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sabato 16 nov
  • aria condizionata

    M’ammazzavu

    Ieri sono stata a lungo in un posto, pubblico, con aria condizionata così forte, che avrei voluto indossare un cappotto, invece della maglietta a maniche lunghe che avevo addosso.
    Mi è sembrato uno spreco assurdo e intollerabile di energia elettrica, ma forse sono io che non capisco e in realtà lo scopo era fare stare freschi gli impiegati, così da farli durare più a lungo. Come carne in frigo.
    O forse, ibernarli e scongelarli nel 2080, in modo da non dovere procedere a nuove assunzioni. Non lo so, me lo chiedo sempre in questi casi e non riesco a darmi una risposta sensata.
    A parte questo, il risultato è ovvio, soprattutto per chi è freddoloso come me: sono raffreddata, con dolori dappertutto. Cronaca di una malattia annunciata, potrei dire.
    Ma non è così che ho detto stamattina, al risveglio.
    Stamattina ho detto: minchia, m’ammazzavu.
    E non sono andata a lavorare perché mi sentivo para para p’a pressa.
    Inutile dire che il mio polentone preferito, che dormiva al mio fianco, mi ha guardato come se fossi posseduta e avessi iniziato a parlare lingue sconosciute. Come dargli torto?
    Il suo livello di palermitano migliora, ma qui ci vuole l’upgrade.
    Innanzitutto, ci vuole una buona dose di teatralità, altrimenti, avrei detto che non sto bene. No, io non è che non sto bene, io proprio m’ammazzavu. È un’altra cosa.
    E fino a qui, riesco a spiegarglielo.
    Ma che mi sento para para pa pressa, non mi riesce benissimo. Mi sento piena di dolori, incapace di muovere un muscolo. Pa pressa, insomma!
    E adesso, che provo a fare qualcosa in casa, per dare un senso alla mia giornata, niente, capisco che oggi sono una negghia.
    Secondo me però questo lo capisce. Tra i due, lui conosce a negghia, la nebbia, meglio di me, di sicuro.
    Amore…non odiarmi, se puoi.

    Palermo
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