“Il Giardino delle delizie” di Momò Calascibetta al Museo Riso di Palermo
Verrà inaugurata oggi 4 agosto alle ore 18:00, presso il Palazzo Belmonte Riso Museo Regionale d’Arte Moderna e Contemporanea di Palermo, alla presenza dell’assessore Alberto Samonà e del direttore Luigi Biondo, Il giardino delle delizie, mostra personale di Momò Calascibetta curata da Andrea Guastella.
La mostra, elegantemente allestita al primo piano del polo museale siciliano da Guastella in stretta osmosi con l’artista palermitano, propone al pubblico circa ottanta opere, tra dipinti, disegni, tre sculture in terracotta e due istallazioni (la stanza da letto di Momò e Cui prodest l’ago di Oldenburg), tutte opere tese a ricostruire il singolare e lungo percorso stilistico di Calascibetta a coprire l’arco narrativo dei quarantacinque anni di personalissima ricerca creativa, dai lontani esordi palermitani alla presenza di Leonardo Sciascia (1980) all’odissea di Cenere, rassegna satirica col mirino puntato ironicamente sul roboante sistema dell’arte (2019). Per alcune delle opere, circa dieci, la presenza di appositi QR code garantisce l’espansione dei contenuti attraverso apposite schede di approfondimento.
Pur vivendo da anni tra Milano e Marsala, Calascibetta non ha mai abbandonato la sua Sicilia, soprattutto quella “Sicilia immaginaria”, rimanendo così comunque invischiato in quei miti e riti, spesso teatralmente espressi con dovizia di particolari e spunti antropologici dalle sue “coloratissime” opere, che affidano alla raffinatezza del tratto del disegno e ad una tecnica personalizzata e difficilmente incasellabile, il difficile compito di narrazioni futuribili ben ancorate al presente.
È Palermo però, città in cui ebbe a seguire i corsi della vecchia Facoltà di Architettura di Vittorio Gregotti e Gino Pollini, Leonardo Urbani e Alberto Samonà, il luogo onirico privilegiato delle letture travolgenti e dinamiche dell’artista amico di Philippe Daverio, ed è con Piazza della Vergogna (1985) che Calascibetta entra nel cuore delle strane dinamiche oscurantiste di società e politica imborghesita e decadente della Palermo contemporanea, con picchi di allusione e disincanto tipiche della poetica ermetica del compianto Renato Tosini tale da auspicare che questa grande opera possa presto confluire nelle collezioni della Galleria d’arte Moderna del capoluogo siciliano.
Seguono i dipinti “cubani” in cui le periferie dei paesi più poveri confluiscono idealmente in paesaggi non dissimili a Danisinni, Kalsa e Ballarò, le carte ei dipinti mitologici apprezzati da Vincenzo Consolo, Cenere e infine appunto Il giardino delle delizie (acrilico su tela, 2,00 x 4,00 mt)
Quest’ultima, ambientata nel cuore di Palermo è un interessante trittico pittorico realizzato appositamente per la mostra durante l’anno appena trascorso, un vero e proprio racconto teatrale per immagini in cui l’artista ci accompagna per mano nel suo “Momòndo” figurativo e allegorico, pregno di simbolismo e spunti di riflessione tra Pop e Surrealtà dando vita al mito “green” del paraidesos all’interno dell’abbandono della Galleria delle Vittorie (pannello laterale sinistro), al circo Gatsbyano del lusso decadente ai Quattro Canti (pannello centrale), al giorno del giudizio in cui uno dei quattro cavalieri dell’apocalisse è fuoriuscito direttamente dal Trionfo della morte dell’Abatellis e in cui a guidare la “marcia del marcio” è l’ignoto marinaio di Antonello dall’abitacolo del suo ape car (pannello laterale destro).
È lo stesso artista a descriverne genesi e sintassi: “ una macchina della memoria che è la somma e la stratificazione di oltre quarant’anni di lavoro. In questo mio particolarissimo giardino le varietà arboree sono state sostituite dai fantasmi degli individui che mi hanno accompagnato; individui che non hanno mai prodotto frutti, che sono tronchi anemici e bisognosi di fertilizzanti, arbusti aridi e avvizziti nella calura estiva dei Quattro Canti di Palermo; un tripudio umano, uno spettacolo teatrale dove gli attori non devono più fingere un personaggio né seguire un copione, ma limitarsi ad essere se stessi, come ne La classe morta di Tadeusz Kantor. Oggi, ieri, domani; l’alba, il giorno e la notte; passato, presente e futuro; paradiso, purgatorio e inferno convivono nell’opera, sforzandosi di condensare in un istante la vacuità di un’esistenza passeggera”.
Dopo la parentesi palermitana del Museo Riso fino al 25 settembre, l’esposizione itinerante farà tappa a Rende nel Museo Roberto Bilotti Ruggi d’Aragona e a Venezia presso il Palazzo Donà Dalle Rose, ma è a Panormus città tutto porto che comincia e non solo idealmente quel viaggio tra la visione dettagliata e serrata dell’artista siciliano e il pubblico incuriosito, spesso già fidelizzato e in attesa di osservare comportamenti e rebus resi artisticamente alla maniera delle antiche grotte di Lescaux, forme e ombre frutto di un impianto grafico immediato e travolgente, sospinte da un silenzioso codice immaginativo tipico della poetica dei grandi protagonisti della scena artistica italiana.
Il catalogo, immaginato come un’appendice ulteriore alla mostra, è disponibile al bookshop, 136 pp., Aurea Phoenix Edizioni, 20 euro.
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