Alla fine Orlando ce l’ha fatta a finire nell’agenda comunicativa nazionale. Lo immagino gongolante che pensa «L’avevo detto che, dopo l’antimafia, il nuovo cavallo di battaglia mediatico era l’accoglienza» (di facciata). Aveva provato a ingaggiare diverse volte col Governo nazionale e con Salvini e, forse anche per la necessità di ribaltare l’infelice uscita sulle responsabilità dell’attuale (e crescente) emergenza rifiuti in città (le aveva attribuite a Cammarata, non più sindaco dal 2012, prendendosì lo sfottò di mezza città e persino di Diego), si è ribellato (a parole finora) al decreto sicurezza dando disposizione (sembra a parole finora) «di sospendere, per gli stranieri eventualmente coinvolti dalla controversa applicazione della legge, qualunque procedura che possa intaccare i diritti fondamentali della persona con particolare, ma non esclusivo, riferimento alle procedure di iscrizione della residenza anagrafica», precisando che «non è un atto di disobbedienza civile né di obiezione di coscienza, ma la semplice applicazione dei diritti costituzionali che sono garantiti a tutti coloro che vivono nel nostro paese».
Salvini lo invita prima a pensare alla città, riportando il focus sulle carenze dell’amministratore che rischia di terminare con infamia la sua avventura politica in un ultimo mandato parecchio opaco (i servizi principali di Palermo – rifiuti, trasporti, approvvigionamento idrico – non funzionano e la gestione dell’ente non appare certamente brillante – la recente gaffe su stipendi e tredicesime della Rap è l’ultimo dei sintomi – ); poi gli fa notare che se disapplica il decreto deve rinunciare ai tre milioni di euro che andrebbero al Comune.
Il nostro novello satrapo, quindi, si rifiuta (a parole) di applicare la legge dello Stato ma commette qualche gaffe. Continua »
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