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  • Cantiere deserto viale Regione

    Altro che Primavera: l’inverno palermitano che sembra non aver fine

    Sono lontani ormai gli anni della Primavera di Palermo, quando la volontà di rifiorire che animava i palermitani veri, quelli che la mafia la odiavano, era diventata vessillo per l’ascesa al Pellegrino, l’Olimpo panormita, per quanti volevano cambiare le sorti della città oppure semplicemente le proprie, giocando il ruolo del Salvatore di un popolo che aveva smarrito la retta via.

    Da allora di cose ne sono cambiate, di acqua sotto i ponti ne è passata, spesso anche sotto quelli di viale Regione, che sempre di più tra traffico impazzito e clacson, tratteggia i contorni di una Palermo in preda a caos e immobilismo. Un ossimoro questo che accompagna lo scorrere del tempo, in una città in cui il tempo assume spesso connotazioni diverse e non coerenti tra loro.

    Il tempo, quello che è stato esaurito, come esaurita ormai è la pazienza nel vedere oltre novecento bare accatastate al cimitero dei Rotoli. Nella città che non vogliamo, è proibito anche morire con dignità.

    Il tempo, lo stesso che scandisce i mesi che sono ormai 24, da quando il sottopasso di Via Crispi ha visto il restringimento venire alla luce. Una vergona giunta ormai alla seconda candelina, festeggiata dal Comune con una bella colata di vernice gialla, quasi a voler dire: «abituatevi a schivare reti e segnali stradali, tanto qui i lavori non partiranno mai».

    Il tempo, quale grandezza astratta e non misurabile che qualifica ogni singolo cantiere, ogni singola opera, come in una commedia dai contorni grotteschi e dalla durata indefinita.
    «Ei fu, siccome immobile», potrebbe tranquillamente essere questo il primo verso di un’ode dedicata alla nostra città, crocevia di culture e origini diverse. Oggi soggiogata dall’Orlandismo imperante che ha deciso di trasformare Palermo nel peggior suk di una città mediorientale di terzo livello: come se essere multietnici si traducesse nel far nostri solo i vizi e mai le virtù, nel marasma storico, antropologico e culturale che ci caratterizza.

    Una città martoriata anche dall’inerzia di una classe politica che con una mano anima le folle urlando allo scempio di codesta amministrazione e con l’altra tiene ben salda la poltrona assicurandosi di non perderla. Il connubio perfetto che sta uccidendo Palermo, che rischia di sprofondare sotto il peso della “munnizza”, dei debiti delle participate o, peggio, dentro qualche voragine del manto stradale.

    I versi di Manzoniana memoria, ben si prestano anche al sovrano assoluto (e incontrastato) dell’immobilità cittadina: quel Giusto di nome ma non di fatto, che come in una partita di Risiko, si diverte a conquistare territori in città a suon di piste ciclabili ideate male e realizzate peggio. Come se la mobilità sostenibile fosse disegnare qualche linea bianca per le strade della città, come se la paralisi del traffico che attanaglia tutte le arterie viare più importanti fosse solo demagogia degli oppositori politici. Come se tutto ciò che sta fuori il centro storico, non fosse Palermo, non fosse di sua competenza.

    Ma chi pensa che la nostra non sia una città ormai senza speranza, non può arrendersi di fronte a tutto questo. I cenni dell’apparente normalità ritrovata ci impongono di guardare oltre, di immaginare, di ripensare.

    Siamo sicuri che la fine di un’epoca buia, rappresenti necessariamente l’inizio di un periodo di fasti? Certo, come i saggi nostrani insegnano: “più buio di mezzanotte non può fare” ma è pur vero che la storia la si fa, ed in questo caso la si cambia, con i fatti e non con le parole.

    Alle buone intenzioni quindi, occorre far seguire le azioni, le buone azioni. Tocca a noi ripensare la città, nella sua stessa essenza. Ripartire dal patrimonio di arte e multiculturalità, dai doni paesaggistici e climatici che il buon Dio, o se preferite Madre Natura, ci ha donato. Da lì iniziare a ricostruire, dalle macerie provare ad ergere un nuovo tempio, soffiare su un vento foriero di speranza e rinnovato impegno. Se dai problemi sapremo cogliere opportunità, se dalla protesta sapremo arrivare alla proposta, porteremo in dono alla nostra terra speranza e riscatto. Da questo dipenderà il contenuto delle prossime pagine del libro della storia di Palermo. Tutto questo dipenderà da noi.

    Palermo
  • 3 commenti a “Altro che Primavera: l’inverno palermitano che sembra non aver fine”

    1. E per forza questo inverno non avrà mai fine, a scriverlo sono i fans di diventerà bellissima. Si salvi chi può!

    2. Qui si pensa al ponte sullo stretto

    3. Speriamo che le tue parole siano lungimiranti e che abbia saputo “leggere” nella sfera di cristallo…
      Crediamoci nel vento di rinnovamento – perchè alle parole del Sig. Sindaco non ci si può credere più. Arrivederci !!!

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