Strage di via D’Amelio: ci fu depistaggio, Fiammetta Borsellino chiede indagini sui giudici
È stata depositata la sentenza della Corte d’Assise di Caltanissetta che nell’aprile 2017 ha concluso l’ultimo processo sulla strage di via D’Amelio del 1992 in cui morirono Paolo Borsellino e gli agenti della sua scorta. Si attesta che nelle indagini c’è stato «uno dei più gravi depistaggi della storia giudiziaria italiana».
Servitori infedeli dello Stato convinsero alcuni criminali, tra cui il falso pentito Vincenzo Scarantino, ad accusarsi per costituire una falsa verità. Si sospetta che si sia voluta occultare la «responsabilità di altri soggetti per la strage, nel quadro di una convergenza di interessi tra Cosa Nostra e altri centri di potere che percepivano come un pericolo l’opera del magistrato». Il funzionario di Polizia Arnaldo La Barbera, morto nel 2002, sarebbe coinvolto nella sparizione dell’agenda rossa del giudice Borsellino che teneva nella sua borsa il giorno dell’attentato e che probabilmente contiene elementi utili alla ricostruzione della verità.
Fiammetta Borsellino, figlia di Paolo, torna a chiedere la verità: «Queste motivazioni non sono un punto d’arrivo, ma di partenza. Bisogna andare avanti processualmente per accertare le responsabilità di chi ha commesso i reati, ma anche dei magistrati che controllavano e coordinavano le indagini. […] Anche se non emergono profili di reato, esistono lacune gravissime e inaudite, sicuramente funzionali a quello che è successo e che devono essere attestati dai competenti organi dello Stato, non solo le procure, ma anche il Csm. E il presidente Mattarella, in qualità di presidente del Consiglio Superiore della Magistratura, si deve fare garante che questi assolva i propri compiti istituzionali, cosa che lo stesso Csm fino a oggi non ha fatto».
[…] ROSALIO 2.7.2018 […]
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