Toponomastica siciliana irriverente e politically incorrect: Giuseppe La Farina
Giuseppe La Farina nacque in Sicilia e fu un letterato, uno studioso di storia ed un politico “italiano”. (Messina, 20 luglio 1815 – Torino, 5 settembre 1863). A lui sono dedicate diverse strade principali a Palermo e Messina e in diversi paesi e città, siciliani e italiani.
Fin dalla gioventù le sue simpatie furono esterofile, primo tra tutti tal Giuseppe Mazzini, a seguire il Conte di Cavour, al secolo Camillo Benso.
Nel 1835 si laureò in diritto all’università di Catania.
Fu fondatore e redattore di numerosi giornali, autore di diverse opere storiche, politiche e geografiche.
Nel 1837 fu accusato di far parte di società segrete. In seguito a ciò dovette lasciare Messina e si trasferì a Firenze.
Ma nel 1848, testardamente, ritornò nuovamente in Sicilia partecipando alla rivoluzione siciliana, schierandosi contro i Borbone.
Ebbe appena il tempo di essere ministro dell’istruzione e poi ministro della Guerra per il Regno di Sicilia, che dovette lasciare l’isola nell’aprile 1849 perché riconquistata dai Borbone.
Il nostro prode fu in esilio in Francia, e poi in Piemonte. Nel 1856, non soddisfatto di ciò, assieme a Daniele Manin e a Giorgio Pallavicino Trivulzio fondò la “Società nazionale italiana” un’associazione che sperava di orientare l’opinione nazionale a favore del Piemonte e del conte di Cavour, di cui era grande amico. Supportò anche Garibaldi e le sue prodezze in Sicilia, con tutti i mezzi a sua disposizione.
Nel 1860 La Farina venne spedito in Sicilia per controllare Garibaldi, ma lo stesso lo rimandò subito indietro perché non aveva affatto apprezzato il suo voto a favore su Nizza.
Sempre in quell’anno, il 1860, fu nominato Consigliere di Stato e consigliere della Luogotenenza del Re per la Sicilia sia per la sicurezza che per gli affari interni.
Nel 1860, per smentire le vecchie accuse di appartenenza a società segrete, si iscrisse alle Logge massoniche “Ausonia” e “Il Progresso” di Torino e successivamente alla “Osiride”.
Eletto deputato al primo parlamento italiano nel febbraio 1861, nel collegio di Messina, fu nominato vicepresidente della Camera nel maggio 1863.
Si spense nel settembre 1863, a soli 48 anni, e fu tumulato a Torino. Lo hanno restituito a Messina e alla Sicilia nel 1872, non per meriti a favore della sua Terra, forse piuttosto per diritto di competenza territoriale.
Allura….puru Iddu cci curpa!!!!
Quindi sarebbe stato politicamente scorretto desiderare una Italia politicamente unita e agire per questo obiettivo.
Posso ricordare che siamo da tempo entrati nel secondo millennio e che valide ragioni geopolitiche ci consigliano, per valere una cicca di fronte ai colossi della politica mondiale, di costruire gli Stati Uniti di Europa?
Gentile Loretta, ciascuno di noi può pensare in assoluta libertà, bene o male dell’Italia unita. Esistono oggi motivi a favore e motivi contrari, come ad ogni bivio.
Qui tuttavia si descrivono le modalità di esecuzione, e queste non furono particolarmente ortodosse.
La Sicilia non fu liberamente convinta di unirsi al resto dello stivale. La storia, quella vera, ci racconta di banche siciliane depredate di tutte le riserve aurifere (importi pari a circa 90 milioni di euro odierni) , di moti popolari fortemente contrari al cambiamento. Del resto, se così non fosse stato, se i siciliani fossero stati d’accordo, perché mai Giuseppe La Farina avrebbe avuto necessità di creare associazioni di promozione di un pensiero favorevole all’annessione?
E perché mai sarebbe stato esiliato all’estero, se non proprio perché considerato un traditore da molti siciliani?
Sono d’accordo con la signora AngelaTerrazzini su quanto detto. Basta prendere visione dei valori economici del Regno delle due Sicilie in rapporto a quelli del regno di Piemonte Sardegna ai tempi dell’annessione. Come se un topolino avesse mangiato un gattone di grossa taglia.
Ormai è assodato che la cosiddetta “impresa dei Mille” ha troppi lati oscuri, e che si basò più sulla corruzione dei vertici dell’esercito borbonico che su vere vittorie militari sui campi di battaglia.
E in questa azione corruttiva il La Farina svolse una non encomiabile funzione nel passaggio delle mazzette dalla massoneria britannica ai corrotti generali duosiciliani. Abbiamo dedicato una via a un corruttore, che ha svenduto uno Stato di sette secoli, il Regno di Sicilia, per cui aveva combattuto i Borbone di Napoli, ad uno Stato sabaudo canaglia e ladro (che da allora in ciò non è molto cambiato), che di liberale aveva solo il nome ed era servo di poteri innominabili!
Si sa bene infatti che gli inglesi, potere militate imperialista dominante il XIX secolo, vollero la creazione nell’attuale territorio italiano di uno Stato centralista a loro asservito, per controllare meglio il mediterraneo (ruolo oggi fatto proprio dagli USA, più invasori che alleati, con un centinaio di basi).