Il giorno dei morti per i bambini siciliani
C’era l’attesa e c’era la magia.
La magia che coinvolgeva l’immaginazione, la fantasia, i pensieri.
Quando stava per arrivare il giorno dei morti, attorno si respirava l’attesa.
Un’attesa che non era riferita solo al giorno in cui sarebbero venuti a trovarci, ma che pervadeva tutto il periodo che comprendeva la festa di Ognissanti e il 2 novembre. Questo periodo aveva inizio già giorni prima, con lo scrivere la letterina in cui si cercava di “esagerare” per ottenere di più. Più cose si chiedono, si pensava, più si ottiene.
E, nella mente, l’immagine di questi parenti che ancora ci pensavano e che erano così affettuosi e cari da venirci a trovare la notte del 2 novembre era vaga, indefinita, pervasa da un mistero che sembrava avvolto in una nebbia.
Una nebbia in cui venivano nascosti tutti i dubbi e tutti i perché, tutte le perplessità e tutte le resistenze mentali.
Perché, credere ai morti, credere alla loro esistenza nella vita reale, alle loro visite notturne, al loro vagare, al loro girare per negozi per fare regali ai parenti bambini era importante ed era soprattutto bello.
Quell’attesa si respirava nell’aria, si percepiva nelle espressioni imbambolate e ingenue dei bambini, si avvertiva nei negozi di giocattoli che all’improvviso erano più riforniti.
Quell’attesa era palpabile e rendeva quel periodo magico.
E non importava minimamente sapere che per Natale c’era Babbo Natale e che il 6 gennaio c’era la befana. Noi bambini siciliani avevamo quell’ unica opportunità. Quell’unica occasione che riguardava tutti: poveri o ricchi, abbienti o meno abbienti.
Tutti i bambini siciliani trovavano qualcosa la mattina del 2 novembre. Almeno dei dolci, oppure i pupi di zucchero a cavallo o le damine, o i giocattoli richiesti nella letterina.
Tutti i bambini siciliani, la notte del 2 novembre, andavano a dormire con questo senso di gioia misto a timore.
Un timore che non aveva a che fare con la paura di questi morti “semi-viventi”. L’atmosfera che si creava attorno alla festa dei morti era gioiosa, di festa, di “religiosa” attesa.
L’unica paura che poteva affliggere la mente di noi bambini era che i morti non portassero ciò che avevamo chiesto.
Ma la felicità e la gioia vissute per l’attesa ci ripagavano di tutto, anche nel caso in cui fossimo rimasti delusi.
Quella atmosfera di festa ci saziava la mente e il cuore, al punto che a Natale e per la Befana noi non aspettavamo nessuno.
A noi i regali erano donati dai morti.
E bisognava aspettare un altro anno per rivederli ancora.
Che bellissima storia d’altri tempi 🙂
come sempre siete i migliori non solo politica!