I tempi quando il mare era pulito che pareva vetro lustrato – chino di pesci, tanti che se ci infilavi una mano ti pareva di muovere le dita dentro a una pentola di brodo. Allora c’erano pure le tartarughe marine, a frotte – trovavi i segni sulla sabbia, la mattina – qualche volta il piede ti sprofondava in un nido e avevi fatto la frittata. Ora saranno sessant’anni che non ne vedo, sono sparite, dicono, morte strangolate dai fili di lenza e dai sacchi di immondizia. Un peccato che viene da piangere e non smettere più.
Anni ’50, mio padre ci vestiva bene per andare a parlare con certi amici suoi marinai – aveva fatto il marinaio pure lui, prima della guerra andavano a Zuara, in Libia, a prendere i tonni. Ci andavamo in due, ché quattro camicie non c’erano. Il pititto allora ci non passava mai. Mio padre poche cose sapeva fare bene, e il padre di sicuro non era di quelle che ci riuscivano meglio. Ma la zuppa di tartaruga che faceva lui non me la scordo più fino all’ultimo giorno che il Signore mi manda su questa terra. Continua »
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