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venerdì 20 dic
  • Un giorno a TeleJato: ho conosciuto Pino Maniaci

    Appuntamento ore 15 allo svincolo di Partinico. Direzione TeleJato. Hanno impiccato i cani di Pino Maniaci e questo gesto fa incazzare e non poco. Li hanno impiccati dopo averli uccisi con del veleno per topi. Si chiamavano Billy e Cheri le due mascotte dell’emittente televisiva da sempre impegnata contro Cosa Nostra. E più che una visita di cordoglio, questo sembra essere proprio un sit-in di solidarietà. Siamo un po’ ma non troppi, quelli necessari a far capire a Pino che non è solo. Lui non è solo.

    Dinanzi la redazione di TeleJato c’è un silenzio surreale. Aspettiamo giù in attesa che finisca la diretta e ci accolga. Quel palazzo, quel balcone, quell’aria, mi ricordano quelli di Radio Aut di un certo Peppino Impastato. Cambia il set, cambiano i personaggi, ma non cambiano mai i nemici di questa storia. Non appena finito il tg, Pino si affaccia. Un applauso assordante è il nostro saluto. Se lo prende tutto, commosso, c’è chi urla «io sto con Pino», richiamando l’hashtag della campagna lanciata da Ismaele La Vardera e dal Comitato Addiopizzo. Ma basta smancerie. Un «Amunì acchianate» rompe lo scroscio fragoroso delle mani e ci invita a salire.

    Se l’aria aperta non è stata capace di circoscriverci in un numero, dentro TeleJato la mole si fa netta. Siamo in tanti. Al centro il giornalista rompe subito il ghiaccio rivolgendosi a Rosalia Stadarelli, il neoeletto sindaco di Misilmeri dopo una “vacanza” amministrativa dovuta proprio a fatti legati alla mafia. È la sua prima uscita pubblica, indossa la fascia e lo considera come un buon inizio. «Speriamo non ti porti attasso!» replica ironico Maniaci. Anzi incalza: «Dimmi sindaco, ma cu t’u fici fari? Il politico più pulito che conosco ha la rogna».

    Un giorno a Telejato: ho conosciuto Pino Maniaci

    Ne ha per tutti Pino. Ce l’ha con quella che definisce “mignottocrazia”. Ce l’ha con il Pdl, il famoso “Popolo delle Lucciole”. Ce l’ha con i colletti bianchi. Con quell’entità a più tentacoli. In particolar modo Pino è incazzato con chi gli ha toccato il cuore. Ha subìto tante intimidazioni a stampo mafioso. Di automobili gliene hanno bruciate tante. «Per le macchine mi metto a ridere, li sfotto e gli dico “di autosaloni ancora ce n’è. Si ricomprano. Voi a bruciarle e noi a ricomprarle, vediamo chi si stanca prima”». L’intimidazione fa paura sì.

    Ma quello che è successo stavolta gli strozza la gola. Lo hanno colpito in ciò che ha di più caro. I suoi affetti che considera parte integrante della famiglia. «Sono gli animali che ti fanno riflettere, loro sono più umani di noi». Racconta che questi due canuzzi ogni giorno lo accoglievano abbracciandolo. Un abbraccio vero, fisico. In piedi su due zampe, cingevano quello che per noi è un giornalista antimafia, per loro un semplice papà. «Questi cani hanno pagato con la vita la vicinanza a me». Li ha trovati lui in quelle condizioni. Appesi, impiccati con il ferro filato. Insieme. «È stato per me devastante, ed è devastante. Questo non mi fermerà. Ma il mio dolore non si placa».

    Una perdita, un bruciore difficile da superare. È stanco Pino Maniaci. Adesso il racconto si mischia alla commozione. E non la trattiene. Farfuglia mezze parole che non esprimono nulla eppure dicono tutto. Ogni giorno spera di arrivare in redazione e ritrovare Billy e Cheri venirgli incontro. Ma non arriva più nessuno. Un applauso interrompe il pianto. La parola passa agli altri. Tutti sono solidali a Pino. C’è chi ricorda che ancora c’è Cucciolo, il terzo cane di TeleJato scampato all’agguato solo perché in redazione durante l’uccisione degli altri due. C’è chi li apostrofa vigliacchi, chi più esplicitamente «pezzi di merda». C’è chi incoraggia quella “roccia di 20 chili” a non mollare. Ad andare avanti.

    Un giorno a Telejato: ho conosciuto Pino Maniaci

    Ha ricevuto molti messaggi di solidarietà. Da colleghi giornalisti, ad amministratori locali. Da imprenditori quali Valeria Grasso e Gianluca Maria Calì – impegnati nella lotta alla mafia, hanno da sempre denunciato il pizzo – fino a rappresentanti di Stato. «Ieri sera mi ha telefonato Fonzie, eh… Renzi!! Ovviamente è una figura istituzionale e noi l’abbiamo presa come telefonata istituzionale, picchì ci n’erano di ririci na passata di male parole! Vuole venire n’anticchia agghiri ca per capire cosa succede nella nostra terra?». Un grande assente tuttavia. Il presidente della Regione Siciliana non si è fatto sentire a tempo debito. La sua telefonata arriva in ritardo e per Maniaci il motivo è solo uno: durante le sue inchieste, non le ha mandate a dire neppure a Crocetta.

    Terra difficile questa. Terra di mafia e omertà. Riccardo Arena, in rappresentanza di tutti i giornalisti, gli ricorda di non esser solo. Maniaci anni fa fu denunciato per esercizio abusivo della professione e fu “costretto” – così spiega – a iscriversi all’albo dei giornalisti per continuare il percorso di legalità intrapreso nell’ambito delle inchieste contro la mafia. «Sono collega di Emilio Fede – fa notare ironico -. Siamo seimila in Sicilia? Minchia». «Tu fai parte di questi seimila. Minchia! – replica Arena -». Basta lacrime, adesso è tempo di sorridere.

    Un giorno a Telejato: ho conosciuto Pino Maniaci

    Ha 304 querele in capo. «Rumpivu ‘u pallottoliere, ormai non le conto più!». Sospira. Siamo rimasti in pochi. Era la prima volta che lo incontravo in pubblico. Gli ho chiesto cosa suggerirebbe a un giovane che voglia intraprendere questo mestiere: «Di cambiare strada! Oppure di farlo rumpennu cantoniere». Come lui. Che ha sfidato Cosa Nostra portando a galla episodi inerenti alla criminalità organizzata che non hanno di certo reso felici i boss. Avrebbe scoperto di festini a base di cocaina nella Partinico bene e rapporti poco chiari nella gestione dei beni confiscati alla mafia nel palermitano.

    Alcuni giovani giornalisti della sua squadra mi dicono che uno stage in Telejato è pura vita. È una tv a conduzione familiare. Ismaele mi racconta che se vai a Partinico, Pino ti ospita a casa sua. Di giorno in redazione, a lavorare, di sera tutti i ragazzi a casa a mangiare piatti tipici preparati da sua moglie. Un giornalismo all’antica. Fatto per strada. Fatto nel nome della terra del Gattopardo, dove “se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto cambi”. Eppure questa terra è così. Verde e azzurra. Colori che non cambiano mai. «Irredimibile», come disse Sciascia.

    Palermo
  • 2 commenti a “Un giorno a TeleJato: ho conosciuto Pino Maniaci”

    1. Gran bel post

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