La magica atmosfera di Ballarò
In estate, quando torno a risiedere al mio paese, contrariamente ai propositi della vigilia, non ho mai voglia di muovermi dalla casa dove alloggio, posta in mezzo alla campagna, su una dolce collina, a due passi dal mare, per visitare altri luoghi. Faccio eccezione per Palermo: tre o quattro incursioni me le concedo; è la mia città, la mia capitale, la città dove ho trascorso gli anni dell’università, che mi stupiva ed emozionava da bambino mentre ne scorrevo le grandi vie del centro, con i suoi palazzi e i monumenti, in compagnia dei genitori in cerca di negozi.
Di Palermo mi hanno sempre attirato, oltre che i monumenti, le opere d’arte, le dimore patrizie, i mercati pullulanti di venditori vocianti e di acquirenti, come Ballarò e la Vucciria. Quest’ultimo mercato, celebrato anche dal grande Guttuso, purtroppo è in via di ridimensionamento, forse perché stretto nella morsa dei diversi supermercati della zona. Ballarò invece risplende.
Col mio amico Giovanni, assai esperto di traffico automobilistico e di parcheggio d’auto a Palermo, nonché amante di musei e d’arte, vengo a trascorrere volentieri delle giornate in città alla ricerca dei suoi tesori. Quest’anno abbiamo cominciato con Ballarò. Parcheggiamo in una traversa di via Oreto. Ad un centinaio di metri ecco Ballarò, che, bisogna dire, attrae molto noi dei paesi vicini a Palermo.
Una bella sensazione immergersi nella vivacità folcloristica di questo grande mercato alimentare dove si trova di tutto, i prezzi sono buoni, si gode di un ambiente coloratissimo, animato dalle voci dei venditori che vantano la qualità dei loro prodotti. Un mercato immenso (si estende da corso Tukory a piazza Casa Professa nel cuore dell’Albergheria), strade e piazzette, file interminabili di bancarelle tipiche, coperte da tende dai colori accesi, zeppe di frutta, verdura, pesce, carni, affettati, ricotte, formaggi, olive, e tanto altro ben di dio; tutti prodotti freschi delle campagne e del mare palermitani e dei paesi vicini, in sintonia con l’alternarsi delle stagioni.
Nei fine settimana, mi dice Giovanni, è possibile degustare cibi cotti, tipici della cucina palermitana, come cipolle bollite o al forno, panelle, “cazzilli” (crocchette di patate), verdure lesse, polpo e altri sapori; inoltre su una griglia in piazza Ballarò si possono cuocere per strada la carne o il pesce acquistati. È un tuffo nella magia di un mercato che sembra abbia le sue origini al tempo della dominazione araba.
Le tentazioni sono tante, difficile affrancarci dalla seduzione di Ballarò, ma abbiamo da visitare, in zona, la barocca Chiesa del Gesù, detta Casa Professa, e qualche palazzo signorile.
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