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venerdì 15 nov
  • Antichi mestieri a Palermo: il fabbro

    Antichi mestieri a Palermo: il fabbro

    Dalla persiana del primo piano si vedeva la strada acciottolata e un po’ terrosa su cui passavano rare macchine, alcuni carretti ed i cavalli. Nel silenzio si potevano ascoltare le voci dei passanti ed i rumori degli artigiani e dei venditori che passavano da lì. Tra questi si distinguevano i colpi del fabbro ferraio proprio di fronte e del falegname, sotto al balcone.

    ‘U zzu Pinuzzu si chiamava il fabbro, aveva un’incudine, una fucina da dove usciva il metallo incandescente e tantissimi oggetti metallici di uso a me sconosciuto… e lui era tutto annerito da capo a piedi; nero era anche il suo viso ed i capelli. Arrivavano sino a casa l’odore di ferro lavorato, l’aroma acre di metallo segato, di officina, misto agli altri odori della vita laboriosa che veniva svolta soprattutto in strada, una strada degli anni ‘70.

    Il mestiere del fabbro era un “lavoro sporco” fino ad alcuni decenni or sono, un tempo non troppo lontano dai giorni odierni.

    Ne troviamo diverse tracce nella mitologia greca in cui il fabbro è uno degli Dei dell’Olimpo. Efesto era il dio del fuoco, delle fucine, dell’ingegneria, dei fabbri. Era abbastanza brutto, nonché storpio a causa della caduta rovinosa sulla Terra dal monte Olimpo da cui sua madre, Era, lo lanciò quando lo vide. Viveva all’interno nel monte Etna. Era descritto per l’appunto come un personaggio brutto, sporco, di pessimo carattere e anche un po’ cattivo.

    Di sicuro i primi fabbri nell’antichità dovettero colpire particolarmente l’immaginazione umana. Da ciò scaturì la narrazione mitologica di Efesto (o Vulcano) come quella di un dio immerso nel calore (il metallo deve essere riscaldato almeno fino a 1300 gradi!), tra i fuochi e i metalli, in una attività non particolarmente aperta alla socialità, per la quale era indispensabile la forza fisica, la resistenza, e non ultima la capacità di resistere agli infortuni che normalmente avrebbero fatto parte del duro lavoro del fabbro.

    Oggi le officine non sono più in strada (le norme di sicurezza non lo consentono), ed i fabbri non sono più così sporchi, né tantomeno cattivi.

    Gli strumenti di lavoro però non sono cambiati: una fucina con il fuoco (ancor oggi alimentato a carbone fossile), il metallo da lavorare, un’incudine ed un martello sono gli elementi fondanti, indispensabili ad ogni fabbro. Accendere la forgia è un rito che parte dal fuoco ai legnetti, poi al carbone vegetale ed infine al carbone fossile. Un rito che va eseguito almeno un’ora prima delle lavorazioni.

    Ferro fuso

    Pochissimi sono i fabbri che ancora lavorano i metalli a Palermo. La maggior parte si limita all’assemblaggio di elementi pre-lavorati.

    I fratelli Riccardo, Roberto e Giovanni, figli di Franco Lo Iacono hanno la loro officina da due generazioni in via Sampolo.

    Franco Lo Iacono

    Fratelli Lo Iacono

    Nello spazio espositivo su strada che si percorre per entrare nel loro negozio sono esposti alcuni cimeli di lavorazione quali ad esempio una parte di una banderuola segnavento, in rame sbalzato, testimone di un tempo in cui i dettagli erano curati e tenuti in alta considerazione. Percorrendo lo spazio espositivo, incontriamo una antica pressa, un bilanciere, un maglio (un attrezzo con il compito di schiacciare il metallo come con un pugno d’acciaio, oggi in disuso) che ci raccontano storie di ringhiere, cancellate, tavoli, sedie, gazebo, coperture, ma anche di oggetti di uso comune, prodotti di un lavoro di creazione artistica che non ammetteva la fabbricazione in serie. La bellezza stava proprio nell’unicità di ogni voluta, punta, lamina cesellata, barra ritorta, foglia. In esse ogni elemento è diverso e irripetibile perché ogni colpo di martello è unico.

    Macchina fabbro

    Macchina fabbro

    Una cassa con il carbone, varie tenaglie, martelli, testiere di antichi letti, lampioni, portabiti, sedie, archi d’ingresso, spade, fanno compagnia agli attrezzi antichi e soprattutto a sua maestà l’incudine. Un’incudine centenaria fissata su un “chianco” ormai fossile e cioè una porzione di radica d’ulivo rovesciata. Un monumento.

    Cassa carbone

    Tavolino in ferro

    La globalizzazione ha tuttavia causato una pesante instabilità ai mestieri antichi ed una deplorevole svalutazione all’artigianato artistico. Il fabbro che crea sogni ed illusioni in metallo lavorato è oggi decisamente fuori moda per un giovane che, quando riceve in regalo un’opera unica in ferro battuto o un oggetto di artigianato artistico, ne ha quasi un trauma.

    Come gestire il rapporto con un prodotto che durerà tutta la vita, in un momento storico in cui l’effimero è assurto a divinità?

    È improbabile attualmente vivere di solo artigianato artistico, ed infatti i Lo Iacono hanno completato la loro offerta lavorativa al pubblico locale e nazionale con servizi di manutenzione ed installazioni fieristiche. Ciononostante pochissimi giovani si offrono per l’apprendistato. Nel passato lo storico laboratorio si è occupato del restauro delle cancellate del Teatro Massimo, ha realizzato la Rosa dei Venti in argento per Papa Giovanni XXIII, oltre a centinaia di oggetti di uso comune di straordinaria fattura. Negli ultimi anni invece uno dei più impegnativi clienti è stato un petroliere del Kazakistan!

    L’artigianato artistico è frutto di un lavoro impegnativo ed è per questo motivo che il suo costo non può essere paragonato agli oggetti riprodotti in serie.

    Il suo valore è racchiuso nell’energia del materiale primigenio, che è parte della terra in cui viviamo, ma anche in quella vitalità profusa dalle braccia dell’uomo che lo ha lavorato, nonché nell’idea creativa che lo ha trasformato e, per ultima, nella magia molteplice del prodotto finito, che dialoga, certamente dialoga, con chi lo riceve.

    Racconterà sempre la sua storia.
    Chi ha parlato di materia inanimata?

    Tutte le foto sono realizzate da A. Terrazzini.

    Palermo
  • 4 commenti a “Antichi mestieri a Palermo: il fabbro”

    1. È sempre un piacere leggere i racconti di Angela. Descrive con amore la Palermo che anch’io amo.

    2. a proposito di come, un tempo, il mestiere del fabbro era un “lavoro sporco”…
      mi ricordo che a casa nostra – tanti anni fa – avevamo per vicino di casa – per l’appunto un fabbro – e ci fun un periodo che non mi andava tanto di studiare e avevo pensato di interrompere gli studi ed iniziare a lavorare.
      Ebbene, mia mamma, mi porto ad esempio il fabbro – vicino di casa – e come era duro il suo lavoro – come fosse sempre in tuta da lavoro, fino a tarda sera, e come fosse sporco e stanco a fine giornata. Per rafforzare ancora l’esempio negativo – che certamente non dovevo seguire – un giorno mi portò nella sua officina e lì imparai quell’odore forte del ferro caldo appena battuta, la puzza di bruciato della saldatura, lo sporco del ferro grezzo e tutto quel nero che finiva per rendere ancora più scuro il buoi dell’officina. Ebbene, certamente avrete intuito che, quell’esempio di lavoro “duro” mi diede la forza per rituffarmi nello studio e ottenere risultati scolastici migliori con il solo scopo di un “domani” avere la possibilità di trovare un lavoro migliore…
      comunque conservo ancora quel consiglio di mia mamma… e ne faccio tesoro nei momenti di debolezza. GRAZIE Mamma!

    3. @Pippo_px18
      Mi dispiace scoprire che ciò che ho scritto ti abbia sollecitato una riflessione sul mestiere del fabbro come disvalore. Un lavoro sporco (che ti fa sporcare vestiti e pelle) non è uno “sporco lavoro” che ti rende sudicio dentro.
      Ogni lavoro ha una sua dignità, per quanto mi riguarda sempre di grande rispetto, e mai mi sognerei di insegnare ad un giovane che il lavoro manuale è qualcosa da disprezzare o da sfuggire. Se sei felice con il lavoro che hai conquistato sono felice per te, ma ti invito, anche solo per hobby, a provare la soddisfazione che si sente quando si realizza qualcosa, piccolo o grande, con le proprie mani. Sporcandosi.

    4. rispondo liberamente ad Angela
      il mio commento è un ricordo personale di una fase della mia vita; di come devo ringraziare mia mamma (con queste parole ed i suoi insegnamenti) che mi ha permesso di superare quel “bug adolescenziale” che mi metteva di fronte ad una scelta: continuare gli studi oppure iniziare a lavorare…
      solo questo – tanto rispetto a tutti i tipi di lavoro – che se fatti con amore e con passione non sono faticosi ma nobilitano la persona stessa.
      SALUTI !!!

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