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venerdì 22 nov
  • Sicilia nel mondo

    PocoNoti siciliani, lontani dalla Sicilia e lontani dalla Storia

    Una raccolta di nomi ed eventi riguardati tutti quei siciliani che hanno contribuito allo sviluppo della storia umana, lontani dalla propria terra natia ma che la Storia ufficiale, fatta di grandi nomi ed eventi edulcorati, ha accantonato o messo nel dimenticatoio.

    • Giuseppe Bono (Ghidalgo de Palermo) – Palermo fine 1500/inizio 1600 – Inventore/scienziato siciliano in Spagna
      Siamo nella Sicilia dominata dagli spagnoli e ‘sto povero cristiano aveva scelto di fare l’inventore o meglio una specie di ingegnere dell’automazione inventando una bella macchina per raccogliere il corallo. Una specie di campana pesantissima che si spostava con carrucole e corde. Dentro ci stavano dei poveracci che per ore raccoglievano corallo o altro, credo. Giuseppe dopo essere stato in Toscana se ne andò in Spagna. Il re lo prese sul serio e gli diedero vari e licenze e contratti per l’uso della sua macchina, tampasiò un poco là ma poi cummattennu tra Spagna e Portogallo sperava di poter far soldini approdando nelle Americhe ma mischineddu iddu non ci andò mai.
    • Luca da Caltanissetta (Giuseppe Natale) – Caltanissetta 1644/1702 – Missionario siciliano cappuccino in Congo
      Dopo essere entrato in convento volle partire missionario per il Congo che girò in lungo e in largo per almeno dieci anni, si spinse in territori mai esplorati prima. Che fegato Peppino! Si occupò di espandere le missioni e formar nuovi missionari ma soprattutto evangelizzare e convertire in un regno dove il cristianesimo era stato accettato da tempo. Importante fu anche il suo ruolo di diplomatico per mitigare i rapporti del regno con gli stati europei ed il Portogallo. Si spinse fino ai confini del regno per provare a tessere ulteriori rapporti diplomatici. Scrisse un diario sulla sua esperienza missionaria: Relatione della missione fatta nel regno di Congo per il padre Fra Luca da Caltanissetta. Troviamo riferimenti sulla sua vita nel libro Luca da Caltanissetta ed il suo diario di Grzegorz J. Kaczyński.
    • Frank Lentini – Rosolini 1889/1966 – Showman siciliano negli Stati Uniti
      A Rosolini era conosciuto con il soprannome di “maravigghia”, negli Stati Uniti invece lo ribattezzarono presto “The Great Lentini”. Nato con tre gambe, quattro piedi e due apparati sessuali completi e funzionanti. A fine Ottocento riuscì in un’impresa impossibile per l’epoca: trasformare la propria diversità in risorsa. Da artista internazionale conquistò la fama e il rispetto che una cultura arretrata e superstiziosa gli avevano negato nei primi anni di vita.
      La madre inizialmente rifiuta il piccolo che viene allora accudito dalla nonna e dalla zia. Entrambi dimostreranno che il bambino è perfettamente normale dal punto di vista mentale e lo riconsegna alla madre quando è già in grado di parlare e camminare. Rimane a Rosolini fino a circa dieci anni. In qualche modo è riuscito a integrarsi con gli altri bambini. Intorno ai 5/6 anni si accorge che la terza gamba è rimasta più piccolina e non tocca più per terra, ma non dispera e presto si adatta alla sua realtà: impara a sedersi e a dormire in maniera da non schiacciare l’arto in eccesso e ad un certo punto lo lega intorno alla vita con una cintura. La madre gli ordina sempre due paia di scarpe, per poter avere due calzature destre. Anche i pantaloni che gli vengono cuciti sono speciali. Francesco nasce e cresce nell’Italia reduce dei moti rivoluzionari che portano all’Unità, in un ambiente culturalmente arretrato. Prende piede l’idea che la mamma Giovanna, durante la gravidanza, si pigghiau ri scantu, cioè sia rimasta impressionata nel vedere “‘u mastru carraturi” (il mastro carrettiere) con un tavolo bucato poggiato su tre gambe. Iniziano a chiamarlo “maravigghia” e “Ciccinieddu tri pieri”. Tutti volevano vederlo e nei primi anni viene esibito dalla famiglia. Quello che diventa il suo primo manager, un tale Magnano, lo porta in giro lo spettacolo dei pupi.Capendone il potenziale, lo conduce in America promettendogli fortuna. Così nel 1898 Francesco parte con il padre e via Liverpool sbarca negli Stati Uniti. Esegue un numero che dura 15 minuti: calcia il pallone con la terza gamba e un assistente glielo porta indietro. Diviene in breve famoso come “Frank Lentini 3 legged man”. Fa persino una tournée in giro per l’Europa e l’America del Sud. Frank rappresenta il simbolo del riscatto della diversità perché cercò sempre di vivere in modo normale: nel 1907 sposò Theresa Murray, una donna molto bella, che faceva uno spettacolo nello stesso circo. Ebbero quattro figli: Giuseppina, Natale, Francesco Junior e Giacomo (James). Intorno al 1935, iniziò a convivere con un’altra donna. Lui, che non si considerava un fenomeno da baraccone, seppe staccarsi dal gruppo degli altri freaks perché era intelligente, conosceva tante lingue, assolutamente normale e acculturato. Dopo i 50 anni, infatti, iniziò a difendere la categoria delle persone disabili: in Usa erano visti come malati da rinchiudere. Prese le difese dei “diversi” ritenendo che fossero artisti che vivevano della loro arte, non solo fenomeni da esibire. Fece del suo deficit un punto di forza, comunicando a tutto il mondo che oltre i rifiuti e i pregiudizi, i deficit possono essere delle unicità.
    • Giovan Battista Sidoti – Sicilia 1668/1714 – Missionario Siciliano in Giappone
      Dopo circa un anno di viaggio, circumnavigando l’Africa e facendo tappa in India,arriva a Manila. Qui vive quattro anni nell’attesa dell’occasione propizia per entrare in Giappone, infatti da quasi un secolo i confini erano chiusi a qualunque straniero. I martiri sono stati diverse centinaia: di molti non si conosce nemmeno il nome. Giovan Battista ha 40 anni, ha rasato parte della testa come un samurai e ne indossa il vestito caratteristico, la spada e i capelli raccolti in una crocchia. Con la fregata Santa Trinidad parte da Manila e dopo due mesi di navigazione arriva in Giappone nel 1708. Ha con sé le credenziali che attestano che è mandato dal Papa. Vuole vedere l’Imperatore. Spera che il Giappone apra i confini ai cristiani e permetta di annunciare Cristo.Ma lo identificano subito come straniero e per questo fuorilegge. Dopo vari e duri spostamenti viene trasferito a Edo dove deve essere processato da una persona di fiducia dello Shogun, un uomo di cultura, un neoconfuciano di nome Arai Hakuseki. Arai si trova davanti un pozzo di sapienza e di scienza a cui attingere, un uomo che paziente risponde alle sue domande. Ci lascia così tre volumi che trascrivono le risposte di Sidoti negli interrogatori e che vanno dalla geografia alla politica, dai governi del resto del mondo alla fede, un prezioso documento. Arai Hakuseki utilizzò le conoscenze acquisite nei suoi colloqui con Sidotti per scrivere il Seiyo Kibun, pubblicato postumo, e il Sarain Igen. Hakuseki fu impressionato dalla cultura e dall’abilità dialettica di Sidoti, e sviluppò una grande stima nei suoi riguardi; Sidoti fu altrettanto intrigato dal dibattito e il dialogo tra i due divenne sempre più aperto, conducendo per la prima volta dopo un secolo di sakoku ad un confronto serrato tra due liberi pensatori appartenenti a due culture lontane e diverse. Terminato l’interrogatorio Arai Hakuseki riferisce allo Shogun analizzando varie soluzioni e ne propone il rimpatrio. Lo Shogun decide invece di tenerlo prigioniero per sempre. Ordina a due coniugi, Chosuke e Haru, di servirlo. I due hanno già accudito durante la prigionia il gesuita Chiara. Proprio il battesimo dei due custodi gli procura una condanna ancor più grave: viene calato in una fossa, un pozzo quadrato profondo quattro metri con una piccola apertura ed uno spazio angusto in cui stare. Poca luce, poca aria, poco cibo. Muore dopo sei mesi.
    • Jawhar al-Siqili – Sicilia 911/992 – Generale siciliano nell’esercito impero Fatimida
      Jawhar al-Ṣiqillī, “Giafar il Siciliano” conquistò il Nordafrica, dal Marocco all’Egitto per conto dei Fatimidi. Gettò le basi del grande impero fatimide conquistando tutto l’Egitto ed una buona parte della Siria. Fu anche il fondatore della città di al-Qāhira (Il Cairo) e della grande moschea di al-Azhar. Talvolta al-Ṣiqillī è stato riportato come as-Siqilli, al-Saqalli o as-Saqalli perché la Sicilia stessa era conosciuta come Ṣiqilliyya (Saqaliah o Siqiliah). Il padre era Jawhar, figlio di ʿAbd Allāh, “il siciliano”, noto come “il segretario” (kātib) o il bizantino (Rūmī).Jawhar era legato a un gruppo di mawālī (non-arabi) siciliani che erano stati ridotti in schiavitù e deportati dall’Emirato di Sicilia alla città tunisina di Qayrawan.
      I suoi antenati erano dei cristiani bizantini con nomi non-musulmani. Nel 953, Jawhar fu liberato e ben presto acquistò posti di sempre maggiore importanza all’interno dell’Imamato.Fu nominato segretario di al-Muʿizz e poi, messo alla testa dell’esercito fatimide conquistando M’Sila in Algeria. Tentò poi di penetrare nel Marocco,l’estremo Maghreb. Nel 959 venne nominato vizir e comandante in capo dell’esercito conquistando numerose province del Maghreb.Nel 969 venne incaricato di conquistare l’Egitto e dopo la vittoria ne divenne governatore. Il suo governo fu tollerante, benevolo e positivo.Dopo la conquista dell’Egitto Jawhar progettò e fondò al-Qāhira (l’attuale Cairo). Nel 970 iniziò l’edificazione della moschea di al-Azhar e anche un palazzo (Il Palazzo dell’Est) per accogliere il califfo che vi si trasferì nel 973.Nell’anno 970 inviò i suoi uomini alla conquista della Siria e nel 972 difese l’Egitto dal contrattacco dei siriani Morì avendo superato gli 80 anni.
    • Juan Domingo Palermo – Palermo 1560/1635 – Comandante/amministratore siciliano di Buenos Aires
      Proprietario di un oratorio che venerava San Benito da Palermo a Buenos Aires.
      Juan Dominguez Palermo era un militare e un politico siciliano, che prestò servizio a Buenos Aires durante il Viceréame del Perù. Nacque in Sicilia nel tempo in cui la regione apparteneva al Regno d’Aragona. Figlio di Domingo de Giovani e Maria de Vargas, appartenente ad una famiglia illustre. Arrivò, intorno al 1582, a pochi anni dalla fondazione di Buenos Aires.Sposò Isabel Goméz de la Puerta y Seravia, discendente di un fondatore, del quale ereditò un appezzamento di terreno nel Monte Grande, di 300 verghe di fronte. Trasformò questi terreni paludosi in fiorenti giardini di vigne e frutteti ed acquisì altri fondi contigui fino ad ampliare il suo possedimento ad un fronte di 13000 verghe. Uno dei quartieri più esclusivi di Buenos Aires porta il suo nome. Ha servito sotto il comando di Giovanni d’Austria, fornendo servizi a Malta, Napoli e Spagna. Stabilitosi nel Río de la Plata nel 1590, ricevute poi le concessioni fondiarie a Buenos Aires divenne proprietario di diverse haciendas nei sobborghi della città. Era un membro attivo del Consiglio Comunale e fu reggente per diversi anni. Ha anche ricoperto la posizione onoraria di Mayordomo di Buenos Aires, relativa al controllo delle attività economiche della città. Alla morte fu sepolto nella Cattedrale. Da quel momento le sue terre si chiamarono Banados de Palermo o anche Vignas de la Punta de Palermo.
    • Giacomo Albanese – Geraci Siculo 1890/1947 – Matematico siciliano
      Esponente della scuola italiana di geometria algebrica. Nel 1909 si laureò in fisica a Palermo.Tra il 1936 e il 1942 visse San Paolo del Brasile, dove insegnò all’Universidade de São Paulo. Fu in Italia dal 1942 al 1946 a causa della seconda guerra mondiale, per poi tornare a San Paolo, dove morì nel 1947.
    • Vincenzo Maria Zito – Palermo 1900/1966 – Fumettista siciliano negli Stati Uniti
      Nacque nei pressi di corso Pisani, lasciò la Sicilia negli anni ’20 per raggiungere anni dopo l’America. Dopo aver condotto una vita favolosa che lo condusse prima a Roma,Parigi, New York, Cuba e la Florida. Dopo avere frequentato l’Accademia delle Belle Arti di Palermo fece il suo ingresso tra i saloni del Grand Hotel Villa Igea. Frequentò la potente famiglia di imprenditori Florio e per guadagnare i primi soldi ritrae aristocratici, artisti, scrittori, imprenditori. Per il cavaliere Vincenzo Florio realizzerà anche i primi manifesti pubblicitari della Targa Florio. Nel 1927 emigra prima a Roma e poi a Parigi dove si fermerà alcuni anni e dove tra l’altro frequenterà tutti i locali alla moda conoscendo attori, artisti, poeti, nobili, imprenditori e anche dei “morti di fame”. Ottiene un buon contratto di lavoro realizzando caricature al Joe Zelli, un noto club della capitale e in quella occasione conosce anche un altro palermitano, Giuseppe Abatino, detto Pepito che lo volle poi nel suo cabaret. Poi abbandona pure Parigi e dopo essersi imbarcato su un transatlantico arriva a New York. Negli States conobbe un altro palermitano, Nicola “Nicky” Quattrociocchi, ex proprietario del noto club El Borracho e in quel locale si fece apprezzare anche dagli americani per le sue originali caricature. L’America è stata la sua fortuna. Grazie, infatti, ad un libro a fumetti che illustra i pensieri dei cani, pubblicato nel 1964 vendette oltre un milione di copie. Caricaturista, vignettista, disegnatore di manifesti pubblicitari, oggi ricercati oggetti da collezione. Chi firmava, fino alla metà degli anni Sessanta, i manifesti pubblicitari della 12 Ore di Sebring, nota corsa automobilistica nata in Florida nel 1950 e che si correva lungo la pista di un aeroporto,era proprio l’artista di Palermo.Per tutta la sua esistenza è stato un “giramondo” ma ha lasciato ampie tracce della sua produttività e popolarità esclusivamente negli Stati Uniti, sconosciuto a Palermo. Si sposò con una creola di Santo Domingo e si amarono per qualche tempo follemente poi decisero di divorziare. Mentre “Nicky” Quattrociocchi tornerà a Palermo, Zito invece si trasferisce alcuni anni, siamo alla fine degli anni Quaranta, a Cuba. Ma le cose non gli andarono bene. Diceva «qui è un paese dove tutti hanno le barbe, è monotono fare caricature». Non sarebbe stato facile realizzare le caricature di Che Guevara o di Fidel Castro. E nel 1953 ritornò negli Stati Uniti, in Florida. Frequentava gli ambienti culturali e alla moda della città e spesso lo si vedeva in un angolo di club, locali alla moda, hotel, immerso tra i suoi album da disegno e cavalletto catturare questo o quell’altro aspetto più o meno curioso. Il 24 dicembre, vigilia del Natale 1966 fu rinvenuto cadavere, dimenticato da tutti. Il 12 gennaio 1967 sul Giornale di Sicilia apparve un articolo-appello dal titolo: «Si cercano eredi (se ci sono) di un caricaturista giramondo». Oggi di lui rimangono ancora diversi disegni e caricature che si possono ammirare su Internet e molti dei quali sono periodicamente messi all’asta presso Case americane.
    • Vito Leto – Ciminna 1838/1901 – Presbitero e inventore siciliano
      Realizzò degli oggetti che potevano essere utilizzati per i trasporti, per l’insegnamento, per il commercio ma non riuscì a brevettare neanche una sua invenzione. Venne ordinato nel 1883 e lo stesso anno inventò l’avvisatore automatico e il sorvegliatore elettro-automatico, due dispositivi di sicurezza per treni. Poco dopo, inventò anche il sillabatropio, che era utile nell’insegnamento nelle scuole elementari. Queste tre invenzioni vennero apprezzate e anche elogiate pubblicamente dall’Universita’ di Palermo, senza però fornirgli alcun guadagno.
      L’invenzione della scrutinatrice Leto, una macchina che accelerava le operazioni di voto e di scrutinio gli valse anche una lode da re Umberto di Savoia, ma neanche in questo caso poté brevettarla. Emigrato negli Stati Uniti, creò il contamonete, un apparecchio utile ai commercianti per ordinare il denaro. Gli fu offerto di brevettarlo, ma morì a New York qualche giorno prima di firmare il contratto. A Ciminna una via ricorda la sua fama e genialità.
    • Vincenzo Bartolo e i suoi fratelli – Ustica 1802/1846 – Navigatore siciliano in giro per il mondo
      Fu il primo a raggiungere Sumatra al comando di un veliero battente la bandiera del Regno delle due Sicilie. La famiglia era originaria di Trapani. Fece pratica di navigazione nelle rotte del Nord Atlantico. Capitano del brigantino Elisa, nel 1838-39 si rese protagonista di un viaggio ricco di peripezie e si guadagnò il soprannome di Colombo di Palermo. La rotta prevedeva un primo viaggio che doveva portare un carico di prodotti siciliani a Boston, poi da lì doveva ripartire verso l’isola di Sumatra, per caricare del pepe da riportare a Palermo.Questo viaggio, per quei tempi, era da considerarsi un’impresa più che ardimentosa e il capitano Di Bartolo, trentasettenne di Ustica, si sentiva pronto ad imbarcarsi in questa avventura. Partì con dodici uomini di equipaggio da Palermo il 28 ottobre 1838, l’Elisa attraversò lo stretto di Gibilterra il 10 di dicembre. Dopo una violenta tempesta e la lotta col gelido inverno, il brigantino giunse al porto di Boston il 27 gennaio 1839, tra lo stupore generale. A Boston si provvide anche ad imbarcare dei cannoni, date le acque insidiose da attraversare e l’incerta ospitalità degli indigeni a Sumatra. Il primo marzo l’Elisa sciolse le vele e ripartì alla volta delle isole indonesiane, doppiando felicemente il Capo Horn. Dopo 68 giorni di navigazione il 1º luglio 1839 raggiunse l’isolotto di Pulau Raja, sperando di trovare del pepe ma, non trovando carico a sufficienza, si videro costretti a ripartire subito alla volta di Rigaih, a Sumatra, dove approdarono il 12 luglio. Qui contattarono il capo della tribù locale e con questo trattò l’acquisto del carico che barattò in cambio di due cannoni. Lo scambio andò a buon fine e l’Elisa si soffermò su quelle spiagge per 16 giorni prima di riprendere la rotta di casa, ripassando per il Capo di Buona Speranza e soffermandosi sull’isola di S. Elena. Qui Di Bartolo volle visitare i luoghi dove Napoleone trascorse i suoi ultimi giorni, ormai adibiti a stalle e magazzini. Dopo un viaggio di ritorno tranquillo il brigantino giunse a Palermo la sera del 14 dicembre, ovvero un anno, un mese e 16 giorni dopo la partenza dallo stesso porto. Era la prima volta che una nave palermitana solcava l’Oceano Indiano e Vincenzo Di Bartolo compilò un dettagliatissimo diario di viaggio, per trasmettere informazioni e consigli a tutti quelli che avrebbero tentato l’impresa in futuro.
    Palermo, Sicilia
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