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sabato 21 dic
  • Quaderno di Palermo 35 (ultimo)

    Noi essere umani abbiamo per fortuna nostra, tra altre facoltà intellettive, sensitive o conoscitive, la facoltà di amare e di odiare, o semplicemente di essere del tutto indifferenti alle cose, alle persone, ai luoghi. In altre parole, abbiamo la possibilità di prendere coscienza di quello che abbiamo davanti, o che ci sta attorno, e di confrontarlo con noi stessi. Sì, queste facoltà ci permettono di percepire la realtà esterna attaverso il nostro filtro sensoriale e di essere consapevoli della loro esistenza. Poi, piano piano, questa consapevolezza diventerà una vera e propria conoscenza, cioè una maniera di apprendere o d’intendere, di sapere per prova diretta perché ne abbiamo fatto esperienza, infine di riconoscere o di avere una familiarità con tutto ciò. Perciò, poiché previamente c’è stata questa volontà di conoscenza allo scopo di capire ciò che è altro, un individuo manifesta in maniera naturale le sue impressioni o emette il suo giudizio sulle cose da lui sapute. Che poi, alla prova dei fatti, la sua opinione risulti sbagliata o meno, non è tanto importante quanto lo è il suo punto di vista, che per forza non può coincidere con quello degli altri. Mano a mano che mi sono spostato per il nostro continente da una città all’altra, mi sono accorto che il fatto più essenziale è appunto rendersi conto dell’identità delle cose, voglio dire conoscerle come sono realmente. Poi uno cercherà di interpretarle attraverso la sua impressione, il suo sguardo, il suo immergersi nella loro identità fisica, materiale. E questa comprensione intellettuale dell’essenza delle cose sarà determinata dall’amore o dall’avversione o, certo, dalla mancanza d’interesse nei loro confronti.
    Io, che tra pochi giorni lascerò definitivamente Palermo per un’altra destinazione, io in questi modesti post ho cercato di trasmettere attraverso questi anni il mio parere su una città che posso affermare di conoscere discretamente e di amare immensamente. Perciò tante volte non ho potuto celare il mio disappunto per quanto accade qui. E questa rabbia che ho provato per lei è stata il prezzo del mio non poter esserne mai indifferente. Mi chiedo se questo è il prezzo che una persona deve pagare quando si affeziona a qualcosa e, in conseguenza di ciò, viene spinto a inoltrarsi per conoscerla o cercare di capirla. Così è successo con Palermo, un luogo dove la mancanza di rispetto manifestata da tanti comportamenti di alcuni suoi cittadini non può essere tollerata. Non ho potuto far finta di niente, perché anch’io sono stato coinvolto -e quanto profondamente!- nella vita quotidiana di questa città; non ho potuto far altro che agire, anche se, certo, entro i limiti della mia condizione di straniero, esprimendo la mia opinione di non conterraneo. E quindi, quando sono passato all’azione mediante questi post, tante volte dall’elogio sono passato alla critica, dall’entusiasmo alla freddezza, dall’esaltazione alla rassegnazione o viceversa. Questo perché se non si ha la curiosità di andare oltre, (una delle tante definizioni della facoltà di amare), se non si sente un legame emotivo con l’oggetto del nostro interesse, non si conosce nulla nella sua essenza profonda e nelle sue qualità. E quando uno ha questo desiderio o stimolo di saperne di più del mondo che lo circonda, allora è proclive a dire la sua perché apparentemente sa di cosa sta parlando. Diciamo che la grande considerazione che ho per Palermo mi ha permesso di arrivare, se non al suo midollo (si saprà mai dove si trovi la sua genuina sostanza, la sua vera essenza?), almeno a una parte importante del suo composito tessuto. Questa Palermo che, sempre dentro l’Occidente, allo stesso modo ma diversamente da Napoli, è una delle porte per accedere all’Oriente. Una città che ti fa guadagnare un’altra visione del mondo e che non lascia mai un momento di riposo al tuo sguardo. Uno sguardo che uno si porterà con sé anche come filtro, allo scopo di poter vedere diversamente quello che a sua insaputa ancora lo aspetta oltre il suo prossimo passo.

    Sentimento.

    Ospiti
  • Un commento a “Quaderno di Palermo 35 (ultimo)”

    1. Caro Eduardo, tu, da non palermitano, hai perfettamente compreso la “genuina sostanza e la vera essenza” di Palermo, che sta proprio nel non saperla o poterla mai trovare definitivamente. Ed è pur vero che è una città che non ti può lasciare indifferente, nel bene o nel male. E’ una grande tristezza vedere andar via un cittadino straniero come te, con una coscienza critica e un amore così manifesto per la città che, un tempo, accoglieva gente di tutto il mondo perchè al centro del mondo. Ma credo che, essendo riuscito a scoprirne l’essenza, la porterai tu in giro, dentro un valigia…
      Con stima. P.S. Ogni tanto passa a trovarci almeno nel blog!

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