L’imponenza neoclassica del Teatro Massimo
Un’ultima occhiata al Castello della Zisa che anche a distanza conserva il suo fascino medioevale, nella vastità dell’area a giardino miracolosamente salvata dall’urbanizzazione selvaggia.
Il bus mi deposita in piazza Giuseppe Verdi, nel centro elegante di Palermo, dove sorge l’imponente Teatro Massimo Vittorio Emanuele, chiamato semplicemente Teatro Massimo, il terzo più grande teatro lirico d’Europa, dopo l’Opéra National di Parigi e la Staatsoper di Vienna. Al suo interno si svolge un’intensa vita artistica per mezzo di balletti, opere liriche, grandi concerti.
L’occhio impatta sulla grandiosa bellezza neoclassica del monumento che domina la piazza con la sua maestosa scalinata, fiancheggiata da due gruppi bronzei con leoni, allegorie della “Tragedia” di Benedetto Civiletti e della “Lirica” di Mario Rutelli, con il loggiato formato da sei colonne corinzie, la cupola, la corposità del complesso architettonico. Sull’architrave del porticato è incisa la scritta: «L’arte rinnova i popoli e ne rivela la vita. Vano delle scene il diletto ove non miri a preparar l’avvenire». La cupola, che si erge sopra la sala, è composta da una struttura in ferro, con rifiniture bronzee, su cui campeggia un grande vaso d’ispirazione corinzia. Il complesso architettonico del Teatro è completato da ambienti di rappresentanza, gallerie e scale monumentali. Le opere murarie e le decorazioni esterne, tutte in pietra viva, furono intagliate da artigiani per i quali il geniale G.B.F. Basile aveva organizzato appositi corsi di formazione d’arte classica.
Acquisto il biglietto per la visita. La guida è una ragazza sulla trentina, cordiale e disponibile, statura media, vestita di scuro con sobria eleganza. Ci porta nel grande foyer a forma rettangolare dove ammiriamo delle sculture di Salvatore Valenti, due candelabri in bronzo con dei graziosi puttini e il busto G.B. Filippo Basile, opera dello scultore Antonio Ugo, decorazioni e affreschi.
Il gruppo di turisti, tra i quali mi trovo, è formato da italiani e stranieri, per cui la nostra gentile guida parla in italiano e ripete in inglese. La ragazza inizia il suo discorso. Il sindaco Antonio Starabba, marchese di Rudinì, nel 1864, dice, indisse un concorso per la progettazione del Teatro. Lo vinse l’architetto Giovan Battista Filippo Basile. I lavori furono affidati all’impresa Giovanni Rutelli e Alberto Marchi, sotto la direzione dello stesso Basile; iniziarono nel 1875 e terminarono nel 1897. Nel 1891 al Basile era successo il figlio Ernesto, anch’egli architetto, che completò i disegni occorrenti per proseguire l’opera. L’inaugurazione avvenne il 16 maggio 1897 con il Falstaff di Giuseppe Verdi,
La sala, sul palcoscenico stanno lavorando per la scenografia di una commedia, d’impronta Liberty, è opera architettonica di Ernesto Basile. Stiamo col naso in su per cogliere la bellezza del giro dei lussuosi palchi, la ricchezza delle decorazioni e dei dipinti ad opera di svariati artisti tra cui Ducrot, Rocco Lentini, Ettore De Maria Bergler, Michele Cortegiani, Luigi Di Giovanni, Giuseppe Enea, Enrico Cavallaro, Giuseppe Sciuti. È ampia, a ferro di cavallo, composta da una galleria e da cinque piani di palchi.
Aguzziamo lo sguardo, per la scarsa illuminazione, per ammirare dipinti, intarsi, e affreschi, sia nel foyer che nella sala; ed anche nel palco reale con tanti posti a sedere, da cui si gode una magnifica veduta sulla platea, i palchi, il palcoscenico. Notevoli il salotto retrostante, detto Salone del Sovrano, rivestito di mogano e arredato con poltrone e divani di broccato rosso, nonché un prezioso lampadario di Murano, degli specchi, lo stemma sabaudo.
Infine la rotonda del mezzogiorno o sala pompeiana. E di forma circolare, con soffitti affrescati, la rotonda culminante in un lucernaio ripartito in sette parti; alle pareti medaglioni raffiguranti teste maschili e femminili e personaggi allegorici. E’ chiamata anche Sala dell’eco perché man mano che ci si avvicina al centro il riverbero delle parole va aumentando per una lieve asimmetria della sala ideata dall’architetto. In questo momento la sala ospita una mostra di bellissimi costumi di scena. Sopra la platea è disposto un particolare soffitto mobile, in pannelli lignei affrescati, che può essere sollevato per consentire l’areazione dell’ambiente.
Terminata la descrizione della sala la nostra guida ci porta nuovamente al foyer, mette la mano sulla maniglia di una porta, aspetta qualche secondo che il gruppo si ricomponga, io credo si debba visitare un altro ambiente, invece ci dice: signori, questa è l’uscita dalla parte del Caffè, grazie e buona giornata a tutti.
Buona giornata a te, ragazza dalla parola suadente e dagli occhi vividi d’intelligenza.
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