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giovedì 19 dic
  • Come favorire il riscatto di Ballarò?

    Volendo ragionare in positivo, la buona notizia è che Ballarò è fondamentalmente un mercato, un mercato storico di Palermo come la Vucciria, il Capo o Borgo Vecchio, e in quanto mercato ha una propria prospettiva economica, quella basata sullo scambio che è alla base di ogni economia. La notizia cattiva è che è un mercato al di fuori delle regole dello Stato: sanitarie, amministrative, fiscali e anche penali, dove i cibi non sempre sono conservati a dovere, dove si apre un’attività senza autorizzazioni e contratti in regola, dove non si rilasciano scontrini fiscali e dove si spacciano droghe o si fa ricettazione di merce rubata, un mercato quindi caratterizzato da un regime di extraterritorialità giuridica garantito da sostanziale impunità. Come rimediare?

    Nei giorni scorsi l’incendio di un pub confiscato al boss Nicchi che alcuni imprenditori intendevano rilanciare in modo legale, ha riacceso i fari su Ballarò: giornali e TV hanno ricominciato a parlarne e lo Stato è riapparso con il suo volto repressivo con retate, sequestri, multe e denunce. Il rituale è conosciuto e, dopo l’impeto iniziale, immancabilmente si ritorna all’anormale normalità, secondo tradizione. Nel frattempo, in uno degli avamposti sociali della Chiesa presente in loco, Santa Chiara, amministratori pubblici, residenti e volontari hanno cominciato a riunirsi già un paio di volte invitati da don Enzo Volpe con l’intento di avviare azioni concrete contro il degrado civile e morale di Ballarò e dell’attigua Albergheria.

    A mio modo di vedere, confortato in questo dal confronto con inascoltati docenti di economia politica, il problema sociale di Ballarò si perpetua perché la sua soluzione richiede tempi maggiori dell’orizzonte di azione di un’Amministrazione cittadina. Un sindaco, come ogni politico, pensa alla propria riconferma oppure alla carriera politica (Regione, Parlamento, Governo, UE) e l’esigenza di ritorni politici a breve mal si concilia con i tempi lunghi di un cambiamento sociale. Il primo fattore di progresso civile ed economico è l’istruzione e la scuola dell’obbligo rientra nelle competenze comunali: parliamo di ciò che gli economisti definiscono “capitale umano” secondo la definizione dell’OCSE: «Le conoscenze, le abilità, le competenze e gli altri attributi degli individui che facilitano la creazione di benessere personale, sociale ed economico». Il deficit di Ballarò è tutto qui.

    Cito Il Sole 24 Ore: «Il capitale sociale s’incrementa attraverso l’istruzione e la formazione professionale formale, ma anche con altre forme di apprendimento nella vita quotidiana o nei luoghi di lavoro e attraverso contatti con la famiglia, i colleghi, le reti sociali e civili. La funzione di apprendimento, e quindi l’accumulazione di capitale umano, si concentra nelle fasi più giovanili, ma si protrae anche lungo tutto l’arco della vita individuale». Dunque parliamo della scuola dell’infanzia e dell’obbligo con le connesse responsabilità dei docenti (quelli che amano sottrarsi a valutazioni oggettive della qualità della loro didattica attraverso test) e amministratori comunali: leggere fiabe ai bambini degli asili di un area sociale problematica, aiutarli a sognare, offrire loro occasioni di fare sport con le virtù e l’inclusione sociale che l’attività agonistica cementa, sono modalità concrete di favorire la crescita del capitale umano di un determinato quartiere.

    E vengo alle soluzioni. Una delle vergogne della politica siciliana, occasione di abusi, sprechi e privilegi, è il campo della formazione professionale regionale dove centinaia di milioni di euro vengono spesi ogni anno con dubbi risultati (non mi risulta che gli imprenditori sgomitino per accaparrarsi i corsisti di attività dai nomi più improbabili, né che i risultati occupazionali giustifichino il lavoro e il guadagno di chi questi corsi li eroga: scuole che fanno normalmente capo a sindacati e politici mentre sarebbe più fruttuoso finanziare direttamente le aziende interessate a qualificare nuovi assunti attraverso stage aziendali da tenere rigorosamente nei distretti produttivi più sviluppati del Paese).

    Se c’è una finalità prioritaria dei fondi per la formazione professionale, questa è proprio l’abbattimento dei divari cognitivi della scuola dell’obbligo per cui un uso intelligente di questi fondi, di cui potrebbero farsi promotori i cittadini e gli amministratori pubblici riuniti a Santa Chiara, potrebbe essere quello di investire attraverso attività di dopo scuola nel quartiere per formare cittadini attraverso lezioni di educazione civica che rendano chiaro perché lo stile di vita di Ballarò non ha futuro, perché conviene che i figli frequentino interamente la scuola dell’obbligo senza dispersione e poiché le cose insegnate a scuola per essere apprese efficacemente hanno bisogno di non essere smentite in famiglia, a questo dopo scuola dovrebbero partecipare i genitori dei ragazzi motivati da un incentivo economico. Del resto, i corsisti della formazione professionale vengono normalmente retribuiti per cui si potrebbe pagare un gettone di presenza al genitore, maggiorato se partecipano entrambi. Oltre all’educazione civica, si potrebbero tenere corsi di lingua (Palermo è una città turistica che non ha ancora espresso interamente il suo potenziale) oppure di informatica: cose utili insomma. Per questi obiettivi sociali ci vuole certamente tempo, ma non è mai troppo tardi per cominciare.

    (foto da Google Maps)

    Palermo
  • 18 commenti a “Come favorire il riscatto di Ballarò?”

    1. Durante la lettura di questo interessante articolo di Donato Didonna inevitabilmente ho pensato a uno dei più importanti sociologi francesi, forse il più importante, Pierre Bourdieu.
      il quale, oltre a insegnare, ha pubblicato tanti libri e ricerche, nei quali uno dei temi predominanti è “la riproduzione sociale”, che lui intende come il fenomeno d’immobilismo sociale intergenerazionale; ovvero, relativamente alla famiglia e/o ceti sociali, mantenere una posizione sociale da una generazione all’altra grazie alla trasmissione di un patrimonio, sia materiale che immateriale.
      La sua teoria si basa su tre principi;
      1) il capitale culturale (conoscenza, studio, titoli) 2) il capitale economico (redditi e patrimonio) 3) il capitale sociale (conoscenza usi sociali, relazioni sociali). L’ineguaglianza nella possessione di questi elementi condiziona le chances di riuscita e determina l’immobilismo sociale, la trasmissione degli stessi schemi sociali (riproduzione sociale)… tranne casi particolari, o eccezionali, di mobilità (ascensione) sociale.
      La premessa serve a dire che mi sembra che nel quartiere in oggetto anni di ricerca e teorie (come questa indicata “la riproduzione sociale”), per quanto scientifiche e provate, sono inapplicabili, se non per quel che riguarda la trasmissione di asocialità e le sue componenti. Ma questa inapplicabilità mi sembra estendibile anche a tutta la società siciliana, visto che stanno “saltando” molti parametri sociali, rimpiazzati da nuovi (e peggiori) modi di vivere socialmente, è in atto la confusione sociale oltre che identitaria, “parametri saltati” ai quali si aggiungono nuove etnie con interessi diversi e nuove concezioni della vita sociale (spesso asociali), insomma non mi sembrano chiari, per il momento, quali sono i valori che determinerebbero crescita sociale, e riuscita sociale (individuale e generale).

    2. @Gigi, molte delle nuove etnie, non tutte, sono abituate a credere all’ascensore sociale rappresentato dall’istruzione e fanno grandi sforzi perché i figli studino ed arrivino a laurearsi, se capaci. Non pensi che l’educazione a partire dalla scuola materna e da quella dell’obbligo con lo sport sia l’unica strada per formare cittadini migliori?

    3. Fatta la lettura dell’ambiente…
      Evidentemente le soluzioni proposte da Didonna sono le SOLE SERIE da applicare. Tranne che non si voglia prendersi in giro, o che non si propongano stratagemmi tendenziosi, o bricolage, a fini elettorali, o per mantenere lo status quo.
      Aggiungerei ogni forma di attività artistica e ricreativa: teatro, spettacolo, studio e pratica dell’arte, attività sportiva, escursioni, viaggi verso altre realtà culturali diverse dalla “sottocultura” del luogo. Sperando di non imbattersi in troppi… intralci.
      P.S.
      Attualmente il buonismo cittadino mi sembra (MOLTO) concentrato nella miseria che viene da lontano, che si aggiunge alla miseria locale, non crea plusvalore ma affossa maggiormente il rating (generale)… ma si sa, l’auto compiacimento che procura la xenofilia è intenso, la miseria locale procura meccanismi opposti, spesso.

    4. Donato, stavo completando il post dove evidentemente preciso che sono d’accordo.
      Ma per quel che riguarda le nuove etnie non sono d’accordo.
      Se parliamo tu ed io in privato finiremo col capirci, ma se inizio qui a elencare tutti i danni che fa l’importazione di miseria, mentre noi – inteso anche come laureati e qualificati siciliani… si prevede che Palermo nel 2050 sarà svuotata di 150.000 suoi cittadini – andiamo a creare plusvalore altrove (costretti la maggior parte), ebbene sicuramente entrerebbero buontemponi che stravolgerebbero il mio pensiero – di tipo economico, culturale, con dati alla mano – e rovinerebbero l’interesse del tuo articolo.
      Potrei elencare migliaia di casi di delinquenza, negozi sui generis che danneggiano economia e decoro ed esportano capitali illecitamente (dice la cronaca), contraffazione e altre attività illecite, abbassamento del costo del lavoro e del potere d’acquisto per gli indigeni. Non vivendo a Palermo probabilmente non conosco quei pochissimi casi, eccezioni, di ascensione sociale riguardanti nuove etnie, che probabilmente venendo da sottozero è già un’ascensione sopravvivere. Ma non sappiamo, ammesso che esistano, cosa ne faranno del nuovo capitale culturale se e quando l’otterranno. Posso risponderti che io lo so quello che ne ha fatto la mia famiglia, e probabilmente anche la tua (permettimi, se sbaglio accetto la correzione) : siamo andati a realizzarlo altrove, io di sicuro, i tuoi figli forse.

    5. Risposta: dandogli fuoco.

      Gigigi, ma i post te li pagano a numero? Oppure t’addormenti sul tasto “invio” e al risveglio mandi il seguito?

    6. Che eri affetto da gravi deficienze (v. etim.) ce lo avevi già comunicato diverse volte, specialmente nel periodo in cui Davide Enia stava firmando i contratti con 16 case editrici di altrettanti paesi per la traduzione di un suo libro, addirittura prima ancora di essere pubblicato. Ebbene, tu, sofferente di invidia atavica, nel maldestro tentativo di ridimensionare il citato Enia, affermavi qui che un suo precedente libro era pessimo, e per chissà quale patologico meccanismo chimico del tuo cervello, ammettevi che giudicavi quel libro pessimo ma ne avevi letto solo la quarta pagina di copertina. ORA ci tieni a comunicarci che quei residui neuroni di allora sono anch’essi andati (bruciati); e l’avvenuta senilità.
      Fai pena… nonostante tutto.
      Qualsiasi essere umano, dotato di normale attività cerebrale, capisce che certe volte le pause (nei commenti in questo caso) sono necessarie… magari non tutti percepiscono tutti i (molteplici) motivi, essendo nella mente di chi scrive, ma si potrebbero intuire, almeno i principali.
      …………………………………………….
      …………………………………………….
      Passando alle cose serie, voglio sottolineare che, nella lista delle mutazioni sociali in atto le nuove etnie le ho messe in coda, e non tra le principali cause, ma sono un dato di fatto, ed è giusto prenderle in considerazione. Per spiegarmi meglio, le nuove etnie hanno un’incidenza nel mercato del lavoro (volutamente al ribasso, grazie al loro utilizzo) e nel commercio (danni all’economia locale, qualità scadente delle merci e dei negozi, quartieri nei quali il rating sociale, economico, culturale è al ribasso). In questi settori, o gli indigeni si adattano (al ribasso) o sono esclusi. E l’esclusione ha delle ripercussioni nella trasmissione intergenerazionale, oltre che a livello identitario e di produzione locale. Anche i bisogni e gli interessi mutano in questo contesto.
      MA PRECISO, si tratta di fenomeno aggiuntivo, perché la base di una società dove sono saltati i parametri, della mutazione in peggio, la società sregolata, quelle sono il risultato della NOSTRA concezione sui generis della società.

    7. Articolo interessante e totalmente condiviso, come condivise sono le riflessioni del sig. Gigi. La società palermitana si sta involvendo a ritmi medievali, non si trovano proverbiali luci in fondo ai vari tunnel, anzi sembra scavare sempre più a fondo.
      La proposta del sig, DIdonna è sicuramente la migliore e la più di facile realizzazione, anche se ci vuole tempo, anzi ci vogliono un paio di cambi generazionali per vedere gli effetti positivi di una nuova concezione dell’istruzione, che non debba essere solo orientata alla parte canonica del termine, ovvero le materie scolastiche, ma si dovrebbe includere anche l’insegnamento di materie “sociali” che possano dare a questi giovani quantomeno un nuovo punto di vista, diverso da quello che loro normalmente vivono nella propria realtà.
      Però tutto questo si perde perché come si nota anche in questo post, su 6 commenti di tre persone diverse, uno di questi è offensivo e poco intelligente, ovvero non porta niente di positivo, nemmeno una critica o un punto di vista diverso. Quindi facendo una statistica in soldoni, possiamo dire che il 33% dei palermitani non fa crescere la società in cui vive, anzi l’affossa ulteriormente, e se ci pensiamo il 33% è tantissimo.
      Sinceramente vostro al 66%

    8. Ovviamente è’ una burla.Fare statistica con un campione che conta quanto le dita di una mano,e dedurre le conseguenze,e’ roba da buontemponi.Considerare buona una proposta che per essere realizzata richiede un paio di generazioni ?

    9. Vi invito a essere rispettosi nei confronti degli altri commentatori. Grazie.

    10. Sig. Rino certamente che la mia era una “roba da buontemponi”, voleva essere una provocazione.
      Parliamo allora della proposta del sig. Didonna, lei crede che ci vogliano un paio di generazioni per cambiare la mentalità di una grandissima parte dei nostri concittadini? Ha ragione, ma è l’unico modo che abbiamo per cambiare un città che è ormai costantemente in declino, ma voglio essere aperto a nuove idee, per esempio lei che propone?

    11. È lei che ha scritto che ….ci vogliono un paio di cambi generazionali…..
      Cioè 40 anni.
      La mia proposta:
      Fuggire da Palermo.

    12. Sig. Rino ho scritto così perché credo che le mentalità o le abitudini sociali se sono sbagliate o controproducenti, si possono cambiare con la cultura e l’istruzione, ma come diceva mio nonno “a lavare a tiasta ru sciaccu si perde l’acqua e u sapuni”, quindi se si vuole migliorare la città si può fare in due modi, o lavorare per 40 anni e migliorarla da dentro iniziando dai bambini, o fuggire come propone lei, ma fuggendo si perde il diritto di critica, o meglio si perde la critica negativa, perché oltre ad aver fatto un favore a Palermo, uno che se ne fugge ha la possibilità di migliorarla da fuori, guardandola da una diversa prospettiva.
      Sinceramente prospettico vostro

    13. senza voler scatenare polemiche, ma sig. Rino la notizia su los angeles è di due anni fa, bisognerebbe vedere come procede ora questa scelta che condivido a pieno, ma stiamo parlando di los angeles, una città che è sempre stata avanti su queste cose, che è inserita in un contesto economico di ripresa come quello statunitense.
      Comunque la domanda mia è questa sig. Rino, ma a lei che consiglia di fuggire da Palermo, che le frega di avere l’energia pulita, o di avere la vucciria senza la devastazione della foto che ha mandato?
      Lo vorrei capire sa perché? perché almeno mi metterei l’animo in pace e direi a me stesso, ma futtitinni, tanto palermo non cambia, altro che los angeles.
      Sincero e californiano come sempre.

    14. Lo sa che e ‘ riuscito a farmi sorridere?Benevolmente,s’intende.Se io avessi vent’anni,lei crede sia corretto attendere il ricambio di 2 generazioni
      cioe quarant’anni,
      per condurre una vita decente a Palermo?
      I miei 2 link sono dedicati a tutti quelli che “sono orgogliosi di essere palermitani “,
      in modo che possano constatare 2 civiltà a confronto.
      Qui conserviamo le macerie .Altrove si costruiscono città avveniristiche,bellissime,funzionali.
      Energie fossili a parte.

    15. Sa sig. Rino mi piace discutere con lei, perché a mio avviso siamo uguali, vogliamo le stesse cose, solo che forse io sono ancora un po sognatore, e a quarant’anni non so se posso permettermelo, e lei alla sua età, che non so quale sia, è un po troppo cinico per poterselo permettere, e credo che ci voglia sia l’una che l’altra cosa,è vero che da altre parti costruiscono il futuro senza guardare indietro, ma senza la base, ovvero la cultura e l’istruzione non si va avanti io credo….
      grazie del sano confronto comunque sig. Rino.
      Sinceramente cinico e sognatore, suo.

    16. Concordo pienamente con la sua affermazione.Senza cultura ed istruzione non si va da nessuna parte.
      Come crede che vengano costruite quelle città meravigliose?Dando spazio ad ingegneri ed architetti che arrivano da ogni parte del mondo.E tra essi ci sono anche quelli provenienti dall’Italia e da Palermo.
      Palermo sforna ingegneri ed architetti che migrano negli Usa .Arricchiscono ulteriormente un paese già ricco
      Così Palermo rimane ingessata nel suo degrado.E una questione politica.Voluta da gente rapace ed incapace.

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