Commesse
Sono sicura che tutti sarete d’accordo con me nell’ammettere che lavorare, qualsiasi sia il lavoro svolto, pur nobilitando l’uomo, è una gran camurria. Dato per assodato questo, ci sono lavori e lavori. Ognuno con i suoi pro ed i suoi contro. C’è però un lavoro che, secondo me, nella nostra città, è svolto in modo quanto mai originale. LA COMMESSA.
La premessa è che: trattasi, nella gran parte dei casi di un lavoro di ripiego, mal o sottopagato, le ragazze sono spremute al limite delle loro forze, non hanno ferie, malattia e se restano incinte sono licenziate e quante più cattiverie immaginate, ma, data questa come giustificazione (?), mi permetterei di classificare le commesse della nostra Palermo in alcune categorie.
- A. Quelle con la ciunga. Sarà deformazione professionale o paranoia professorale, ma io una che mi si rivolge, mentre lavora, masticandomi in faccia la ciunga con la bocca aperta proprio non la reggo. Di solito quelle con la ciunga hanno pure le tappine e strascinano i piedi negozio negozio.
Aneddoto 1: desidero comprare un portagioie ad una mia amica, mi reco in uno degli svariati negozi di pelletteria low-cost della città e vengo servita (si fa per dire) da una commessa con la ciunga e le tappine che, non trovando la busta di plastica trasparente a protezione dell’oggetto da me scelto, gliene infila un’altra più piccola a forza, spardandola tutta. Quando trova quella giusta, rigirandosela tra le mani, esclama “Ah! Forse è questa!” e la mette di lato. Al che ho dovuto io dire “mettere la plastica giusta no, eh?” e lei “Ah, la vuole messa?” tutto continuando a masticarmi in faccia la ciunga e facendo palloncini di tanto in tanto. Dulcis in fundo, fatta la confezione regalo, al momento del pagamento la povera stella ha scoperto che non poteva vendere l’articolo perchè non so che era successo ai codici a barre e lei si è guardata bene dallo spiegarmelo (e pure dal saperlo prima, se dobbiamo fare i pignoli!). Morale: “Eahhh non glielo posso vendere. Può vedere nel negozio di Carini”. Certo gioia, perché non a Milano direttamente? - B. Quelle che ti tampinano. Solerti, non c’è che dire. Entri in negozio e dici “Posso dare un’occhiata?” e loro “Certo”. Solo che ti seguono attaccate al tuo culo finché stressata e senza avere comprato nulla te ne vai dal negozio, con una sensazione di ansia che prima non avevi.
- C. Quelle che c’abbutta. Lo vedi che sono là perché proprio devono, ma si legge loro in faccia lontano un miglio che proprio ci siddìa. Infatti, di norma, ti accolgono smanettando col telefonino e la domanda che ti rivolgono è: “Che desiderava?”. Ma in che senso, scusa? Che desideravo quando? Ieri? Sono appena entrata e mi sa che l’unico desiderio che susciti è quello di uscire dal negozio.
- D. Quelle nuove. Povere, ce la mettono tutta, sono gentili, si sforzano, lo vedi. Solo che non ce la fanno. Non è cosa loro, proprio.
Aneddoto 2: entro in un altro negozio di pelletteria (che ci posso fare? Mi piacciono borse&co.) e paziente attendo che si liberi una commessa. Quando è il mio turno chiedo “vorrei vedere dei portafogli da uomo” e la neo commessa mi guarda sgomenta e balbetta “No, no, no non è possible…sono là” e mi indica, come se stesse additando la materializzazione subitanea di Mefistofele, una sua collega sepolta da merce appena arrivata da mettere a posto. Ma farle a negozio chiuso ste cose no eh? Morale dell’aneddoto 2: chiedo basita “Ho capito bene? Non posso acquistare un portafogli da uomo perchè lei non può prenderlo?” e lei “Sì, forse domani”. Ah, vabbè. Domani. C’u friscu.
Potrei continuare…ma preferisco fermarmi qui. Magari lo fate voi?
Maria, i tuoi post sono sempre divertenti e rispecchiano la realta. Purtroppo se trovi commesse così è dovuto al fatto che, come tu stessa scrivi, sono sottopagate e lavorano 14 ore su 24. Capisco che una commessa, come un qualsiasi impiegato a contatto con il pubblico dovrebbe sempre essere allegro, cordiale e disponibile però mettiamoci nei loro panni…
La colpa è tutta di chi li seleziona!
Il titolare che non si accorge e non corregge le proprie commesse è più vastaso e impreparato delle poverette che assolda.
Del resto, a Palermo, fare la commessa (o il commesso) non può essere un lavoro gratificante, se vengono assoldate soltanto giovanissime disoccupate impreparate. L’unico requisito essenziale è il non avere progetti per il futuro perchè “gioia mia più di così non ti posso aiutare..”
Perchè non parliamo un pò dei clienti vastasi? quelli che appena vedono la commessa finire di piegare le maglie, cominciano ad aprirle tutte quante e porle alla rinfusa, o quelli che ti fanno prendere mille capi, e poi non acquistano nulla, oppure fanno scivolare un vestito dalla gruccia e lo lasciano a terra, provano le scarpe e le lasciano dove capita, o provano i capi nei camerini e li lasciano lì e potrei ancora continuare…
Maria, che bello ritrovarti! Bentornata e grazie per avermi fatto iniziare la giornata con un sorriso!
Mia sorella lavora da Nice….o corso olivuzza 😀
Ne avrei da raccontare,ha una collega,che credimi,tutto potrebbe fare tranne che aver a che fare con la clientela,raffigurare tutti i punti che hai elencato,e ne mancano,uno potrebbe essere,Impittusa,nel senso che impittia con i clienti se non gli stai bene,è uno spettacolo,panza i canigghia e ombellico di fuori con pinocchiotto viola e scarpe oro.
la ciungam?? due bighibabol in bocca,che solo a masticarne una ci vuole a vucca a tipu mulazza,figuriamoci due.
E’ vero. Spesso chi assume è più vastaso e incompetente di loro.
@Mary: sarebbe bello parlare pure dei clienti vastasi, ma non ho molta esperienza, dovrei fare un lavoro di osservazione giornalistica;-)
Secondo me e’ uno dei problemi di questa terra: abbiamo mediamente un customer service pessimo.
Puoi avere il sole, il mare, la buona cucina, ingredienti freschi, e bellissimi posti, ma se non ci si mette in testa che il cliente fa coccolato e bisogna esaudire tutti i suoi desideri, non si fa strada.
Non ce l’ho con i commessi, ce l’ho con i proprietari dei negozi che non si occupano del problema, i.e. licenziare le commesse incapaci, assumere (pagando) quelle brave.
Forse il commento e’ troppo piu’ serio del post, pero’ si e’ toccato un mio tasto dolente.
ve ne racconto una io!Sembra uscita dal film “Pretty Woman” soltanto che io, ancora non faccio quel mestiere e non sono bello come Giulia Roberts.
Tanti anni fa, e Siino può confermarlo, pesavo la bellezza di 160 kg (oggi sono 93); il mio abbigliamento d’ordinanza, per ovvi motivi, era tuta Adidas con Lacoste (non per fighetteria ma perchè, essenzialmente, era l’unica maglia decente che venisse prodotta in “taglia panzone”. Una volta, dopo natale decisi di andare a comprare qualche polo nuova e, per sentirmi un filo diverso, decisi di provare a cambiare marca. Presi tutti i soldi accucchiati tra natale e risparmi vari e mi recai da Giglio. Entrato lì mi “accolse” una commessa assai garbata che mi disse “desideri?”
“cercavo delle polo per me…abbastanza extralarge” dissi con un sorriso”
Risposta schifata “non credo che qui ci sia nulla di adatto alla tua mole…puoi provare in un negozio specializzato”
Una risposta del genere avrebbe, penso, ammazzato chiunque. Io, invece, sempre con u8n sorriso risposi “mi chiama il direttore prego?”
La commessa a quel punto capì la castronata appena commessa e cerco di giustificarsi. Fui irremovibile.
Andai dal direttore con lei a fianco “muuuuuuta” e gli raccontai la cosa aggiungendo che avevo intenzione di spendere parecchi soldi nel loro negozio mostrandogli anche, dio che sfacciatagine, il contenuto del portafoglio. Il direttore si scusò in tutte le lingue che conosceva invitandomi a scegliere quello che mi piaceva e promettendomi uno sconto extra per scusarsi del comportamento del personale. Me ne andai a testa alta.
Non ho più messo piede in quel negozio!
io credo che, al di là dei soldi che si intende spendere in un negozio, anche se devo spendere 30 centesimi, anche se sono indecisa e non so se comprerò qualcosa, il cliente vada comunque rispettato.
è anche vero che il mercato del lavoro oggi a palermo è davvero squallido e tremendo e molti si accontentano o si devono accontentare.
è bello e importante riuscire a fare un lavoro che si ama, al di là della retribuzione (che ha un peso enorme, ovviamente).
io divento pazza quando alle commesse 16enni/18enni, mi rivolgo dando del lei, per educazione, e mi rispondono con “sì giò ora te lo prendo!”… 😐
Anche a me è capitata un’esperienza poco piacevole da Giglio. A Natale mio fratello mi regala una borsa Prada non di mio gusto. E allora decido di cambiarla. Arrivo in negozio e una commessa, gentile per carità ma per niente proattiva, comincia a farmi vedere articoli che non c’entravano niente con quello che avevo richiesto:
le dico: cambio questa borsa perché non mi piacciono i loghi in bella vista e lei cosa fa? Mi fa vedere altre borse piene di loghi. Stremata decido di cambiare articolo e lei mi risponde che ormai sono a fine stagione ed è rimasto poco. Mi manda negli altri negozi e anche lì un entusiasmo che non ti dico. Scoraggiata torno sui miei passi e la commessa mi propone un buono, accetto. Mi reco alla cassa e la tipa che era lì con un tono acido mi apostrofa: Con tutta questa merce non è riuscita a trovare niente?
Per farla breve: ritorno a maggio e la prima cosa che faccio e andare da Giglio per riscuotere il buono. Per fortuna trovo un paio di sandali di mio gradimento, pazienza se devo aggiungere 80 euro di tasca mia, me li provo e noto che la fibbia del cinturino è leggermente storta, faccio notare la cosa e cosa mi rispondono: “Può andare da un calzolaio, gliela mette a posto”
Sono uscita dal negozio inorridita. E questa sarebbe la boutique di lusso di Palermo?
Dovrebbero fare un giro per via Montenapoleone per rendersi conto che lavorare per il lusso non significa tirarsela.
@Manuela: in via Montenapoleone, male che vada, arriva un petroliere russo di dubbio gusto. Da Giglio, bene che vada, arriva un coccio di tacca chin’i piccioli che si vuole comprare gli occhiali da 1000€ di Lapo Lapo!!
E’ il target che è differente! Il cliente medio di Giglio è cafone tanto quanto le commesse! Oppure è una ragazzina di 16 anni con Vuitton marrone e Shox rosa…
il tuo è un affresco quanto mai REALE!
Ciao a tutti ! Anche a me è capitata un’esperienza poco piacevole da Giglio! Ho comprato un paio di pantaloni bianchi Prada e dopo il primo lavaggio la targhettina minuscola di cuoio si è scolorita e ha macchiato di marrone indelebilmente il pantalone all’altezza della cintura!(ho provato di tutto: candeggina, lavaggi vari..) In conclusione, o li metto con una cintura o sembrano sempre sporchi! Mi sono accorta che non sono stati fabbricati in Italia ma in Bulgaria..vuoi vedere che pure il Sig. Giglio vende merce contraffatta del “mercato parallelo”, ovvero anche Prada vende prodotti made in Italy e prodotti proveniente dall’estero facendoteli pagare tamquam un prodotto italiano?
Vi consiglio di stare attenti all’etichetta interna!
buona giornata
daniela
Poi ci sono le commesse che inspiegabilmente hanno già ogni capo che tu vuoi acquistare, oppure ce l’ha già la loro madre, la loro sorella, la loro cugina e così via.
Cercano quindi di vendertelo, facendo leva sul fatto che loro l’hanno provato ed…ovviamente…ha una riuscita fantastica!
Quanto gongolo…nel vedere tutto questo malparlare di Giglio. Mi piace la clientela esigente che non si vergogna di fare cattiva pubblicita’. Ci vorrebbe piu’ spesso questo comportamento.
io non sono commessa però voglio dire la mia cioè lavoro in un ambiente dove il mio capo se la fa’ con la segretaria e lui fa il burattino nervoso è lei la padrona e rende lui incapace di intendere e di volere e quando faccio una domanda lavorativa a lui, risponde lei sempre,lui zitto, idda e a cucchiara ri tutti i pignate insomma che dite?
Fra le categorie di commesse che la sig.ra Cubito ha enumerato detesto quelle che ti tampinano, come se da un momento all’altro tu dovessi rubare qualche articolo dal negozio e loro lì pronte ad acciuffarti. Poi quelle che non appena varchi la soglia del negozio, sei lì che hai appena messo il piede sulla lastra di marmo che divide il marciapiede dal pavimento del negozio esclamano “Desidera?” Aspetta un attimo, fammi prendere coscienza di cosa vendete e poi te lo dico. Di solito faccio il vastaso, tiro dritto e non rispondo, ignorandola. E per ultimo la categoria delle commesse davanti la porta con la sigaretta o la ciunga che per entrare devi chiedergli pure “scusa ti canzii?”
@Lilly: che uomo di spessore e di tempra è il tuo direttore, un uomo deciso e forte, che sa quello che vuole dalla vita (nto n’occhio) i proverbi sono sempre veri: quanto tira un pelo ecc ecc neanche un carro di buoi potrebbe
le commesse maleducate o incapaci da noi sono tante, come quelle che pur vedendoti in difficoltà nel provare delle scarpe, dopo avertele date in mano, restano dritte a guardare indifferenti e impazienti…. Ma come sono state assunte? sono amiche o parenti di chi? questo è il problema, non si valuta sulla professionalità ma sulle conoscenze!
Le mie figlie ed io abbiamo battezzato un negozio del paese in cui vivo, “il negozio con le commesse tasce”.
Trattasi di negozio con merce a basso costo e a dire il vero anche un po’ tascia di suo, però se scavi, qualcosina la trovi.
Alla domanda “scusi signorina dove sono i giubbotti”, la commessa tascia ti risponde “lààààà sonooooo”, indicandoti la posizione con un cenno del capo e restando seduta sullo sgabello trispite a parlare di cose del tipo “io allora ci rissi, lui allora mi risse, chiddi allora mi rissero” con la collega tascia pure lei che commenta sputacchiando una mezzaluna di unghia, “mariaaaaaa giuraaaaa, ma vero èèèèèè?”
Ogni tanto ci lanciano un’occhiata per vedere se rubiamo e gridano “peccottesia non scombinate le maglie”.
hai fatto proprio bene BENY a volere parlare con il direttore….e bisognerebbe fare cosi non solo nei negozi, ma anche nei ristoranti o in genere in qualunque luogo in cui il cliente viene trattato con i piedi. pechè non dobbiamo dimenticare che noi usciamo soldini, mica ci regalano niente!!!
… scusi che taglia è questo vestito?
una L!
posso provarlo?
uhm… no, (e squadrando dalla testa ai piedi) ho paura che possa STRAPPARLO!!!
Ma dico si può essere pagate per insultare la gente?!?
Datori di lavoro, fate qualche corso di psicologia su come porsi verso il cliente, magari scoprirete che le vendite si incrementano.
(Fatto realmente accaduto riportatomi fedelmente dalla protagonista , e per il quale la suddetta commessa deve ringraziare S. Rosalia per non essere stata brutalmente “scavigghiata” a terra 🙂 )
@Laura: troppo ridere!Ci voglio andare!
se si organizzassero concorsi a premi su “la commessa più brava e gentile” o si distribuissero questionari al pubblico in ogni negozio tipo “custmer satisfaction”, sicuramente gli atteggiamenti cambierebbero…
…scusi che taglia è quell’abito?
una L!
potrei provarlo, per favore?
Uhm… no, (e squadrandola dalla testa a i piedi), ho paura che si possa strappare?!?
Ora dico io, ma si può essere pagate per insultare la gente!
Cari datori di lavoro, spendetele due lire in più per la professionalità o fategli fare dei corsi sulla psicologia dell’approccio al cliente, magari cominciate ad incrementare le vendite!
(Fatto realmente accaduto, raccontatomi dalla protagonista, per il quale la suddetta commessa deve ringraziare S. Rosalia per non essere stata brutalmente “Scavigghiata” a terra) 🙂
skerzi? palermo una merda?.. ma smettila… i palermitani…. molti.. di loro… e quindi di noi… facciamo skifo.
Poi ci sono le commesse di una volta di Ugonì( ma esiste ancora?).
Avevano nomi tipo Marialessandra, Carlalberta, Elenariccarda e Francescamariateresa.
Vestivano con tagliurino blu, camicia bianca e fularino al collo. Mesciate e con filino di perle al collo, avevano tutte o quasi la erre moscia.
Qualcuna aveva pure il doppio cognome.
Quando entravi ti squadravano dalla testa ai piedi e ti rispondevano “non trattiamo questi articoli” anche perchè tu inevitabilmente con la goffaggine che contraddistingue chi di cognome ne ha uno solo, chiedevi se avevano la colonia della Compagnia delle Cinghie in offerta.
Poi si concentravano immediatamente sui cataloghi di Roger & Gallet come se fossero una lista d’attesa per i trapianti.
…..è quando lo stipendio ti tocca il 3 è te lo danno sempre il 15 dicendoti va be’ che ne deve fare dei soldi
commessa
…..piuttosto che smerdarci a vicenda, perchè non proviamo a dare a queste/i commesse/i una formazione professionale, un contratto di lavoro, dei turni dignitosi, le ferie pagate, le malattie e tutti i diritti discendenti da un cotratto, allora sì che protremmo stilare le categorie.
E’ bello fare le premesse e poi concentrarsi sul resto!!! E’ come sparere sulla croce rossa!
chi assume cerca solo poche pretese al giorno d’oggi, non professionalità..
non sono classista, anche se soffro di una certa intolleranza alla noncuranza estrema del palermitano medio-basso che si percepisce in un certo tipo di commessi/e o camerieri/e..
del tipo “ti rispondo non perchè ritengo sia giusto ma sol perchè in questo momento non ho di meglio da fare”, messaggio che si recepisce già dal tono di voce, da come non si faccia uno sforzo per scandire bene le parole e tentare di farsi capire al meglio..
forse non mi so spiegare bene
Bellissima la storia di Beny da Giglio. Ogni tanto sogno di vincere al superenalotto, poter “scambiare” tutti i soldi in banconote da 10 euro, cosi’ sembrano di piu’, metterli in uno di quei bauli della nonna e trascinarli fino all’ingresso di un paio di negozi-di-carognette (e uno sportello bancario) qui a palermo… e fare pure io una cosa alla pretty woman… solo per il gusto di vedere le facce impallidire e diventare verdi come un prato all’inglese… Poi i soldi li darei pure in beneficienza… (non tutti, sono onesto…)
Ti provi un capo , ti sta malissimo ma la commessa ti dirà : ” Le sta benissimo” .
A luglio sono scesa a palermo e con i miei siamo andati a cenare in un ristorante a Mondello, ora, a prescindere dal fatto che secondo me il pesce se lo cucinava mio padre veniva piú buono, non vi dico la maleducazione del cameriere, sembrava quasi che fosse lì per fare presenza e non per lavorare.
La prima diatriba è nata nel momento in cui abbiamo chiesto dei ricci, la risposta è stata: “no mi dispiace non ne abbiamo, ma se volete c’è un’ottima pasta con i ricci”…mmm ma se non ne avete ricci allora come la fate la pasta? ovviamente mio padre, che confesso è un pó polemico, non se l’è tenuta e gli ha risposto “no grazie, condimenti congelati non ne vogliamo”.
Il cameriere ferito nell’orgoglio c’ha subito tenuto a difendere il piatto, ma ovviamente nessuno di noi gli ha dato retta e abbiamo ovviato per altro.
Alla fine della cena mio fratello si è azzardato a chiedere al sopracitato cameriere un sorbetto con vodka, ma il tipo ha subito detto: no non ne abbiamo, ma c’è un buonissimo profitterol con la panna”
A parte che se uno mi chiede un sorbetto, che solitamente serve per digerire tutto quello che ho mangiato, tutt’al piú gli propongo un amaro e non una bomba calorica che gli bloccherá la digestione per il prossimo mese, ma poi in un ristorante che si spaccia per essere “chic” se un cliente ti chiede una cosa così semplice perchè non provi ad andare dal proprietrio e vedi se la cosa si puó in qualche modo risolvere? magari tu non lo sai e la vodka ed il gelato al limone ci sono…
Bè per farla breve mio padre una volta pagato il conto è andato a lamentarsi con il proprietario e lui cos’ha risposto? “c’ho poteva dì che voleva o sgroppino!”
Quindi alla fine, forse forse, prima di prendersela con i poveri commessi o camerieri che siano bisognerebbe prendersela con i proprietari che dovrebbero imparare a trattare e rispettare i clienti.
Credo che il caso debba essere approfondito:
partiamo dal principio che tutto il mondo è paese, con le dovute eccezioni.
Quello che succede a Palermo succede anche altrove con la sola differenza che quando entri nel negozio le commesse o commessi ti salutano ( e spesso parlano anche inglese).
Vorrei spezzare una lancia in favore della categoria commesse/i, perchè è uno dei mestieri più sfruttati che esistano. A meno che non si faccia parte di grandi gruppi (la Rinascente, Oviesse, Upim etc.) il piccolo negozio, ovvero il commerciante, tende a risparmiare sulla qualità della forza lavoro o pretende grande professionalità a basso costo. Non dimentichiamo gli orari di lavoro, tutti i sabati e molte domeniche, gli stipendi scarsi ed in ritardo, ferie e permessi negati et.etc.
Mettiamo anche in conto che l’italiano non serve.
Non nel senso che è inutile come popolo, ma nel senso che non vuole servire i suoi simili e se lo fa, cerca di farlo con quell’atteggiamento di dispezzo verso il prossimo, non capendo che fare il commesso, il cameriere, lo sportellista in banca o nei pubblici uffici, non significa essere inferiori al resto della popolazione, ma fornire un servizio per rendere migliore la vita degli altri ed essere pure pagati.
Per fornire invece un contributo al tema: “Commessi, se li conosci, li eviti” quelli che proprio mi stanno sui cabbasisi sono tutti coloro che sono convinti che i prodotti da loro venduti siano internazionalmente conosciuti e che il loro brevetto sia nei geni dell’essere umano. Esempio:
“Vorrei una scheda per la macchina fotografica”
“DI che tipo?”
“In che senso?”
“SD, SDHC, XD, pci, DC, PSI” e cominciano ad elencare tutti i tipi di schede create ed ancora in fase di progettazione, dando per scontato che tu sappia quale siano le differenze.
“Se non ricordo male è SD”
“DA quanto?”
“In che senso?”
“Da 512mb, da 1,2,3,4,5,10 GB”
“Non lo so, che prezzo hanno?”
“Dipende da quella che vuole”
A questo punto compri un rullino da 24 nel supermarket vicino casa.
Entro in una specie di negozio-bazar di medio-bassa consistenza.
Non cercavo nulla in particolare, ma solo vedere se poteva interessarmi qualcosa.
Giravo, abbandonata,(a dire il vero senza neanche salutata) tra esposizioni varie, quando il colore di un capo piegato e riposto nello scaffale attira la mia attenzione.
Ho avuto l’ardire di abbassarlo di poco con un dito per fare in modo di non essere ingannata dalle luci:
AHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHh!!!!!!!!!!La merce è tutta esposta; non c’è bisogno di scuncicare chidda piegata!questo ho potuto dirvelo; quello che non posso fare è darvi modo di ascoltare il tono usato e che era un misto della madre inc…. quando il figlio rimette in disordine, senza poi riordinare,per l’ennesima volta i giocattoli nella stessa giornata,il rimprovero autorevole fatto a chi non rispetta una legge dello Stato condito dai modi e di una lavandaia.
Quando ho fatto notare che non mi sembrava il modo di trattare una cliente e ho chiesto più educazione mi è stato risposto che la maleducata ero io.
@Beny: i cafoni sono dappertutto e in via Montenapoleone ce n’è una grande concentrazione. Ma i commessi delle boutique di lusso sono dei veri professionisti.
Disponibili, sorridenti e discreti. Io mi aspetto che in una boutique del calibro di Giglio ci sia lo stesso tipo di professionalità e invece no. Ma non dobbiamo generalizzare: ci sono altre boutique a Palermo, forse meno glamourous di Giglio ma altrettanto lussuose dove i commessi sono bravissimi.
a me una volta è successo di andare da prima visione quello di fronte olimpia e siccome le commesse da quello che ho capito lì le pagano a provviggione mi hanno assaltato in 5 per comprare qualcosa.
ma io dico pagatele bene le commesse che sono troppo sfruttate e fanno un lavoraccio no cosi’ pure a provvigione vergogna, oggi tutto è una provviggione
Il vero problema è che in giro c’è una forte crisi, ma proprio forte, e che ogni volta che entra un cliente dovrebbero stendergli il tappeto rosso se vogliono sopravvivere, non trattarlo con sufficienza e disprezzo.
beh…non per fare il solito “europeista”! A Londra o Parigi i commessi ti trattano come se fossi lì per spendere una milionata di euro! Ti seguono, si sforzano di capire se non ricordi questa parola o quel concetto nella loro lingua…purtroppo i cafoni siamo noi italiani!
Scena da film:
Londra, Oxford Street, negozio di scarpe superfigo, saldi, MANICOMIO. Io accompagno la mia ragazza che è a caccia di scarpe in saldo. Sto seduto in un angolo osservandola mentre si prova il 44esimo paio di scarpe! La commessa, sorridentissima nonostante stia badando a 10 persone e nonostante la mia ragazza stia provando quasi tutte le scarpe del negozio, la segue con attenzione; la mia lei che parla inglese sì ma non perfettamente si sforza di chiedere questo o quel paio di scarpe di questo o quel colore; l’interazione è praticamente perfetta! Entrambe si capiscono alla grande. Ad un tratto la mi mente ormai assente viene richiamata all’ordine dal classico accento un po’ “burino” di certi abitanti della nostra capitale.
“ma io non lo capisco…qua nessuno che parla italiano! E’ ‘na cosa scandalosa!!”. E giù a parlare in italiano facendo gesti per farsi capire da quella disgraziata rea di non parlare una parola di italiano; il tutto ovviamente condito da “trentotto…te dico tre-otto…questa è scema…non capisce!”. Dico io sei a Londra…parla inglese…o almeno provaci! Ti si chiede di parlare inglese non lituano!! Però la demente è lei!
Quindi non stupiamoci…gli italiani, come al solito, hanno quel che si meritano!
ops…ho fatto macello con il nome 😀
La categoria in cui spesso mi capita di incappare, quando mi trovo con il mio ragazzo, è quella delle “commesse ‘ntricanti/tappinare”.
Poiché lui è campano, dal tipico accento partenopeo, non appena apre bocca, puntualmente la commessa di turno viene colta da un’illuminante intuizione ed esclama: “ma tu non seeei di quiii!!! ma di dove seeei di napoli? ah ma come mi piace questa parlata…” e seguono svariati complimenti, mentre io lì vicino penso tra me e me “ma un kilo e mezzo di caz.. tuoi no eh?”.
All’inizio lui rispondeva cortesemente circa le sue origini, dopo un pò si è scocciato e alla solita domanda, risponde: “No no, sono di Palermo” e loro, alquanto sorprese, “veeroo?! miiih non sembra!!!”
Un saluto a tutti!
…e quelle di intimissimi che certe volte ti si infilano nel camerino di prova per vedere come ti sta il reggitette…FASTIDIOOOOO! poi, magari è inverno, hai un colorito verdastro, i peli sotto le ascelle, a fine giornata di lavoro, con i neon nel camerino che moltiplicano le occhiaie e, quando aprono la tenda c’è accanto il fidanzato di quella che si sta provando la roba accanto al tuo camerino…che pima lancia un’occhiata marpioncella e poi fa uno sguardo misto tra: ODDIO MIO e MINCHIA CHE BONA LA MIA ZITA. e ti viene di:
1. spardare quel reggiseno
2. picchiare a sangue la commessa
3. stilare il programma: più sani e più belli in 10 giorni.
tutto perché: la commessa non s’è fatta il minimo scrupolo sulle tue “condizioni”
Beh, detesto i commessi/e che appena entri ti chiedono cosa desideri, senza darti il tempo di guardare in giro. Per questo alla fine, non vestendo all’ultima moda, preferisco andare in posti tipo Oviesse o Upim o comunque grande distribuzione, dove puoi girare in santa pace, provare quello che vuoi mentre nessuno ti alita sul collo. E a questo punto colgo l’occasione per segnalare una delle commesse della Upim di via “roma nuova”, che è sempre molto disponibile e gentile e che una volta mi ha persino lasciato provare una camicia (il massimo del proibito, perché poi è difficilissimo rimetterle piegate giuste!!).
Una volta, in farmacia, chiesi uno shampoo specifico per capelli secchi.
Tornata a casa, dentro la doccia mi apprestavo a lavarmi i capelli quando mi accorgevo che lo shampoo datomi dalla farmacista non era per capelli secchi, bensì per capelli grassi, untuosi e cute seborroica, quindi detergente che non fa per me in quanto avente cuoio capelluto generosamente ricoperto di forfora. Accertatami che in casa non esisteva altro shampoo a me adatto, di corsa uscivo dalla doccia e vestitami mi recavo in farmacia ad esporre gentilmente il caso e quindi provvedere alla sostituzione del prodotto, visto che la sera dovevo recarmi al teatro e volevo essere in forma.
Alla gentilissima commessa esponevo l’accaduto, affermando che desideravo la sostituzione del prodotto. Mentre la giovane si apprestava a fare il cambio, la farmacista bionda e magra dietro la cassa mi chiedeva dove fosse la confezione di cartone.
Generalmente la sottoscritta butta nella spazzatura le confezioni di cartone vuote mischiandole a pomodori marci, fondi di caffè e rimasugli di spaghetti, visto appunto che non fa la raccolta differenziata.
Esposta la risposta in forma educata e corretta e attenendomi alle regole di sintassi, cioè “ho gettato la confezione di cartone in quanto non potevo prevedere che la farmacista potesse darmi uno shampoo errato” ottenevo la seguente contro risposta dalla farmacista bionda e magra dietro la cassa “lo ha preso lei dallo scaffale aperto, e ha sbagliato prodotto”.
Il suo tono non era tra i più graziosi e il mio stomaco mi chiedeva di soprassedere. Vi risparmio i particolari dei dialoghi della serie “e io che me ne faccio di questo shampoo”, “senza cartone non lo cambiamo” “lei ora me lo cambia, visto che lei ha sbagliato” “io non le cambio proprio niente” ecc.
Alla mia domanda davvero curiosa “ma perché mi sta aggredendo così”, la farmacista bionda e magra dietro la cassa mi rispondeva “lei è scortese” dando all’affermazione un tono come di assoluta e inopinabile verità, guardando gli altri clienti con l’espressione “ma giusto a me doveva capitare questa qui”.
A questo punto la scortese l’ho fatta davvero, non con lei, ma con la santa categoria dei salumieri, dandole della salumiera e incartatrice di mortadella, e mi scuso di ciò e pubblicamente con gli addetti al settore e soprattutto con la simpatica Maria per questa testimonianza così lunga, ma i farmacisti…mmazza che categoria!
Ho una amica che e’ costituzionalmente molto magra. Prova un vestito in un negozio e mentre si discute del fatto che non le stia poi cosi’ bene, la commessa candidamente dice alla madre: “Beh certo sua figlia e’ anoressica”. Altro che corso di psicologia, forse qualche neurone in piu’…
E’ vero, i commessi che appena entri ti chiedono cosa cerchi e poi non ti mollano più sono odiosi. Per questo vado in grandi negozi dove posso girare per i fatti miei senza avere ‘sti gatti neri fra le balle.
P.S.
Secondo un tizio che conosco a Palermo commessi e camerieri lavorano in nero con stipendi da fame perché il datore di lavoro deve rifarsi dei soldi pagati per il pizzo.
Ho lavorato come commessa in una libreria che vende sia libri scolastici che storici (in particolare sulla Sicilia). Vi premetto che io adoro i libri, li amo, li rispetto, vivo con loro e per loro, a volte anche troppo. Svolgevo tutto il mio lavoro con passione e spesso per un consiglio i clienti chiedevano di me perchè, lasciatemelo dire, la propensione e la cura verso ciò che si ama traspaiono sempre. Parlo inglese e me la cavavo benissimo anche con i turisti.
La mia paga a fine mese era pari a 400 euro, sinceramente a volte anche qualcosina in più, ma non superava mai i 500. Ovviamente niente contratto, niente ferie retribuite e neppure malattia (quella era sempre un’invenzione anche quando mi vedevano inghiottire l’antibiotico). Ma le pulizie erano il tasto più dolente, davvero non le sopportavo. Da una parte il personale doveva essere istruito, grazioso, ben educato, possibilmente universitario dall’altra le stesse persone dovevavo spolverare, spazzare, pulire e udite udite STRICARE IL CESSO. Ora mettiamoci d’accordo. Perchè non ci vuole proprio la laurea per fare questo. Forse che il bagno se lo dovrebbe pulire una figura professionale adeguata? Forse che il proprietario, essendo a CASA SUA se la sbriga da solo? Magari la mogliettina invece di sperperare tutti i guadagni in Vouitton e cenette potrebbe prendersi cura dei suoi beni?Per la cronaca: ho lasciato….
quelli più insopportabili sono quelli dei negozi di articoli tecnologici( foto video etc)
presuntuosi come un nobel per la fisica( nn credo che i nobel siano presuntuosi) appena fai una domanda un po’ più tecnica esauriscono la spocchia e t guardano come deficenti…
per quanto riguarda le commesse/i di altri negozi, tipo abbigliamento, nn me la prendo anche se sono maleducati. mi metto nei loro panni, nei loro turni e penso alla loro paga e non riesco mai ad incazzarmi
Cubito, il prossimo post lo fai sui camerieri che quando cerchi di attirare la loro attenzione per chiedere il conto ti fanno sentire trasparente?
E tu aspetti 20 minuti seduto, facendo un cenno ogni tanto quando ti pare che uno di loro dall’altra parte del locale ti posi lo sguardo addosso. Ma è solo un’illusione…
E la ragazza che hai invitato a cena pensa che sei uno sfigato, allora dopo 45 minuti di gesti a vuoto tu ti alzi e vai a pagare alla cassa…
Sono uno chef di cucina,ho molta esperienza,ho girato parecchio e lavorato con molte persone anche di varie etnie.
Parto dal presupposto che il cliente va sempre premiato,per vari motivi,nel mio caso: Si parte da casa per venire a cenare magari dopo una giornata di …..
deve trovare parcheggio,piove,arriva magari senza aver prenotato ed aspetta,ha i suoi problemi alimentari,PAGA,ed apprezza quello che gli cucini,e ti premia tornando.
Si è partiti dalle commesse e si è arrivati a dipendenti di qualsiasi categoria nel modno del lavoro privato,molti hanno detto che si è sotto pagati e mal pagati ed è vero,ma vogliamo parlare degli impiegati pubblici? E non parlo di quelli palermitani,ma di quelli romani,ne vogliamo parlare,che per uscire una carta d’identità ho fatto correre i carabinieri?
Non è facile essere dipendenti,non è facile essere clientinel mio caso potrei dire,c’e’ cu a voli cuatta e cu a voli crura,ma il cliente è quello che ti permette di andare avanti,il problema sono i datori di lavoro,cinnifussiru raffucari.
ripeto mia sorella lavora da Niceta,da molti anni ed è non sottopagata ma di più,l’altra lavora nelle adiacenze di via giotto in un grande negozio di animali,amore e deduzione verso loro non mancano,guai ad uccidere una mosca,per lei,eppure firma una busta da 1500 ma ne prende molti ma molti di meno.
oggi che mi posso permettere di scartare a mio piacimento il datore di lavoro,capisco chi lavora per sopravvivere,si perchè oggi si vive per lavorare,non si lavora per vivere.
Certo poi ci sono i casi limiti….ma questo ovunque.non solo a Palermo
Concordo appieno con Nat e dico che nei mestieri dove sei a contatto con il pubblico devi essere assolutamente professionale a qualsiasi livello.Capisco che lavorare sotto o mal pagati ti toglie qualsiasi entusiasmo ma in tanti posti questa professionalità viene riconosciuta, magari non proprio a Palermo ma in gran parte d’Italia si.
Un buon commesso o commessa è la cerniera della vendita di un buon negozio, qualsiasi prodotto venda.
Un buon cameriere, un maitre di sala che coordina dieci,quindici chef de rang e una trentina di comis viene ricercato e spesso ben pagato da chi fa ristorazione a un certo livello.
Uno chef, un buon chef anche non di grido, lavora, si, ma viene ben pagato.
Consiglio a chi lavora con fatica e con scarse retribuzioni di stringere i denti, qualificarsi al massimo nel suo settore e alla lunga i risultati arrivano.
Forse non a Palermo, non in Sicilia ma lla lunga la professionalità acquisita paga.
Anzi viene pagata.
Giuanni
vivo a Palermo da otto anni e in verità la odio ma questo sito ed in particolare i vostri commenti su quest’argomento mi fanno sentire meno pazza di quanto non mi credo avvolte. Di Giglio (in particolare) e tante altre locali/negozi e le loro commesse e camariere che si sentano dei principi/esse palermitani/e (fallite comparse nel Gattopardo), potrei scrivere un libro – ma credo che il premio per la maleducazione va ad un negozio in via Libertà che vende scarpe e borse Hogan/Tods dove una mattina la commessa ha rifiutata ad aprire la porta ad una mia amica (un avvocatessa new yorkese miliardaria)……che è di colore!
Si un giorno affrontate (o ri-affrontate) il discorso di come si guida in questa città fattimi sapere – nel frattempo continuerò a consulutare questo sito per un “fix” di sanità mentale – mi costa meno della seduta psichiatrica – grazie!
@OP
Un piccolo consiglio: non dire mai a un palermitano che odi Palermo, questa è una delle poche cose che noi non perdoniamo a chi palermitano non è. La verità è che, come disse una scrittrice giapponese, in nessuna città del mondo come a Palermo, si sente l’amore viscerale che chi c’è nato nutre per la sua città. Poi, avrai anche ragione in tutto, ma in fondo non credo che ti sia molto difficile trovare di meglio da un’altra parte.
No, io sono palermitano ma la perdono. Di più: la giustifico.
@Op…
Ospedale Psichiatrico…Abbreviativo per non farti riconoscere vero?! Daiii ti abbiamo sgamato!! Cos’è Candid Camera oppure ti sono finite le pillole? Vedi di trovarti qualcosa di serio da fare. Avresti meno voglia e tempo di stare qui solo per soffrire meno di paturnie o pseudo tali squilibri psicologici che ti fanno sentire inferiore a noi palermitani che da anni sopportiamo, per amore verso il prossimo, le pochezze di persone come te che puntano il dito col fazzoletto di seta in mano…Mi dispiace per la tua amica avvocatessa miliardaria…(ma che entra a fare in un negozio da terzo mondo come i nostri?)Dille pure che un bicchiere di cerasuolo di Vittoria da me è sempre pronto per lei,per brindare a New York, Palermo, e a tutti noi, che ti aiutiamo ogni giorno a sentirti migliore. In mezzo a gente che a quanto pare, ti sta migliorando. Ti sta facendo crescere…Poco male no?!
Grazie Mauro e mi scuso con Federico – purtroppo la mia poca conoscenza della vostra lingua mi limita molto nel esprimermi come vorrei e quindi avvolte sono più brusca (o meno brusca nel caso delle commesse antipatiche) di quanto non vorrei essere. Ma Federico hai toccato un’altro punto doloroso della mia vita palermitana – la vostra UNICA abilità di trattare chi vive qui da 20, 30, 40 anni(hanno fatti figli palermitani, pagati le tasse, sopratasse, multe, canone RAI e quant’altro) – sempre come delle persone estranne che non hanno il diritto di dire la loro sulla “loro” città – perchè questa è la mia città (non per scelta) ma ci vivo e cerco di trovare il meglio di quello che ha da offrire. Inizi purtroppo a sembrare un po come la commessa nel negozio Tods/Hogan…..dove ci si po accedere solo un certo tipo di persone (quello che sono nati a PA). Insomma per concludere – la scrittrice giapponese avrà tutta la ragione del mondo sul “nutrimento” dato a questa città da voi palermitani ma i contenuti di questo sito mi dice che avete ancora da nutrire molto…..
caro pierrrrrrr – ti è bloccato la r sul tastiere?
MAgari avesse un fazzoletto di seta in mano!
Comunque il terzo mondo mio caro non è Palermo e usi questo termine con fin troppo leggerezza. Ma per rispondere in nome della mia amica – magari voleva entrare la dentro per comprare qualcosa, anche tante cose….perchè il mercato funziona così – tu vendi, io compro, tu simpatico con me – io compro tanto – tu st….con me – io vado altrove… Nel suo caso è tornata a NY (e non credo che non ho bisogno di sottolineare la differenza tra NY e PA).
Comunque la tua battuta su PO mi è piacuta – ma pensaci bene a quello che ho scritto all’inizio è ci arrivi (magari anche primo che io arrivo al ricovero psichiatrico!).
Io niente da dire su Giglio.
Non ci sono mai entrata.
Pierrrrr il tono del tuo commento non è gradito qui in Rosalio. Ti invito a essere rispettoso nei confronti degli altri commentatori. Grazie.
E. Quelle supponenti, arroganti, saputelle, che inevitabilmente sono vastase.
Continuando la lista dell’autrice, io aggiungrei questa categoria. Ecco un es.recente. Pur indossando una 42, in alcune boutique del centro si trovano taglie ancora più piccole e le commesse con alterigia te lo fanno notare “abbiamo solo 38 e 40”, guardandoti schifata, e meno male che sono magra… penso a chi non lo è, parliamo di taglia 46, 48 e oltre, so delle umiliazioni subite da chi è un po’ in carne. Conosco le battutacce che fanno queste commesse con un certo sadismo: “Non abbiamo nulla per la sua taglia!” qualcuna azzarda che ci sono negozi specializzati per grandi taglie.
In diversi negozi, Giglio incluso, non entro perchè le commesse sono antipatiche e costituiscono l’antitesi della professionalità. E a chi mi apostrofa con un “posso aiutarla?”, ho in serbo una serie di risposte che le trasformano in ghiaccioli.
Concordo con OP 🙂 che ha fatto un ritratto lucido, non deviato dall’amore che infiamma il palermitano doc per la propria città. Signori, non venitemi a raccontare che Palermo è un Paradiso, finitela di essere così campanilisti! Il primo passo per cambiare le cose (e cercare di risolverle)in questa città ricca di degrado, monnezza, e lestofanti vari, è ammettere i propri problemi. Anche con gli ‘stranieri’.
P.S.
Pierrr sta per Presuntuoso irascibile e rozzo rozzo rozzo… o cosa? 😀
Mirella per favore non alimentare il flame con Pierrrrr. Grazie.
un grande baciuzzo Maria! 😉
Mirella – 6 un mito.
Sorry Rosalio, ma è stato più forte di me 😀
Buongiorno OP 🙂
@OP: mio malgrado hai PERFETTAMENTE ragione! Se mi dici che odi Palermo dopo averci vissuto per 8 anni…non posso che calare la testa, cospargermela di cenere e comprenderti!
ps: nel negozio Tods/Hogan ci posono entrare soltanto un certo tipo di Palermitani…i rozzi, i cafoni ed i piruchiazzi arrinisciuti!
O OP…non aggiungo altro… 🙂
# jack ha scritto il 4 Settembre 2008 alle 15:35
…..piuttosto che smerdarci a vicenda, perchè non proviamo a dare a queste/i commesse/i una formazione professionale, un contratto di lavoro, dei turni dignitosi, le ferie pagate, le malattie e tutti i diritti discendenti da un cotratto, allora sì che protremmo stilare le categorie.
E’ bello fare le premesse e poi concentrarsi sul resto!!! E’ come sparere sulla croce rossa!
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L’unico commento degno di nota è questo .
Ma non vi vergognate neanche un po’ ?
Ma voi avete idea di cosa significhi fare la commessa a Palermo ?
Cari Rosaliani , io ho parlato con ragazzine a 17 anni che fanno le commesse per portare il pane a casa ed aiutare la famiglia .
Alle 8,00 inizia il turno di lavoro ( si arriva in autobus magari dall’altra parte della città ) quindi , si ci alza alle 6,30 .
Alle 14.00 si chiude per la pausa pranzo ( e non sempre ) , ovviamente per la maggior parte delle commesse non è neppure conveniente tornare a casa per questioni di tempo .
Alle 15,30 si riprende , si devono fare le PULIZIE , prima di riaprie e li ad essere trattate come schiave dal titolare alias pirocchiu arrinisciuto.
Sino alle 20,00 li in negozio e dopo ?
Dopo ci sono le pulizie di chiusura , lavare a terra , sistemare la merce , lavare il cesso .
Alla fine cazziatone di fine giornata perchè si è incassato meno di 10 mila euro e poi via a casa in autobus .
Si lavora anche il sabato e spesso anche le domeniche .
LE feste ? Peggio aperti non stop ..
Le ferie ? Non pagate .
La malattia non riconosciuta e con la possibilità di essere licenziate .
Lo stipendio BEN 400 EURO AL MESE ! ! !
VERGOGNA , VERGOGNATEVI TUTTI .
Come vi arrogate il diritto di parlare ?
Siete tutti titolari di negozi , perchè verrebbe da pensare questo .
Sono di destra , ma non potro’ mai accettare certi sfruttamenti .
In quanto al commento di OP vorrei soltanto dirti una cosa , hai fatto il paragone tra PALERMO e NY ed hai ragione c’è poco da dire , Palermo è una città ricca di storia , con tanto di monumenti , piena di gente straordinaria e NY è una pura schifezza , lurida piu’ di palermo , pericolosa sino all’inverosimile , piena di malati di mente e gente assurda .
Noi abbiamo ancora dei valori , saremo sicuramente piu’ arretrati tecnologicamente parlando , ma se il prezzo da pagare è quello di ridursi come NY meglio così .
Ultima cosa cara/o OP ti lamenti che dai noi si è razzisti verso la gente di colore ???
Ma forse dimentichi quello che succede in USA , i pestaggi della polizia verso la gente di colore , le rivolte , i ghetti ecc. ecc.
Per piacere vediamo di finirla .
@OP: non farei un dramma per un caso singolo. Anche a NY può capitare di essere trattati non propriamente bene da commessi e camerieri…
mio padre ricorda sempre che una volta a NY, in un locale insieme con il presidente di un importante centro di ricerca, furono serviti al tavolo da una ragazza gentilissima che percepirono subito essere di ben altro livello rispetto alla sua occupazione. Parlandole si scoprì che era una laureata in fisica che alla fine del pranzo si ritrovò con il biglietto da visita di detto presidente che le offrì di andare a lavorare per il centro ricerche… Anche questo è NY.
Pensierini:
1) quanti qui da noi sono disposti a sotto impiegarsi pur di essere autosufficienti?
2) perchè altrove una persona – che peraltro potrebbe a buon diritto darsi delle arie – se sta invece facendo un’attività che comporta di essere gentile la fa e la fa bene (la gentilezza non è un optional: se stai facendo un lavoro che ti porta a relazionarti con il pubblico, fa parte della richiesta professionalità) qualunque possa magari essere il tuo livello di frustrazione in quel momento?
3) manco a dirlo, purtroppo altrove le possibilità sono tali che ti capita la botta di c** che servi al tavolo e te ne esci con una proposta di lavoro, ma tu devi metterci del tuo in termini di saperti porgere;
4) come si concilia il pensiero di Luca Reina – di cui tuttavia capisco lo spirito e l’amarezza – e cioè che Palermo sia questa meraviglia, quando lo standard della qualità del lavoro e quindi dei valori di troppe delle persone che vi vivono è quella che descrive lui stesso?
Forse parla delle stesse cose che qui non vanno, di cui parla OP?
Forse le povere commesse sono solo la “cartina di tornasole” finale riguardo a quanto ci sia da migliorare…
Perchè una iniziativa da parte dei gestori dei negozi del tipo avvisi appesi con su scritto “Si prega di rispettare la coda”, anche come timido tentativo di educare i loro clienti, l’avete ancora visto nel 2008? Loro potrebbero risolvere il problema della vastasaggine davanti alla cassa ma non lo fanno. Perché? Forse perché “finchè va, va”?
Io vado nel negozio cinese dove la giovane con gli occhi a mandorla scartabella tra tutta la merce fin quando non trova proprio ciò che volevo io, mi fa provare i capi fino a quando sono soddisfatta di colore e taglia.
All’uscita, lei ed il marito mi ringraziano con tanto di inchino (o quasi ci manca!) per i favolosi 10 “euli” da ma spesi!!!
Non venitemi ora a dirmi che è solo leccaculaggine cinese, perchè non ci credo!
lisa
non è leccaculaggine come tu dice,ma una cultura,io ho il dentista cinese,apparte la sua bravura professionale,è uno stakanovista serio,puntuale,diligentelaureato con massimo dei voti all’università saclo cuole di gesù.
Se poi dobbiamo dire che l’arrivo dei cinesi ha distrutto il cosi già malconciato mercato popolare allora è altro discorso.
L’energia da dispendere in argomentazioni del genere la puoi solo attingere respirando l’aria calda, asciutta e un poco puzzolente di smog di strade come via Liberta’ o via Ruggiero Settimo,adesso piu’ che mai globalizzate, ricche di negozi, grandi, dagli arredamenti monocromatici, con poche scaffalature dalle linee pulite e assenza di odori dovuti anche alla temperatura sempre sotto i 18 gradi. Posso capire benissimo la frustrazione nell’incrociare persone a cui non sono state introdotte le buone maniere in tenera eta’ oppure che abbiano avuto poca fortuna nell’esperienza scolastica, che siano commesse, camerieri o impiegati della pubblica amministrazione. I camerieri per esempio qui hanno una piccola remunerazione mensile, ma il loro profitto maggiore proviene dalla mancia elargita dal cliente, una percentuale variabile sul totale del tuo conto. Se sono attenti alle tue esigenze, veloci e gentili, la mancia sale di percentuale, solitamente un minimo del 20% e’ “dovuto”, ma ci e’ capitato di dare il 10% quando abbiamo dovuto aspettare a lungo o non abbiamo ricevuto un trattamento adeguato. La professionalita’ viene sempre ripagata e non credo avere una dizione “plastificata” come dicono qui, e assumere atteggiamenti di superiorita’ aiutano la nostra assetata economia.
I fatti qui raccontati dai miei concittadini, sono simili ad esperienze che puoi vivere tranquillamente in qualunque altra citta’ d’Italia, forse con meno frequenza, e’ purtroppo vero, ma la maleducazione e la mancanza di figure professionali adeguatamente preparate non hanno risparmiato neanche citta’ come Boston o Providence. Assumere un atteggiamento di sfida con persone che, COMUNQUE, sono state assunte per offrirti un servizio o vendere un prodotto e’, a mio avviso, controproducente e un pelo puerile. La pazienza si puo’ perdere facilmente nella giungla palermitana…lo so e mi e’ sfuggita di mano tante volte, e riportarla alle calde membra del mio cervello e’ stata durissima prova. Ma ho imparato che la gentilezza paga …la MAGGIOR PARTE delle volte, e se la commessa non mi saluta quando entro in un negozio, magari esplodo in un “mamma mia che bellissima giornata”, un poco per risollevare il morale delle stra-sfruttate commesse e dall’altro potrebbe suonare un attimo come una sviolinata, e’ vero, ma se non lo facessi che razza di palermitana sarei?
sara,perchè quando sono a Palermo faccio shopping,con le mie gemmelle e mia moglie,con noi sono tutte adorabili…
Certo qualche scoglionate c’è,al prezzo che sono pagate,non vorreste mica delle professioniste in public relation?
PS Da niceta quest’anno ho incontrato il cassiere(il figlio?) veramente gentile con noi ha pure regalato delle spille converse alle mie figlie nonostante non avessi comprato niente;in realta’ volevo comprarle le spille!!!
…confermo quelli “tecnologici” sono i peggiori,anche qui a Nizza
Una volta uno mi fece la “cazziata” perchè avevo osato chiamare “Cd” un “Dvd”.
Oppure quando chiedo un’informazione ad uno “specialista della tecnologia”nei grandi “ipermercati” sulla differenza che esiste tra due televisori,lui prende la fiche sotto il prezzo e la legge…pure io ma firu a leggere,cretino(smiles)
Mah, i cinesi sono il futuro. Speriamo anche di questa città. Sono organizzati, gentili, silenziosi. E producono la merce che poi si compra anche nei tanto amati mercati popolari. E nei negozi di lusso. E nella grande distribuzione. E nei negozi di elettronica.
I commercianti sono ridotti al ruolo di intermediari fra i cinesi e i loro clienti, cioè noi.
E poi chissà, magari un giorno avremo un “provenzano” cinese, a condurre il quartiere.
Mi chiedo infine se non sia possibile effettuare il take-over anche sugli stramaledetti posteggiatori. Ho idea che i cinesi sarebbero molto meglio…
… aiuto… una Palermo cinese! Preferisco
una Palermo Araba….
Valentina, presto sarai accontentata. Leggiti questo articolo dell’Espresso: “Gli sceicchi comprano l’Italia”. Pagina 3 inizia in modo interessante.
http://espresso.repubblica.it/dettaglio/Gli-sceicchi-comprano-lItalia/2039430&ref=hpsp
@Mauro: Vabbè, questo lo avevamo capito anche quando è venuto “o’ Sceicco” a Palermo qualche settimana fa!!
Che s’era venuto a comprare, la calia e semenza?!!
:-))
‘o Sceicco… ma siamo a Napoli?
W Sicilia!
@ Krashen,
vedi Krashen, qui a Palermo esiste solo Una categoria peggiore delle commesse maleducate, degli autisti fuori di testa e delle pecore che nella paura di essere diverse fanno la fila uno dietro l’altro alla cassa nel negozio Tods/Hogan, e sono gli invidiosi! .
Nelle parole di uno di loro “non aggiungo altro”.
anzi no….Per la cronaca, tengo a precisare che non ho MAI messe piede dentro tale negozio ne tanto meno il piede dentro uno delle loro scarpe – orribile e immoralmente costose!
Ciao Osservatrice Prudente (OP)posso chiamarti così vero :-)?
Neanch’io ci ho mai messo piede 😀
Le Geox costano 1/3… e il personale (a tutt’oggi) dei due punti vendita di Palermo è cortese e disponibile.
Buona domenica a tutte le commesse/commessi gentili e professionali 🙂
@RM: nel tuo messaggio del 5 settembre ti chiedevi “1) quanti qui da noi sono disposti a sotto impiegarsi pur di essere autosufficienti?”. Ebbene, ecco la risposta alla tua domanda: sono laureata e non essendo riuscita a vincer alcune concorso, per evitare di andar via da Palermo e lasciare mia madre, mi sono accontanta di un lavoro che nulla ha a che vedere con il mio titolo di studio. Il mio lavoro si divide in: colf tutto fare e assistenza anziana. Definisco il mio lavoro gratificante soprattutto sotto l’aspetto umano, sono “la colf della nonnina”. 🙂
errata corrige: alcun concorso; accontentata.
a proposito di commessa: circa 25 anni fa, negozio in centro; madre con figlia quindicenne chiede bikini per la figlia; risposta della commessa: signora, invece del bikini le faccio vedere un SANTROPE’, sua figlia ha una bella latteria! – ovviamente, figlia in lacrime, uscirono subito. Ho specificato il periodo perchè molti non ricorderanno che il saint-tropex era un modello di costume con mutandona … e che non c’entra niente con la “latteria” .
^ AHAHAHAHAH NON CI POSSO CREDERE :-)))))))))) SECONDO ME SA TANTO DI LEGENDA METROPOLITANA . cmq, se il costume prende il nome dall’omonima cittadina d’oltralpe si deve scrivere: Saint-Tropez
ciao Mirella,
chiamami come vuoi – dopo “ospedale psichiatrica”, accetto tutto!
Comunque, io le scarpe le faccio fare a Londra nello stesso “boutique” frequentato da Bertinotti e la sua banda….scherzo! Uno delle cose meravigliose di Palermo è la possibilità di stare 6 mesi all’anno con gli infradito. Buona serata. 🙂
Cara Jolanda,
rispondo a te ma anche alla palermitana in USA.
I fatti sporadici poco c’entrano nel rappresentare una realtà a meno di esserne emblematici.
La tua personale scelta di vita così come l’eventuale possibilità di essere trattati male in un negozio a Boston o non so dove altro all’estero, riportati così significano poco.
Ciò di cui più correttamente bisogna parlare è: qual’è l’incidenza statistica di questi episodi? quante volta capita qui a Palermo di essere “trattati male” in negozi o locali (70%? dei casi?) o all’estero (5%? dei casi)? In quest’ottica, affermare che certe cose capitino anche all’estero, ripeto, significa abbastanza poco. D’altronde se non ci fosse la percezione di un problema specifico qui a Palermo (qualunque ne sia la causa: sfruttamento, insoddisfazione, atteggiamenti gattopardeschi poggiati non si sa su cosa), l’autrice non ne avrebbe fatto oggetto di un post specifico.
Così come, tornando alla tua precisazione, ciò a cui mi riferivo è (la peraltro bene nota) abitudine all’estero, sicuramente più diffusa che qui, di cominciare a lavorare già da studenti o anche da neolaureati seppure in attesa di migliori posizioni lavorative invece di restare in attesa del “posto” a casa dei genitori. E’ pur vero che a mio avviso con la crisi attuale le cose stanno certamente cambiando anche qui, e tu certamente ne sei un lodevole esempio (l’episodio che citavo era degli anni ’90 e mi collocavo mentalmente in quel periodo). Un caro saluto e buon lavoro.
Volete conoscere una delle mie più grandi conquiste dell’età adulta? Saper dir di NO!! alla commessa che insistentemente ritiene che quel capo sia stato creato apposta per me!! Io ero capace di comprare qualcosa d’orribile solo perchè :”mi pareva male,dopo che la ragazza me ne ha fatti vedere dieci di maglioni!! ”
Ma care commesse(e v’assicuro che la mia solidarietà è tutta per voi!) se una cliente ha visto svariati capi e non ne trova uno adatto,sorridetele e ditele:”Non si preoccupi,capita anche a me!!” …sarete gentili e avrete,siatene certe,una cliente affezionata in più!!
Ciao Marì ,un bacio e un “vola vola”
giusto, saint-tropez: ma non è leggenda metropolitana, ne fui protagonista e non dimenticherò mai la faccia della quindicenne… e quella allegrona della commessa!
Non riesco a capire cosa c’entri l’esser mal/poco retribuite con la mancanza di professionalità e la vastasaggine. Se queste commesse hanno accettato condizioni di sottopaga ciò le autorizza ad offrire un cattivo servizio? Cos’è, la vendetta perpetrata contro il mondo? il prendersela col cliente, visto che col capo non puoi? ma la figuraccia non la fanno sempre loro, le fantastiche commesse sguaiate e scortesi? E poi mi chiedo: mentre loro aggrediscono/insultano/maltrattano/ignorano il cliente, quella testa vuota del capo che fa? acchiappa le mosche? Mahhhhhhhhhh
Il fatto è che a Palermo (e qui mi ricollego ad OP) nessuno si rende conto che riuscire ad offrire un servizio migliore, incrementare le proprie conoscenze (non in senso di persone cui raccomandarsi!!!), presentarsi al meglio, studiare, essere gentili… è la chiave che può aprire le porte di una retribuzione migliore.
Ma qui mi risponderanno i qualunquisti chè tanto siamo una città senza sbocchi, siamo a Palemmo, e non c’è niente da fare…
E questo è il miglior alibi per la pigrizia e l’ignoranza.
Ci sono negozi a Palermo dove le commesse sono proprio delle maleducate, non gliene frega niente del cliente ma lo sarebbero anche ben pagate. Ci sono negozi dove è un piacere comprare dove ti danno consigli e le commesse fanno di tutto per accontentare anche i clienti più difficili.E se anche succede che vai via senza comprare nulla non ti danno l’impressione di averle disturbate. Però onestamente quando io faccio loro i complimenti per la gentilezza mi rispondono sempre:- signora anche lei è molto gentile, non può immaginare come ci trattano alcune persone!!!
Il mossiere , non ho mai letto un concentrato di tante ca***** in tutta la mia vita .
Pensa, per educazione non avevo detto altrettanto di te…
@Mauro
Aiuto, gli Arabi…!
@R.M ed O.P.
I commenti postati su Rosalio possono trasmettere solo una piccola parte di cio’ che realmente noi pensiamo, se abbiamo vissuto personalmente esperienze similari alla nostra amata Cubito o semplicemente esserne stati spettatori. Incontrare le visioni dei diversi lettori di Rosalio, che Palermo la possono vivere direttamente o per riflesso, o hanno una percezione differente dei pregi e delle problematiche a seconda dello status personale o sociale e’ impresa ardua: posizione lavorativa, famiglia di appartenenza,essere sposati, singles con o senza prole, fanno la vera differenza a mio avviso. Ci sono delle esperienze personali, ovviamente non emblematiche, che ho citato, a semplice esplicazione di un fatto, la professionalita’ viene premiata,e qui negli USA hanno deciso adottare questa politica delle mancie, una percentuale va alle persone che ti offrono un servizio, ed e’ a tua discrezione premiarli perche’ efficienti, o semplicemente perche’ la cameriera era carina; non ho mai ricevuto un servizio inferiore all’eccellente a Boston, fino ad adesso, e comunque in qualunque altra parte degli USA, credo perche’ il personale venga formato un minimo, sono sempre tutti molto gentili e servizievoli, che siano teenagers-lavoratori part-time per pagarsi le uscite serali con gli amici del week-end, studenti di colleges prestigiosi come Harvard o Brown o signore attempate nel tentativo di contribuire all’economia familiare. Il mio non era un riferimento ad una esperienza vissuta, ma devo purtroppo ammettere che in una zona dalla maggiornaza “bianca” come quella dove vivo io, le intolleranze esistono e spesso sfuorano nel razzismo. Le esperienze degne di nota sono sicuramente avvenute in Italia, e anche a Palermo, proprio per quella incidenza di cui parlava R.M. Purtroppo i meccanismi sono sempre gli stessi, cambiano solo i nomi delle persone a cui ti devi rivolgere, possono essere i periodi di campagna elettorale, o perche’ tuo cognato/amico/collega ha delle buone conoscenze in certi uffici pubblici. Le generalizzazioni non servono, cosi’ anche il digrignare i denti. Bisogna tirarsi su le maniche e darsi sul serio da fare. Ma bisognerebbe andare alla radice, parlare con i genitori e spiegare loro che i bambini possono fare piu’ di uno sport a parte studiare, e che “u picciriddu non si sciupa”, coinvolgerli negli affari domestici, e problematiche da “adulti” come pagare bollette,fare depositi in banca, estinguere un mutuo,non sono cose da “AHHH!…un giorno capirai… ” lasciare i propri figli fare i studenti universitari per oltre 5, 6, 7 anni (e oltre) non e’ promettente, coccolarli, e dire “non ti preoccupare ci pensa Dio” li fa crescere deboli, insicuri e sempre alla ricerca del viso familiare che li rassicura. Qui i genitori sono “freddi”, i ragazzini prima di andare a scuola si alzano alle 5 per consegnare i giornali, e POI vanno a scuola, fanno attivita’ extrascolastiche e sono assorbiti da tante attivita’, proprio perche’ spinti da i genitori dalle alte aspettative. Ma anche questa e’ una generalizzazione perche’ ci sono zone negli Stati Uniti, anche in zone ricche come Boston, in cui le famiglie sono spezzate, colpite dalla droga alcol e delinquenza, e le prospettive non vanno aldila’ del possedere una pistola e fare parte di una gang. I toni sono molto piu’ forti, e i films che vediamo in tv, non sono sempre finzione, anzi. Le persone sono la componente essenziale di un posto, una citta’, e bisogna migliorarsi, e lavorare duro.Una cosa e’ sicura che essere un cittadino onesto, che lavora,paga le tasse, e si puo’ permettere di fare una vacanza all’anno e’ un lusso per i piu’, cio’accomuna le popolazioni di tutto il mondo. Non ci sono strade veloci per il successo, ma scorciatoie, dove vengono messe in gioco la tua morale e i tuoi principi di persona onesta. Ho dovuto lasciare Palermo, la mia amatissima citta’, perche’ le prospettive erano mediocri o nulle. I miei tre figli non stanno vivendo la fortuna che ho avuto io da piccola, avere tutti i nonni accanto, cugini e zii,le belle mangiate di Natale, Pasqua o Ferragosto, il sole caldo e asciutto sulle nostre belle spiaggie. Invece devo correre fuori in giardino, e preoccuparmi che l’uragano Hanna non distrugga la mia casa. Che differenza eh?
@Palermitana_in_USA
la tua testimonianza è significativa e le tue valutazioni del tutto condivisibili. La penso come te sul fatto che le scelte di vita finiscano con l’essere un bilancio in cui spesso se da un lato si guadagna qualcosa, magari lo si perde da qualche altra parte o sotto qualche altra forma. Il discorso tuttavia porterebbe lontano e io mi ero limitato ad intervenire riguardo allo stretto ambito del tema del post (come differentemente finisce se no con il ricordare “Rosalio”) che nasceva sicuramente più scanzonato e mi sa abbiamo reso serissimo (non ce ne voglia Maria Cubito).
Riguardo a questo tema, ti posso dire che capita anche a me di avere esperienze all’estero negative che in quei casi mi fanno dire, come scriveva Sciascia, che “la linea della palma va a nord”. Tuttavia ribadisco ciò che rende preoccupante il fenomeno qui rispetto che altrove è la ben maggiore frequenza con cui questo si presenta.
@ Palermitana nel USA:
siamo ormai fuori tema ma io vivo a Palermo con tre figli piccoli – con i cugini, zii e nonni (dal lato paterno) intorno che da un’immenso senso di sicurezza ai bambini.
Lotto giorno e notte pero con il “sistema” palermitana cercando, ove possibile, il lato positivo e molto spesso comico di questa città, ma la lotta più grande è con me stessa nel trovare il giusto bilancio con “qui e lì” e nel insegnare ai miei figli che esiste il bene e il mal di qui e anche di lì. Ma l’importante è capire che i nostri figli hanno un vantaggio nel conoscere il qui e lì….come ha detto Rudyard Kipling:
“….All good people say, and all good people agree, all good people like us are WE and everyone else is THEY. But if you go over the sea, Instead of over the way, you might end up by…. (think of it!)
Looking on WE as simply a sort of THEY.”
la commessa che ti consiglia qualcosa che tu non hai visto e che ti sta benissimo fa la differenza e fa si che io ritorni in quel negozio.
a tutte le altre (soprattutto a quelle che ti dicono “le sta benissimo” anche quando fa tremila difetti) preferisco i grandi magazzini dove prendo e provo quello che voglio senza nessuno che mi rompe le scatole
@R.M. Non ve ne voglio…mi aspettavo invece che la discussione prendesse questa piega.Era inevitabile.E va bene così.
Io vivo in Spagna da qualche anno (In Andalusia) e devo dire che qui le cose sono anche peggio!
Ad esempio, il cameriere che da del picha (ovvero pene) ai ragazzi e chocho (vagina) alle ragazze.
Il buongiorno non esiste, e il tabacchino sotto casa dove mi rifornisco (mi riprometto ogni mattina di smettere di fumare un giorno) esordisce con un Che? Devo dire che all’inizio inorridivo ma poi ho trovato il lato comico. D’altra parte è solo un fatto culturale. Inoltre sotto gli altri aspetti di vita civile Gli andalusi hanno molto da insegnarci.
Due settimane fa sono stato sia a roma che a milano. Sono un curioso di natura e sopratutto mi piacciono i vestiti firmati (anche solo guardarli)anche perchè molto cari. In entrambe le città il ruolo della/o commessa/o all’interno del negozio è eccessivamente sopravalutato. A Milano decido di entrare in una notissima boutique a più piani di un famosissimo stilista (in via manzoni per intenderci)…con l’intento di comprare un paio di jeans (usando qualche risparmio accumulato lavorando sodo in inghilterra per un anno…giusto una frivolezza) taglio classico, senza strappi o essere scoloriti. Ad aprirmi la porta è un ragazzo alto con il gel nei capelli, lampadato (peggio di carlo conti) con un abito nero e un auricolare. Io sorrido e dico “buongiorno”, grazie. Al piano terra nel primo dipartimento da uomo dove si trova la linea elegante una decina di commessi vestiti di tutto punto come se da un momento all’altro pronti ad andare alla settimana della moda a parigi, riga da una parte, capelli super in tiro, mocassini o scarpa lucida, colorito da lampada, sguardo da rx, qualcuno che di tanto in tanto si specchiava negli innumerevoli specchi che ci sono nelle pareti, altri chiacchierando del più e del meno anche perchè la boutique era pressochè vuota. Mi reco al primo piano. A destra la nuova linea sportiva a sinistra la linea denim. Chiedo a un commeso gentilmente di poter cortesemente provare un paio di jeans esposti in un manichino interno. Lui mi guarda e non mi risponde, passa un’altra dipendente vestita in jeans camicia e giacca nera corta e mi guarda con sufficienza. Ripropongo la stessa domanda a lei. Quasi ignorandomi mi chiede velocemente la mia taglia io ne approfitto per chiedere anche se dispongono di qualcosa di simile al primo jeans visto esposto. Indignata torna con in mano jeans da me richiesti. Entro nel camerino e li provo entrambi. Solo dopo averli provati mi accorgo che il primo paio hanno attaccato nella tasca di dietro un aquila gigante color oro talmente spessa e di cattivo gusto, e per giunta poco pratica che mi avrebbe impedito di sedermi comodamente in qualsiasi luogo. Il secondo paio, nonostante completamente blue erano assolutamente stroppicciati (mai vista una cosa simile…io i jeans neanche li stiro solitamente). Li provo, 210 euro per i jeans stropicciati. mi rinfilo le scarpe e mi affaccio dal camerino facendo notare alla commessa che i jeans sono “troppo stropicciati” per i miei gusti e chiedo cortesemente magari gli stessi ma non stropicciati (sarebbero andati bene). La tipa mi rispinde che i jeans sono stati lavati e poi strizzati per l’esposizione e se quindi volevo, potevo acquistarli e poi magari stirarli a casa. Chiedo se fossero in possesso dello stesso modello non strizzato e lavato e lei mi risponde di no. Decido di toglierli e andar via ringraziando per la disponibilità. Come mi accingo a rientrare nel camerino sento lei che parla col suo collega dicendo che le persone pretenziose come me non dovrebbero essere neanche degne di entrare nel negozio (ahaha che pietà :-)). Esco sorridendo ringrazio ancora e riscendo giù per uscire fuori da quell ambiente malato dove tutto e finto e ipocrita. Intanto nel reparto maschile dell’elegante tre “commessi – modelli” parlano della serata precedente in discoteca e del fatto che la mattina prima non avevano lavorato un gran che ma solo mangiato e spettegolato del più e del meno con un aria molto fiera e di superiorità. Mi viene riaperta la porta, finalmente esco da quel negozio e penso quanto tristi , ineducate e piene di se siano queste persone che non hanno rispetto per gli altri, spendono il loro stipendio per comprare l’abbigliamento che devono indossare tutti i giorni a lavoro per essere impeccabili e per vincere la gara a chi è più figo e convinte di essere chissà chi, persone che non sanno cosa significhi lavorare sodo, spesso al caldo d’estate oppure facendo sforzi fisici tutto il giorno…Faccio pochi passi e mi siedo in una panchina e ipenso a quanta educazione ci sia negli altri Paesi europei, in particolar modo la gran bretagna (mia seconda patria :)) Tutti dicono grazie, prego e poi di nuovo grazie, sempre con sorriso, sempre con grande disponibilità, educazione e cortesia.
Sempre belli i commenti! Ma lo sapete quanto “vusca” una commessa mpaliermu?? Fate una “ricerca” su questo argomento e scoprirete i perchè di tanti atteggiamenti criticabili…
Sono titolare di 2 negozi di calzature, non voglio assolutamente difendere la categoria delle “commesse”, ma perchè non fare un articolo sui cosiddetti clienti: Invito l’autrice a passare un intera giornata in un qualsiasi negozio e vedere come certa gente si permette di trattare gli impiegati ….. vi assicuro non c’è rispetto, spesso non ti salutano neanche, si voltano come, per usare un espressione tipica siciliana “cani arraggggiati”, trattano le “commesse” con arroganza, quasi gli sia tutto dovuto …. vi lascio con un anedotto: circa un’ora fa,, entra una cliente, una donna sui 35 anni ben vestita e dall’aspetto molto raffinato, la mia impiegata gli va incontro dicendole: Buongiorno, posso aiutarla? La donna non la degna di risposta, poi come fosse a casa sua inizia a toccare tutta la merce esposta, ad annusarla e stropicciarla, rimettendola esposta casaccio, dopo circa un quarto d’ora a fare i fatti suoi … chiede alla “commessa” con tono imperiale, voglio provare molte scarpe … la ragazza, con il sorriso sulle labbra, inizia a prendere tutte quelle richieste … sarà stata almeno una mezz’ora a provare, penso almeno 15 modelli diversi … la ragazza cercava in svariati modi sempre gentili di aprire un dialogo, ma sembrava che la donna fosse sorda …. dopo aver finito di provare, si rivolge verso di me e mi dice: ci sono un paio di modelli che mi piacciono, cmq volevo solo provare, non devo comprare, sono uscita senza soldi …. volevo solo togliermi la curiosità … eventualmente ripasso prossima settimana …. rimette le sue scarpe e se ne esce senza salutare …. questo avviene giornalmente ed è uno dei tanti piccoli casi che mostrano come non ci sia rispetto per il lavoro altrui …. meditate gente meditate …
Hai perfettamente ragione Paolo. Ci studio un po’ su e prossimamente pubblico!