Potremmo vivere di Turismo
Da due anni opero nell’area baltica e da poco in Polonia, paesi che hanno una crescita mediamente molto più altra del resto d’Europa, estremamente moderni e dinamici, abbastanza decentrati rispetto ai grandi mercati europei tradizionali, e nei quali la presenza della Sicilia e delle produzioni siciliane è decisamente frammentaria quando non assente.
In questo contesto, reso fertile dalla relativamente minore pressione commerciale, e da dimensioni relativamente piccole dei paesi target che hanno consentito un maggiore controllo sulle variabili, abbiamo provato ad avviare, in forma di un progetto pilota, un processo di creazione del valore, promozione e commercializzazione di produzioni siciliane di qualità.
Il punto base è che oggi senza investire non si conquistano quote di mercato, ed il mercato lo conferisce la capacità di esprimere valore oltre il valore materiale.
Amo fare un esempio: il liquido contenuto in una bottiglia di vino all’origine costa probabilmente meno di un euro, eppure con i dovuti interventi, solo in parte sul prodotto, negli scaffali il vino si vende dai 5 ai 50 euro, la differenza di prezzo solo marginalmente è frutto di interventi sul vino in quanto tale. Alcuni territori ed alcuni vini, pensiamo al Barolo in Piemonte, hanno una soglia di prezzo al consumatore finale che difficilmente scende sotto i 30 euro.
Il nostro intervento ha puntato pertanto alla ricerca di una via per la costruzione del valore come obiettivo di medio periodo e non alla cessione del prodotto nel breve. Io credo che compito di chi si occupa oggi di mercato, di politica territoriale o di marketing strategico, stia tutto nella capacità di intercettare il valore percepito e di ribaltarlo come economia positiva sul territorio e sugli operatori.
Il processo che abbiamo attuato si è articolato su due presupposti, ovvero che il valore è dato dalla poetica del bello e nel caso della Sicilia anche del sole del mare, e che tale valore è del tutto indipendente dal costo materiale; e che ogni elemento della produzione economica è parte di un contesto più ampio. L’esperienza turistica ha bisogno di vino e produzioni tipiche di qualità, il vino ha bisogno di contesti belli per essere raccontato, le produzioni tipiche hanno bisogno di un ambiente pulito e sano per essere realizzate ed una storia cui riferirsi per essere apprezzate e vendute.
Le nostre azioni si sono configurate da subito su tre livelli.
Abbiamo avviato la narrazione del territorio, attraverso azioni stampa, invitando giornalisti qualificati facendo sperimentare loro in prima persona il valore delle cose, il piacere di un pasto con cibo tipico o il gusto di una passeggiata notturna nella città di Palermo.
Sappiamo tutti che un buon bicchiere di vino bevuto di gran fretta dentro una discarica non varrà mai la bontà dello stesso identico vino bevuto con gli amici in riva al mare.
Forti di queste emozioni i giornalisti da noi invitati hanno scritto nei loro paesi e questo ci ha consentito di istaurare dei rapporti credibili con punti vendita e strutture distributive. Non eravamo più semplici produttori di vino, ma latori di una narrazione culturale ed emotiva. Abbiamo attuato azioni di promozione e commercializzazione prima in Dicembre presso la Catena Sapore d’Italia, e poi nel mese di maggio appena trascorso nella più importante catena di enoteche della Lituania: Bottlery. Con quest’ultima abbiamo chiuso l’accordo, con sorpresa di molti referenti del posto, promettendo di parlare di vino, ma anche di Sicilia e di bello, e lo abbiamo fatto con piacere ovviamente, realizzando un piccolo ricettario in lituano, che propone nostri cibi facilmente realizzabili con prodotti locali o comunque reperibili in Lituania, inviando persone dall’Italia ed in alcuni casi io stesso nei punti vendita a parlare certamente di vino e prodotti gastronomici, ma anche di sole, monumenti e gioia di vivere, realizzando produzioni video in Lituano.
La cosa interessante è che abbiamo con semplicità innescato un piccolo effetto Sicilia, il vino siciliano è stato citato su portali nazionali che valgono insieme 1,5 milioni di visualizzazioni uniche al giorno, la metà dell’intera popolazione, e celebrità Lituane in visita in Sicilia hanno citato, di loro iniziativa, su facebook i contenuti dei nostri redazionali amplificando il valore del messaggio.
Ha accettato il nostro invito tra gli altri il mensile Ikona, un mensile di moda e stile, molto popolare, e distribuito nella classe media, e proprio in questi giorni sono presenti a Palermo alcuni giornalisti che faranno uno speciale sulla Sicilia, su Palermo e sul vino, ma in una cornice che include il Teatro Massimo e gli stucchi per Serpotta, perché fa tutto parte della stessa narrazione e perché solo attraverso questa narrazione e lo stupore del bello, il valore potenziale si può trasformare in economia. Il fatto che una rivista che si occupa di costume e stile e non di cibo e gastronomia farà uno speciale dedicato al vino ed alla cultura gastronomica è la misura di quanto questa sia la strada corretta e di quanto sia sbagliato procedere per compartimenti.
Come sappiamo lo studio e la preparazione di un pasto sono molto più lunghi del tempo necessario a mangiarlo, così è stato necessario circa un anno per progettare ed aviare la macchina, e le vendite sono partite questo Maggio in modo significativo, con i primi ordinativi e con un tasso di vendita del vino a scaffale superiore del 400% rispetto al tasso di vendita di nuovi inserimenti a scaffale nella stessa catena. La direttrice della rete vendita era piacevolmente sorpresa della risposta di pubblico.
Abbiamo da quasi un mese un nostro canale di comunicazione in lituano, una pagina facebook, che usiamo per mantenere contatti costanti con consumatori e simpatizzanti della Sicilia, comunichiamo con un marchio non commerciale che è anche in invito, Ragauk Siciliją (assaggia la Sicilia). La pagina facebook cresce di 20/30 utenti al giorno, e sono tutti contatti utili spendibili su tutti i comparti produttivi siciliani. In quanto la narrazione che facciamo è volutamente sganciata dal vino, ma dà uno sguardo ampio sulla Sicilia.
Adesso stiamo coinvolgendo produttori di altri comparti, trasformatori di vegetali, agrumi, e produttori di formaggio.
I numeri sono congrui, ma comunque in se piccoli rispetto ai milioni di litri delle produzioni siciliane. Questo intervento nasce ed intende essere un elegante progetto pilota, un modello per rappresentare un’idea e condividerla in modo aperto con tutti gli attori del mercato; dà un importante messaggio di concretezza che se scalato e declinato su territori diversi e su piattaforme produttive diverse, oltre all’agroalimentare nel suo insieme io penso al turismo (se pensiamo che Le Canarie fanno lo stesso numero di turisti della Sicilia abbiamo chiaro quanto ci sia da fare), può essere un modello virtuoso per la nostra economia.
Le attività sono state realizzate dall’Associazione Agricoltori Siciliani Associati (costituita dalla Cantina Chitarra, una antica e solida realtà del marsalese e l’Azienda Di Bella una piccola e dinamica azienda di Palermo), che ha finanziato con mezzi propri e facendo ricorso alle misure a sostegno dell’internazionalizzazione previste nel PSR (piano di sviluppo rurale), la misura 3.2, che finora è stata usata in gran parte solo per partecipare a fiere di settore, ormai in gran parte inutili e superate per acquisire mercato. La misura è invece a nostro avviso un grande strumento che potrebbe veramente, se utilizzato in modo intelligente, intervenire sulle dinamiche economiche del comparto agricolo siciliano. Nella scorsa programmazione sulla precedente edizione di questa misura sono stati restituiti all’Europa circa 15 milioni di euro, lo dico senza rimpianti, con un po’ di amarezza forse, ma con la consapevolezza che non sono le risorse che mancano, ma la capacità di usarle e di usarle nel modo giusto.
Il percorso che abbiamo prefigurato avrà un altro importante passaggio ad Ottobre, abbiamo opzionato una splendida struttura espositiva al centro di Vilnius, il Rotuse, ed intendiamo organizzare il Sicily Harvest fest, una festa del raccolto siciliano. Portando produttori, artisti, chef, per dare una rappresentazione in loco della narrazione di cui dicevo. Una narrazione che non è mai fine a se stessa perché i canali commerciali ci sono, e rispetto a questi siamo un interlocutore credibile, ed i prodotti che hanno potenziale potranno essere facilmente commercializzati. Per questo ci auguriamo di trovare la sponda di altri produttori, e perché no di qualche istituzione, che prenda sul serio e capisca le potenzialità e la concretezza del modello insieme all’urgenza di avviare modelli narrativi per la Sicilia che sappiano andare oltre i temi noti (e non mi riferisco solo a quelli criminali).
Penso infatti che quanto abbiamo sperimentato in Lituania, dovrebbe essere preso in considerazione ed adottato dalle grandi associazione di categoria come modello operativo nel quale associare trasversalmente promozione e commercializzazione anche di piattaforme diverse (turismo ed agroalimentare l’esempio più immediato).
Immaginiamo che il Consorzio Sicilia Doc, le associazioni di categoria, ma anche e soprattutto assessorati regionali strategici come turismo, attività produttive, agricoltura, che vogliano interpretare in modo adeguato ai tempi il proprio ruolo di rappresentatività di comparto, potrebbero usare modelli come questi e declinarli sui vari territori target, con costi di investimento molto bassi e ritorno sull’investimento estremamente alti.
Ho letto un intervento su IlSicilia di qualche giorno fa con interesse in quanto mette in evidenza la questione relativa alle produzioni agricole siciliane ma non condivido il punto di vista, temo indichi come via da praticare l’esatto opposto di quanto io immagino si debba fare, in quanto focalizza sul prodotto, e non su cosa dà valore al prodotto. Il processo di spumantizzazione proposto per aggredire quote di mercato del vino è un modo per realizzare prodotti che hanno funzionato in altri territori (nella fattispecie il Veneto), significa andare a competere ancora una volta sul progetto e sul prodotto di altri. Significa intervenire sui costi e non sul valore. Io credo invece che vada cercata una nostra via. Come hanno fatto i pugliesi che con il Primitivo di Manduria, i quali hanno letteralmente conquistato l’Europa, con un prodotto identitario e pure apprezzatissimo dal mercato. Un successo che non sta avendo in egual misura il nostro Nero d’Avola, per rimanere sul vino, che pure è un prodotto per molti versi simile, misura forse che non è il prodotto il problema quanto il nostro modo di accedere al mercato.
Praticando l’ambito della musica, area che ho frequentato professionalmente per anni e che trovo molto affine a quella del vino, ho imparato che per essere veramente internazionale devi avere qualcosa da dire di diverso da quanto dicono gli altri, e lo puoi fare solo raccontando le cose che altri non possono vedere e raccontare: la tua terra, le tue emozioni. Ma se lo fai in modo impreciso, se ad esempio sei stonato, il messaggio non arriverà mai.
Mettere in atto una narrazione vera, usando strumenti corretti ed in modo appropriato, e seguiranno la creazione del valore prima e delle vendite poi.
Se veramente vogliamo uscire dall’odiosa retorica del potremmo questo è il compito! Non altri.
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