese e monasteri, costruiscono nuove chiese e monasteri, mentre gradualmente inseriscono elementi di cultura latina ed europea. A questo scopo, in Sicilia, demoliscono ogni fabbricato di matrice musulmana, e non fu difficile demolirli dato che, da serie ricerche archeologiche, si deduce che i musulmani che avevano dominato in Sicilia (la maggioranza dei quali berberi) costruivano usando materiali e metodi precari. Insomma demolirono ogni struttura musulmana per poi usare elementi di architettura islamica nei loro primi monumenti in Calabria e in Sicilia. CHE FANTASIA!

      La costruzione originaria della chiesa bizantina a Casalvecchio risale al 560 d.C. poi distrutta dagli invasori musulmani, come distrussero numerose chiese e monasteri in Sicilia (la chiesa bizantina dove ora si trova la Cattedrale di Palermo la usarono come moschea, a Messina l’attuale chiesa del SS. Salvatore la trasformarono in stalla per cavalli).. La chiesa attuale risale al 1117 la fece costruire il futuro Re di Sicilia Ruggero II su richiesta del monaco Gerasimo, abate della chiesa. Fu “solo” ristrutturata nel 1172 ad opera di Gherardo il Franco come si legge sull’architrave dell’ingresso principale.

      Il soffitto della Cappella Palatina: proviamo a leggere correttamente, Signor Noto.
      io ho scritto che molti personaggi rappresentati sono dipinti in stile BIZANTINO, ho aggiunto che alcuni sembrano dipinti nello stile della pittura copta cristiana. La maggior parte dei personaggi raffigurati, i motivi, gli animali, gli officianti, appartengono alla cultura cristiana e occidentale, ma ho scritto pure che alcuni personaggi sono dipinti in abiti della cultura musulmana. Nel soffitto ligneo viene rappresentate scene di vita nella corte normanna. Invece lei, mentre nel video appaiono personaggi dipinti in stile bizantino, dice che si tratta del paradiso coranico. Nessuno ha mai mostrato un’opera simile prodotta nel mondo musulmano, si tratta di un’opera unica, che di muqarnas ha l’idea, FORSE, ma non la realizzazione (v. foto)
      A me sembra che si tratti di una proiezione (in certi punti in 3D) di una chiesa, con cappelle, aperture, officianti cristiani, croci.

      Pluralismo religioso: si stenta a capire cosa lei voglia dire.
      Gli stermini del popolo siciliano dal 827 al 902 quasi incessantemente, una ripresa di massacri dal 960 al 965, continue rivolte dei siciliani contro gli invasori, lotte tra musulmani di diverse etnie, siciliani costretti a subire privazioni, impedimenti, umiliazioni (contenuti nel “patto di Omar”), poi nel periodo normanno razzie, pogrom, isolamenti e fughe dalle città, altri massacri stavolta a danno dei musulmani, al culmine delle razzie dei musulmani Federico II li deporta tutti dalla Sicilia, ma li deporta dopo 20 anni di fughe, isolamenti, massacri, persecuzioni, rivolte, la deportazione avviene in varie fasi. Sono fatti. Non vi fu mai convivenza pacifica, tranne un breve periodo durante il regno di Ruggero II (costretto comunque a sedare i tentativi di lotte tra diverse ernie)..
      Per la cronaca, i musulmani subirono un trattamento, se possibile, peggiore dopo la deportazione.
      Federico II in un colpo solo si liberò dei disordini in Sicilia e utilizzò i musulmani deportati per rivitalizzare una terra arida e abbandonata (a Lucera), ne trasse vantaggi commerciali, e i musulmani furono sottoposti a diverse tasse molto pesanti, utilizzò i più forti di loro come soldati dato che era spesso in giro per ampliare i propri possedimenti. Quando non servirono più i musulmani furono abbandonati al loro destino, gli tolsero quel poco che possedevano, furono costretti alla fuga, durante le fughe subirono violenza.
      Ora lei crede che alcune scelte strategiche di diplomazia cancellino i fatti?
      Tra l’altro, parlate sempre di dotti arabi ricevuti a corte (sia dai normanni che dagli svevi), ma non avete nomi, mai, a parte un geografo.
      Numerosissimi, invece, i nomi di notabili italiani e francesi, di monaci francesi e greci, di funzionari greci e francesi, e di francesi, pugliesi, greci, inglesi, che ricevettero l’incarico di costruire monumenti, e di maestranze provenzali, venete, pugliesi, campane, greche, che parteciparono alla costruzione di monumenti.

      https://imgur.com/9iyk5AR

      https://imgur.com/tuUlpAT

    19. Signor Noto,
      nel mio ultimo commento, per questioni di spazio, ho sintetizzato su alcuni punti; aggiungo ora alcuni dettagli per completezza.

      1) a proposito dei rapporti di Ruggero I e poi del figlio Ruggero II con la cultura greca in Calabria che poi proseguirono in Sicilia, fatti di fascinazione, interesse ed utilità culturale, ma anche di interesse politico (strategico), voglio sottolineare che Ruggero II fece raffigurare in un mosaico il momento della sua incoronazione, dove lui è vestito da imperatore bizantino che “solo Dio può incoronare”. A dimostrazione che, come scrivo nel precedente commento, i normanni adottarono la cultura greca bizantina, cosa non rara, peraltro, dato che in quel periodo era considerata cultura di riferimento, che altre civiltà provavano a copiare o ad essa ispirarsi.
      Anche Archimandritato del Santissimo Salvatore a Messina, che riuniva sotto la sue giurisdizione oltre 60 chiese e monasteri bizantini in Calabria e in Sicilia, fu fondato dal Re Ruggero II nel 1131 nell’intento, sia politico che religioso, di organizzare in una grande federazione il monachesimo bizantino, e anche per la fascinazione culturale sopra indicata.

      2) Lei ed i suoi bravi colleghi architetti sapete che le popolazioni che chiamate abitualmente “arabi” (in Sicilia) non erano portatori di una propria cultura architettonica (venendo in gran parte dal nomadismo erano bravi creatori di piccoli oggetti trasportabili), e che le loro conoscenze le acquisirono nei paesi che invadevano e conquistavano, e quindi di volta in volta copiarono l’architettura romana, l’architettura persiana, l’architettura bizantina, e pure l’architettura visigota. Quindi cosa si intende, cosa intendete, per architettura “araba”?
      Io direi che furono bravi a prendere (le conoscenze, delle civiltà citate) e poi interpretare, e agli elementi strutturali copiati aggiunsero alcune modifiche (nelle forme) e i loro motivi decorativi e calligrafici, fino a farne uno stile loro, riconoscibile.
      Ma, secondo i criteri di coloro che ripetono lo slogan inappropriato (o fasullo, secondo il grado di mistificazione di chi lo usa)… arabo normanno … allora l’arte islamica dovrebbe essere definita persiana/romana/bizantina/visigota/”araba” ?

      Faccio alcuni esempi: mi sembra errato dire incessantemente “monumento arabo-normanno perché c’è l’arco a sesto acuto arabo”, per vari motivi:
      a) il primo arco a sesto acuto si può vedere in una acropoli (VI sec a.C.) nei pressi di Civitavecchia; altri ancora ORA visibili nella cripta del VI sec d. C. (non esisteva ancora l’arte islamica) nella cittadina Vaison-la-Romaine in Francia; nelle abbazie francesi del VIII-IX sec (Jumièges ed altre); in diverse chiese romaniche in Francia (Abbaye des Hommes ed altre); ovviamente nei monumenti normanni in Inghilterra.
      b) nell’interpretazione islamica molto spesso la parte alta centrale è a punta, e l’arco stesso è polilobato.
      Come lei sa, nella Cupola della Roccia tra i principali monumenti musulmani, edificata e decorata dai bizantini (691) su pianta del Martyrium cristiano, si trovano tra i primi esempi di archi policromi, poi usati anche nell’arte islamica.

      Si può dire la stessa cosa per l’arco “a ferro di cavallo” che i musulmani copiarono dai Visigoti (che lo utilizzavano in quasi tutte le loro costruzioni), quando in Spagna i musulmani occuparono la chiesa visigota divenuta la Grande Moschea.

      La stessa cosa si può dire per l’arco intrecciato. Cito alcuni posti dove già si utilizzava prima che gli “arabi” lo conoscessero e lo usassero: alcune opere visigote in Spagna; mosaici romani a Creta che riproducono il motivo dell’arco intrecciato; lo stesso avveniva in un mosaico ritrovato nel pressi del Duomo di Cefalù; nella chiesa longobarda S. Salvatore a Brescia; Secondo il Prof. Viscogliosi anche in alcuni monumenti normanni in Inghilterra.

      Bizantini e normanni, come si sa, utilizzarono l’arco intrecciato nei loro monumenti in Campania, Calabria e in seguito in Sicilia.

      3) lei mi ha chiesto nel suo commento quali sono le fonti che utilizzo.
      Innanzitutto ribadisco l’osservazione in oltre 15 anni di ricerca comparativa, dove ho visionato migliaia di documenti fotografici e scritti, oltre la visione diretta dei monumenti.
      Alcuni nomi di autori, non li cito tutti, occuperei troppo spazio:
      Malaterra, Falcando, Chalandon, H. Bresc, Renda, purtroppo alcune cose di Amari, Romualdo Salernitano, I. Peri, F. Gabrieli, Prof. Viscogliosi, Rodo Santoro, André Guillou, Charles Diehl… (potrei citare anche Vanoli, Ruta, Rizzitano, ed altri autori recenti che come i tre citati scrivono alcune contraddizioni, oltre la solita fascinazione per la favola sul periodo 827/1061).
      Infine copio qui un passaggio del libro “annali della città di Messina”, 1756, di Cajo Domenico Gallo, certo che farà piacere a lei ad anche ai fans della favola sopra menzionata:
      “Liberata pofcia la Città per mezzo di Giorgio Maniaci Capitano dell’ Imperador Michele nel 1038. vi ricadde nel 1058. dopo lunga, e gloriofa difefa, con ifpargimento di molto fangue; e allora fu, che quefta Sagra Bafilica reftò profanata dai Barbari e ridotta a fozza ftalla di Giumenti (STALLA PER CAVALLI !)
      Quefta Bafilica – Chiefa Madre, quale così per l’antichità della fondazione, ed origine, porta il titolo di Protometropolitana della Sicilia – adunque ftima il Buonfiglio foffe ftata eretta gli anni di Noftra Salute 530. nel Pontificato di Bonifacio II. regnando nell’ Oriente Giuſtiniano Imperatore, ed eſſendo Efarco in Italia Belifario.

      4) per quel che riguarda il soffitto ligneo della Cappella Palatina cito tre autori che oltre ad avere analizzato loro stessi il dipinto citano le analisi di noti specialisti in materia.
      Jeremy Johns, Licia Buttà, Beat Brenk.
      Interessanti i documenti perché si vedono da vicino le figure con la spiegazione (di cosa si tratta), e consentono di farne uso per provare a capire, grazie alla ricerca comparativa, lo stile, come e dove furono eseguite opere simili, se prima o dopo il dipinto della Cappella Palatina.
      Ma alla lettura delle analisi degli autori sopra menzionati e di tutti gli specialisti che essi citano si deduce:
      nessuno di loro può affermare con certezza l’origine degli autori dei dipinti, e quando affermano qualcosa si contraddicono nella frase seguente, affermano una cosa e il suo contrario, a volte si contraddicono tra l’inizio e la fine della stessa frase. Nessuno di loro afferma il ruolo reale del committente, a volte dubitano pure sul nome del committente (alcuni citano il Re, altri Giorgio d’Antiochia), nessuno può affermare il reale scopo o significato o motivazione dell’opera (anche in questo caso emettono ipotesi contrastanti). Citano soffitti lignei dipinti nei palazzi fatimidi ma prendono la precauzione di dire che nessuno li ha mai visti perché nessuno di quei palazzi è pervenuto. Scrivono che si tratterebbe della vita nel palazzo musulmano, altre volte che si tratterebbe della raffigurazione del paradiso coranico, ma la quasi totalità delle immagini che commentano appartengono alla cultura cristiana e occidentale… Si evince che provano a ridimensionare ogni aspetto (immagini, stile, significati) che riguarda il cristianesimo e la cultura occidentale.

      Il soffitto di una delle navate laterali della Cappella, anch’esso dipinto, non viene menzionato nelle analisi degli esperti sopra citati, posto qui una foto che potrebbe essere utile per provare a capire lo stile, dato che la pittura sembra della stessa fattura del soffitto ligneo della navata centrale.

      https://imgur.com/a/uZXlJlq

    20. Sig. Antonio
      mi permetta di complimentarmi con Lei per il pluriennale impegno con il quale ha affrontato un argomento così importante per la cultura euromediterranea, anche se ovviamente, non posso condivedere le sue conclusioni, perchè appartengo alla schiera degli autori che Lei considera in contraddizione con se stessi.
      Quindi dovrò esimermi dal prosieguo di questo interessante colloquio che, nei termini già reciprocamente e ampiamente illustrati, ci porterebbe inevitabilmente in un vicolo cieco, creando dubbi in chi casualmente lo segue. Le porgo quindi i miei più cordiali saluti e ringraziamenti per uno scambio culturale rivelatosi, comunque interessante. Vittorio Noto

    21. Signor Noto, rispetto ovviamente la sua decisione.
      Anche se ritenevo interessante leggere la sua opinione su alcuni punti del mio ultimo commento, in particolare:
      – la mia domanda: come si dovrebbe definire l’architettura islamica, che prende dai romani, persiani, bizantini, visigoti, se si applicasse il metodo di definizione utilizzato per divulgare un’usurpazione (ormai quasi luogo comune), cioè l’inappropriata e scorretta definizione arabo normanno.

      – opinione sulla foto che posto della navata centrale della Cappella, il cui stile sembra uguale a quello del soffitto della navata centrale, e dove sono raffigurate figure certamente occidentali e cristiane.

      – opinione sull’estratto dal libro di Cajo Domenico Gallo, MERCE RARA, che è emblematico degli stermini, distruzioni, umiliazioni, cancellazione (civiltà, segni e luoghi religiosi), che subirono i siciliani.

      Per quel che riguarda la contraddizione da lei accennata: ho semplicemente notato che lei ritiene inopportuna la definizione “arabo normanno”, ma afferma un contributo (importante?) dell’arte islamica nei monumenti normanni… cosa che molti come me non vedono, tranne i muqarnas ma che sono di origine persiana. Ho chiesto solo per capire dove e come lei vede il contributo.

    22. Signor Noto, giustamente lei in uno dei suoi commenti scrive che ha voluto chiarire su alcuni punti per “non lasciare il dubbio”…
      Ecco, rileggendo i commenti, anch’io vorrei chiarire ulteriormente su alcuni punti da lei esposti, anche se, a dire il vero, ho esitato qualche giorno prima di tornarci su quei punti.

      – ho notato che alcuni “esperti” tentano di spostare di alcuni secoli la costruzione di alcune CUBE BIZANTINE al fine di soddisfare la propaganda “pro arabi”, ovvero, spostare la data della costruzione delle cube bizantine in Sicilia dal VII-VIII secolo (data reale) al periodo normanno, in modo da poterci inserire meriti a fantomatiche (false) influenze musulmane che avrebbero ispirato i normanni per alcuni elementi di architettura utilizzati. In particolare, si vorrebbe divulgare la menzogna che le volte che sorreggono la cupole della cuba bizantina di Castiglione di Sicilia avrebbero similitudini con i muqarnas dell’arte islamica.
      NO. Le cupola di questa CUBA BIZANTINA, realizzata con mattoni disposti radialmente, è inequivocabilmente bizantina, si sorregge grazie ad “archetti gradonati” che hanno la funzione dei pennacchi, la cui forma è a “quarto di sfera” (anche
      secondo alcuni architetti che conosco); utilizzando i mattoni non si potrebbero ottenere alveoli e stalattiti (caratteristiche inevitabili dei muqarnas), la cupola crollerebbe immediatamente o quasi.
      La stessa operazione di mistificazione gli stessi “esperti” la attuano per quel che riguarda la realizzazione della cupola della chiesa dei SS. Pietro e Paolo a Casalvecchio.
      Purtroppo anche lei, Signor Amato, insiste su questa similitudine, anzi confusione, tra archetti gradonati e muqarnas, inesistente.
      Per ulteriore conferma, senza scomodare grandi teorici e trattati, basta cercare nei posti adeguati nel web e si trovano numerosi esempi, in numerosi paesi, di diverse soluzioni adottate (alcune simili a quelle adottate in Sicilia) per la realizzazione di cupole e pennacchi: a tromba, a cuffia, gradonati, etc.
      (qui un esempio: https://commons.wikimedia.org/wiki/Category:Interior_of_church_of_Agia_Sofia_(Mystras)
      Fermo restando che i pennacchi furono inventati da due bizantini (un matematico ed un architetto) durante la costruzione della cupola della chiesa di Santa Sofia a Costantinopoli.
      I musulmani, ovviamente, copiarono anche l’utilizzo dei pennacchi, principalmente la soluzione a tromba, loro i maestri dei muqarnas utilizzarono la soluzione a tromba piuttosto che quella a muqarnas, proprio perché, nei casi in cui si utilizzano i mattoni per costruire cupole e pennacchi, se i mattoni fossero disposti a muqarnas la cupola crollerebbe.
      – Federico II deportò dalla Sicilia TUTTI i musulmani, non solo i ribelli di Entella e dintorni, l’unico dubbio riguarda il numero dei deportati, dato che alcune fonti riferiscono di 30/40.000 altre fonti di 60.000 musulmani deportati.
      – Lei precisa di avere usato la definizione “scuola architettonica siciliana” in riferimento (cito) “ad un insieme più vasto di pensatori, teologi, scrittori, architetti, artisti, scienziati, giuristi”.
      Ammesso che tutte queste categorie abbiano partecipato – ma non si capisce come! – alla costruzione di monumenti, si tratterebbe di forestieri intervenuti in maniera sporadica; peraltro, tutti gli elementi utilizzati erano pre esistenti non furono inventati da una “scuola locale”.
      – Lei scrive, a proposito della SS. Trinità di Delia, che, rispetto ai monumenti normanni di Calabria (cito) “si puntualizzarono nuove tecniche costruttive che pur basate sulle architetture in auge ne svilupparono in originale anticipo alcuni aspetti statici e morfologici”.
      Ma subito dopo elenca, per la stessa chiesa, alcuni elementi e soluzioni bizantini o provenienti dall’architettura in Francia.
      Le novità che lei indica sarebbero la cupola centrata ma che esisteva già nelle CUBE; gli archetti a tromba ma che esistevano ed erano molto usati nell’architettura bizantina, poi addirittura copiati dai musulmani; e gli archi “a ogiva”. Gli archi a ogiva furono utilizzati in precedenza in alcune delle chiese che ho citato in un mio precedente commento: molti secoli prima di SS. Trinità di Delia, nella chiesa Notre-Dame-de-Nazareth di Vaison-la-Romaine (V-VI sec.) dove li alternavano con gli archi a sesto acuto; anche nell’abbazia di Jumièges (IX secolo) alternavano archi a ogiva, archi a tutto sesto ed archi a sesto acuto; la stessa cosa avveniva per l’Abbaye des Hommes fondata da Guillaume de Normandie – le Conquérant – nel 1060. E gli archi a ogiva li utilizzarono pure nel gotico nascente (Sens, Noyon, Saint Denis… ) che precedeva di alcuni decenni i monumenti normanni in Sicilia.
      – Io non ho scritto che i monumenti normanni di Sicilia sono copie perfette dei monumenti normanni e bizantini di Calabria, ma che in Calabria, Basilicata e Campania, i normanni che poi regnarono in Sicilia edificarono i primi loro monumenti dove coniugarono le conoscenze dei monaci che portarono con loro dalla Francia, quindi cluniacense e romanico, con l’architettura bizantina che conobbero nel meridione della penisola italiana. Gli stessi elementi li riprodussero poi in Sicilia. Ovviamente, come avviene spesso nell’arte, in coincidenza col periodo trascorso in Sicilia acquisirono maturità, forse le loro opere in Sicilia migliorarono nella forma e qualitativamente (qui si tratta di gusti… ), ma gli elementi utilizzati in gran parte erano quelli pre esistenti.
      – Nel soffitto ligneo della Cappella Palatina non ci sono alveoli né stalattiti, contrariamente alla sua affermazione in merito; i cassettoni (anche quelli stellati) non sono alveoli.
      Finora non sono pervenute opere simili realizzate nell’arte islamica, nonostante le affermazioni dei docenti da lei citati; lo scrivo, ovviamente, con tutto il rispetto ad essi dovuto.
      Nel dipinto del soffitto sono raffigurati prevalentemente personaggi, simboli, animali, cappelle, appartenenti alla cultura occidentale e cristiana. Molti personaggi sono dipinti in stile bizantino, alcuni sembrano dipinti in stile copto cristiano.
      Sono raffigurati pure, ed io stesso l’ho precisato, alcuni personaggi (pochi a dire il vero) in posa ed abiti della tradizione musulmana: danzatori, musicisti coi loro strumenti, bevitori… non ho visto califfi (se ne vedo torno qui e lo scrivo).
      In ogni caso, le scene non rappresentano il paradiso coranico, come lei affermava, ma scene di vita civile e religiosa nella corte del Re normanno.
      Senza volere affermare certezze, cosa secondo me impossibile come scrivo in un mio precedente commento, a me sembra che si tratti di un’opera unica nel suo genere, probabilmente realizzata “alla maniera dei muqarnas” ma dal contenuto diverso (come sopra esposto) e dalla realizzazione diversa; al posto di alveoli e stalattiti, ripeto, io ci vedo cappelle e aperture (come una proiezione di una chiesa… la Cappella?).
      Sottolineo, perché potrebbe essere utile anche per la lettura del dipinto del soffitto ligneo della navata centrale, che anche il soffitto della navata laterale è dipinto, e lo stile in diversi punti sembra di fattura simile, se non identica, di quello della navata centrale; in questo caso le figure appartengono inequivocabilmente alla tradizione cristiana (v. foto precedente commento), tra i quali alcuni volti e capelli di religiosi cristiani che sembrano nordici.
      Copio di seguito due esempi di muqarnas, ( quelli veri 😀 )

      https://imgur.com/a/1wZyFjQ
      https://imgur.com/a/U2pIJRh

      P. S. per ora non commento sui palazzi, o castelli, chiamati di sollazzo, che il Signor noto definisce “islamici”, ma anche in questi casi sarebbero necessarie della precisazioni per contestare i luoghi comuni.

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