Il sindaco che vorrei: un “genio” in rosanero
Se fossi bambino il prossimo sindaco che vorrei per Palermo dovrebbe assomigliare al genio della lampada di Aladino, un tipo cicciottello, sorridente, con la pelle dorata, vestito però con una maglia rosa nero con sopra stampata un’aquila. La sua casa non sarebbe la lampada ma un’arancina “accarne”, naturalmente per farlo manifestare, il sindaco, si dovrebbe fare il sacrificio di dare un morso all’arancina, rigorosamente calda, per far sprigionare tutti i profumi e naturalmente il genio-sindaco pronto a risolvere tutti i problemi atavici della città.
Tengo a precisare che nei mie sogni l’istrionico Leoluca Orlando Cascio, anche se attore nato, non ha la faccia adatta per fare il prossimo sindaco, e poi mi ha già stufato per la sua presunzione, per la mancanza di dialogo con le opposizioni, per gli scempi che sta lasciando, da quelli infrastrutturali a quelli economici, e non li elenco per non rinnovarvi, rinnovarmi un dolore.
A dire il vero la storia del genio che protegge la città è storia vecchia per Palermo, e risale a prima che la Santuzza Rosalia diventasse patrona e protettrice della città. Da Wikipedia: «La statua del Genio di Palazzo Pretorio sorge difatti da una piccola conca sul cui bordo è scritto in latino: Panormus conca aurea suos devorat alienos nutrit (Palermo conca d’oro divora i suoi e nutre gli stranieri). Questo tropo in forma di motto lascia supporre un’eventuale discendenza del Genio da Crono o Saturno, divinità del tempo e dell’agricoltura, divoratore dei propri figli e simbolo di pienezza e abbondanza. La simbologia del serpente, ambigua e polivalente, potrebbe avere più di un significato: esso è infatti tradizionalmente associato alla terra e all’acqua, alla fertilità, alla rinascita e al rinnovamento, l’animale è inoltre simbolo di prudenza, antagonista del sole, e portatore di conoscenza associata alla forza fisica.Nella letteratura disponibile l’archetipo del serpente nutrito dal Genio è indicativo di rinnovamento e trasformazione creativa e dei rapporti con gli stranieri che nel corso della storia della città, tra passaggi e conquiste produssero a Palermo e in Sicilia traffici, scambi, rimescolamenti e trasformazioni culturali».
Dalla descrizione di sopra si capisce che Palermo è così perché è nata a ridosso di un’accogliente golfo, un monte unico a proteggerla da Nord, è circondata da una corona di montagne disposte a semicerchio attorno alla conca d’oro che impedisce a venti forti di investirla. Inoltre la forma delle rocce e la conformazione a conca del suo territorio rendono Palermo un luogo ricco d’acqua e fertile, ricco di tutte le bellezze del mondo, con temperature medie che oscillano fra 14 e 30 gradi centigradi durante l’anno, un peculiarità unica al mondo. Questo luogo meraviglioso, ma non capito da molti palermitani, è sempre pronto a trasformarsi negli incontri con gli stranieri assorbendone gli usi o regalando a questi nuovi modi di vivere e pensare.
Potremmo dire che Palermo è il piccolo chimico dell’Italia, dove tutte le culture si incontrano e sperimentano, dove è nata la lingua Italiana, dove si è avuto il primo parlamento d’Europa, dove Federico II emanava per primo le sue leggi democratiche e di convivenza civile di tutte la civiltà (arabi, ebrei, cattolici, etc) che in essa ancora oggi si sperimentano coalizioni politiche che poi vengono adottate a livello nazionale. Ricordiamo in ultimo che a Palermo è nato lo statuto della Regione Siciliana, un anno prima della Costituzione Italiana, e che ancor oggi è vigente.
A questi ricordi di una città importante e storica, fondamentale per la nascita dell’Italia, luogo di fusione di tutte le culture del Mediterraneo, si contrappone oggi una città che con mille contraddizioni che il più delle volte appare allo sbando. La cosa che forse mi fa più male quando passeggio per la città è che la città appare sfregiata nelle piccole cose e nelle grandi, e che pochi palermitani si indignano per questa sciatteria.
Se dovessi descrivere la città sinteticamente si potrebbero individuare due aree ben distinte, quelle divise dalla circonvallazione viale Regione Siciliana ovvero: la città di sotto, quella che va da viale Regione Siciliana al mare, e quella di sopra che va da viale Regione Siciliana ai monti della conca d’oro. Io abito nella città di sopra quella più disagiata per collegamenti.
Oltre a questa criterio di divisione, naturalmente, Palermo è suddivisa in borgate e quartieri, che possono essere considerati delle piccole città nella città, con caratteristiche specifiche. Una volta i palermitani si identificavano con il quartiere di provenienza, era normale sentire: io sugnu ra ‘ausa, io ru Burgo, io ri Paghiarelli, io ra Baddarò, io ra Vucciria, io ri Chiveddi ecc.
Un terzo criterio di classificazione è la sua suddivisione nella città nata prima negli anni settanta con quella nata dopo, con i quartieri nuovi, detti anche del sacco di Palermo. Quartieri nati per speculazioni edilizie, che hanno modificato anche la distribuzione della popolazione della città e svuotando il centro storico.
Una nota a parte va fatta per lo Zen (quartiere zona espansione nord), una città nella città nato con tutte le buone intenzioni dei sui progettisti, ma che di fatto si è rilevato il più grosso fallimento abitativo e sociale delle città, perché è stato creato un ghetto.
Per quello che finora vi ho raccontato, per questa città con tante città nelle città, in cui i criteri per leggerla si sovrappongono nei luoghi che la costituiscono, è chiaro che trovare un sindaco che sappia far coesistere in armonia tutto questo, tutte le anime che la abitano è un impresa impossibile. Se questo sindaco esistesse per me sarebbe un genio, sicuramente il genio dell’arancina “accarne”.
Quindi l’unica via che secondo me si può percorrere per ricostruire Palermo dalle sue macerie, non solo fisiche ma anche morali, è quella di avere un sindaco coordinatore di otto vicesindaci uno per ogni circoscrizione, in modo da avere un contatto diretto del comitato di sindaci su tutto il territorio, su tutte le città della città.
Il fatto che il sindaco + vicesindaci siano nove è fondamentale, darebbe sempre la possibilità di una scelta in caso di votazioni su di una decisione da prendere che interessi tutta la città grande.
Oggi Palermo è una città governata con spot ma non c’è una visione di insieme, di tanti insiemi che devono cercare di coesistere, con l’aggravante che alcuni quartieri storici o delle periferie sono abbandonati a se stessi, come dimenticati. Spero che le prossime elezioni possano esprimere dei politici di ogni partito, di maggioranza e opposizione, che abbiano a cuore la città. Spero anche che li palermitani invece di lamentarsi si rendano attivi con il volontariato per dare dignità e decoro ad una città meravigliosa che è Palermo, bisogna solo crederci. Questo si può fare solo avendo il coraggio, me compreso, di riprenderci ciò che è nostro, il nostro piccolo quartiere, le nostre piccole città della città, in modo da ricostruire insieme una convivenza civile e solidale.
P.s.: il modello città della città è un modello antico e modernissimo allo stesso tempo. Mi spiego. La piccola città delle città grande la dobbiamo immaginare come se fosse una piccola città medievale, una cellula dove tutto può avvenire al suo interno, con tutto intendo tutte le attività umane (lavoro, studio, sport, spettacolo, spazi verdi) con minimo spostamento. Naturalmente immagino cellule che dialogano fra loro non ghetti, come già è successo. La piccola città, tipo medievale, renderebbe altamente efficienti e ecologici tutti i processi che si potrebbero svolgere al suo interno con minimo consumo di energia, quello che oggi chiameremmo una Smart Grid, piccola griglia. La parola inglese smart significa allo stesso tempo piccolo ma anche intelligente.
In ultimo, il nodo fondante di questa nuova città devono essere le scuole di ogni ordine e grado, questo perché sono i luoghi in cui custodiamo i nostri figli palermitani, di tutti i colori del mondo, e perché in mancanza di strutture specifiche sono i soli luoghi fisici da cui si può ripartire, in cui si possono surrogare le attività ludiche mancanti in una piccola città.
Mi sembra un idea interessante, difficile da realizzare perché la città esprime valori scarsi, capaci di creare il nulla, però mi sembra un modo per provarci e sperando che Aladino cacarni ci aiuti, Grazie
All ing Salvatore Presti