Don Pino Puglisi nel ricordo di un suo allievo
Beato, uomo, martire, professore, “parrinu”, uomo dalle mille risorse, e di certo con gli aggettivi si potrebbe continuare all’infinito. Don Pino Puglisi è stato per la città di Palermo uno spiraglio di luce in mezzo alle tenebre. Quella luce, il 15 settembre del ’93, qualcuno decise di spegnerla per sempre perché dava fastidio, perché era vento di speranza per una città disastrata dal malaffare e dalla corruzione, perché era una profonda occasione per cambiare il volto dei ragazzi di Brancaccio.
Mi interessa però conoscere quest’uomo, ucciso quando avevo solo sei mesi di vita, cercando di coglierne sfumature e pregi. Parliamo di “3P” (Padre Pino Puglisi, come veniva chiamato affettuosamente dai suoi ragazzi) insieme ad una persona che lo ha conosciuto direttamente, riportandone la testimonianza commossa ed affettuosa.
Michelangelo Nasca, giornalista, presidente dell’Unione Cattolica Stampa Italiana della sezione di Palermo, insegnante di Religione, ha conosciuto don Puglisi tra i banchi di scuola, al liceo classico Vittorio Emanuele II di Palermo. Durante gli anni della propria formazione, rimase affascinato dalla presenza di quel sacerdote così deciso e determinato, che si presentava simpaticamente alla classe come “un rompiscatole”. E difatti le scatole – suscitando la curiosità dei propri allievi – le rompeva davvero: «La fama del “rompiscatole”» – ci dice Michelangelo Nasca – «nasceva proprio nelle aule scolastiche: quando per la prima volta si apprestava a conoscere una nuova scolaresca, infatti, “3P” si presentava in classe con una scatola di cartone, attirando la curiosità di tutti noi, e dopo averla adagiata davanti alla cattedra vi saltava sopra dicendo: “Ragazzi, mi presento: sono un rompiscatole!”».
Da professore, don Pino Puglisi teneva molto al dialogo aperto con gli studenti, affrontando tematiche importanti che prospettavano una ricaduta nel quotidiano. «Ci invitava – continua il presidente di UCSI Palermo – ad approfondire alcuni temi e a produrre delle sintesi tematiche frutto delle nostre ricerche. Poi, nel nostro quaderno di religione (che custodisco ancora gelosamente) – prosegue – ci dettava alcuni spunti per il confronto e la riflessione». Ma è stato proprio durante quelle riflessioni che don Pino nascose agli allievi alcuni aspetti inquietanti della sua vita, celandoli dietro il suo meraviglioso sorriso. Michelangelo Nasca, infatti, nella sua testimonianza, ricorda quella volta in cui il professore di religione entrò in classe con un occhio nero; «con semplicità e con il suo inseparabile sorriso» – prosegue Nasca – «ci raccontò (suscitando l’ilarità degli allievi) di aver preso in pieno la porta del bagno, perché in casa era andata via la luce». Ma le cose andarono diversamente, e quella terribile realtà – fatta di prepotenza e di minacce – venne fuori a distanza di tempo. «Solo dopo alcuni anni dal suo martirio» – prosegue Nasca nel suo racconto commosso – «guardando il film di Roberto Faenza, Alla luce del sole, scoprii il vero motivo di quell’occhio nero, causato dal pestaggio di alcuni malavitosi».
Ma dal pestaggio, si passò drammaticamente ai fatti, e Palermo, ancora una volta, venne macchiata di sangue; il sangue versato da un sacerdote che intendeva – annunciando i valori evangelici – garantire dignità alle persone del suo quartiere.
Alla fine, ci si chiede cosa ha lasciato Padre Pino Puglisi dopo il proprio martirio di fede e civiltà, e quel sorriso regalato al suo carnefice. Nel cuore di Nasca, certamente, ha spianato la strada alla sua attuale professione, poiché oggi anch’egli è diventato insegnante di religione. «Oggi» – dice il presidente di UCSI Palermo – «porto sempre con me una immaginetta di Padre Puglisi, perché mi assista nel mio lavoro e perché mi aiuti a saper dialogare con i miei allievi, con quella passione evangelica e quella libertà che ho imparato da lui». Alla società civile, Puglisi lascia il ricordo della coerenza, dell’onesta, della lealtà e del coraggio.
È legittimo, oggi, chiedersi quale è – dopo la scia di sangue lasciata dalla criminalità organizzata – il ruolo della Chiesa nella lotta alla mafia. «È certamente un ruolo importantissimo». – ha sottolineato Michelangelo Nasca – «La Chiesa ha detto più volte, con chiarezza e fermezza, che la mafia è peccato e i mafiosi sono peccatori; un peccato molto grave che li pone fuori dalla comunione ecclesiale. Tra la mafia e i valori del Vangelo non può esserci compatibilità. La Chiesa invita alla conversione e al cambiamento radicale di vita e mentalità. Lo ha ‘gridato’ Giovanni Paolo II ad Agrigento, nella Valle dei Templi, venticinque anni fa: “Convertitevi”», e anche Benedetto XVI nel 2010, ricordando Puglisi, esortò i sacerdoti «a conservare viva memoria della sua feconda testimonianza sacerdotale imitandone l’eroico esempio». Il prossimo 15 settembre 2018, Papa Francesco verrà a Palermo, in occasione del XXV anniversario del martirio di Puglisi. È una visita pastorale molto importante, e siamo sicuri che anche in questa occasione il Pontefice ci offrirà altri spunti di riflessione.
i soliti sconfitti e vigliacchi immondi che appestano la città