Le leggi dello Stato, piacciano o non piacciono, vanno applicate (e si tolga l’immondizia)
Cento passi. Forse qualcuno in più o in meno. Cento passi dividono la porta di casa mia dall’immondizia che da giorni trabocca dai cassonetti e ha invaso la strada. E io vivo a Bonagia. Sì, il quartiere in cui si evade la Tari meno che in via Libertà, come ha svelato Orlando ai giornali, il sindaco che lo sa fare. Caspita, c’è da esserne orgogliosi. Non oso immaginare, allora, cosa sarebbe accaduto se i “bonagesi” non fossero stati così ligi al tributo. Chissà, magari avrei avuto l’immondizia che bussava alla mia porta per pretendere altro spazio da occupare. Mistero. Intanto, però, devo stare con la finestra chiusa. E non solo perché fa tanto freddo ma anche per evitare che il fetore possa spingermi a vomitare tutto quello che ho mangiato da Natale a Capodanno. Sì, perché i rifiuti quando si accumulano fanno puzza, oltre che diventare il banchetto preferito di batteri e parassiti che non aspettano altro che farci la festa. È questa la missione della loro vita. Mentre oggi quella del sindaco Leoluca è di fare il distrattore di massa.
Ne è prova Twitter. Orlando è persino una tendenza e il motivo è noto: ha inviato al capo area dell’ufficio anagrafe una nota con cui ha disposto di non applicare a Palermo le misure del “decreto sicurezza” per quanto concerne l’ormai famigerato articolo 13 della legge 132. In sintesi, il permesso di soggiorno (che resta un documento di riconoscimento valido) rilasciato al richiedente asilo non sarà più sufficiente per iscriversi all’anagrafe, condizione essenziale per avere la residenza, la carta d’identità e usufruire di servizi quali l’iscrizione al Servizio Sanitario Nazionale (l’Asl) o ai centri per l’impiego. Tali servizi saranno ugualmente erogati nei luoghi di domicilio, come i centri di accoglienza o di rimpatrio.
Ora, il tema non è la legge in sé ma il gesto di Orlando, ovvero un sindaco che si oppone non tanto politicamente (è un suo diritto, ci mancherebbe) quanto amministrativamente a una legge dello Stato, promulgata dal presidente della Repubblica, uno che di certo non può essere tacciato di essere ispirato da pensieri di stampo xenofobo. Insomma, il sindaco di Palermo pensa di essere una sorta di Dio in terra con il potere di decidere quali siano le leggi da osservare e quali, invece, siano da rispedire al mittente e usando come metro di giudizio il “gusto”. A tal proposito, il suo collega di Parma, Federico Pizzarotti, è stato autore di una dichiarazione sulla faccenda che dimostra come l’azione “rivoluzionaria” di Leoluca sia in realtà debole e fine a se stessa: «Dal punto di vista prettamente politico non posso che condividere la volontà di affrontare un problema che il decreto sicurezza crea ossia non poter dare determinati certificati e riconoscimenti anagrafici a persone richiedenti asilo e straniere. Il modo in cui il problema si affronta è da capire». Insomma, Pizzarotti condivide le perplessità di Orlando ma con un ma non di poco conto: «I funzionari applicano le leggi e oggi le leggi prevedono questo: non si capisce qual è l’atto amministrativo con cui si possa sospendere una legge dello Stato. Bisogna capire qual è il percorso». Cioè, un sindaco non può sospendere una legge dello Stato e la “disobbedienza civile”, nel suo caso, è un atto sovversivo. Ci sono delle regole e delle gerarchie che vanno rispettate su cui si basa lo Stato democratico (Matteo Salvini è ministro di un governo nominato dal presidente della Repubblica, art. 92 della Costituzione, sostenuto dalla maggioranza in Parlamento, espressione del voto popolare). In poche parole, se ogni sindaco si comportasse come Orlando, allora sconfineremmo nell’anarchia. E no, non funziona così. Anzi, non deve funzionare in questo modo. Se proprio vuole, Orlando si rivolga alla Consulta, magari puntando al conflitto di competenza, e attenda il responso. Nel frattempo, però, le leggi dello Stato, piacciano o non piacciono, vanno applicate. E, magari, tra una conferenza stampa e l’altra contro Salvini, si prodighi per togliermi l’immondizia da davanti casa. È uno schifo a vedersi, fa puzza e persino/soprattutto male alla salute. Oppure devo sperare in una persuasione morale del ministro Sergio Costa?
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