Saviano ti impone di essere all’altezza del suo coraggio
«Roberto Saviano ti impone di essere all’altezza del suo coraggio».
Lo scriveva una settimana fa Luca Annunziata sul suo twitter e queste parole hanno continuato a rimbalzarmi in testa mentre piovevano gesti, firme e parole di solidarietà su Roberto Saviano, da persone come noi e da premi Nobel. Ma, non dimentichiamoci che Saviano sta anche sulle palle, forse persino ai suo amici, come ha raccontato lui stesso, forse anche a Roberto Maroni perché è un simbolo della lotta al crimine, così come forse troppe volte non lo è stato il ministero che Maroni rappresenta.
Pensavo a Saviano e mi veniva in mente che Casalesi fa rima con Corleonesi. E che i nostri padri troppe volte davanti alle gesta di Riina e dei suoi pari hanno girato la testa dall’altra parte. E che noi siamo figli del male delle stragi del ’92 e io ho pensato che avevamo imparato e che noi non avremmo più girato la testa di fronte al male che è un sinonimo della mafia. E che la mafia non si combatte con le parole che spesso ho sentito pronunciare a chi dell’antimafia ha fatto professione ma (riecheggiando le parole di Giovanni Falcone) facendo il nostro dovere, ogni giorno, cercando la normalità senza scendere a compromessi.
Eppure oggi credo di non essere all’altezza di Roberto Saviano e del suo coraggio. Perché io, voi, dovremmo essere a Casal di Principe insieme a lui a dire, come i ragazzi calabresi, ammazzate Saviano…ma dopo dovrete ammazzare ciascuno di noi.
Noi che abbiamo vissuto il male delle mafie sulla nostra pelle oggi siamo all’altezza del suo coraggio?
Sottoscrivo in pieno la tua riflessione e aggiungo che, pur ritenendomi una persona integerrima e impegnata attivamente su questi temi, l’interrogativo che poni mi provoca un forte senso di disagio e di colpa perchè penso a tutte quelle volte in cui per stanchezza o mancanza di voglia mi sono cullato sull’onda dell'”io ho fatto abbastanza, stavolta gli altri”.
E’ triste dirlo ma… No! Non siamo all’altezza del suo coraggio!
Concordo pienamente con il post. Anche se a mio avviso Gomorra – il film, il libro non l’ho ancora letto – ha aggiunto pochissimo a quello che sapevo già. Ma il fatto che abbia avuto così tanto successo mi fa intuire che la stragrande maggioranza della popolazione non conosce il fenomeno “mafia” benché se ne parli tanto. E’ questo è grave.
Personalmente, quando vedo un documentario in tv che parla di mafia, mi chiedo sempre: e io dov’ero? che facevo? E’ la stessa sensazione che provo ogni volta che guardo un ragazzo con la maglietta di Addiopizzo: perché non sono io?
Forse non basta dire “io sono contro la mafia”, bisognerebbe agire contro la mafia, anche nelle cose più piccole e stupide. E questo lo dico perché credo che siamo ancora lontani da un distanziamento totale dalla criminalità organizzata. Sul modo in cui possiamo raggiungere quest’obiettivo però… ancora tanta incertezza.
riccardo orioles
da:
La Catena di San Libero
22 ottobre 2008 n. 373
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Saviani
Anche oggi Marco ha preso il motorino, è uscito di casa e
se n’è andato in cerca di notizie. Ha lavorato tutto il
giorno e poi le ha mandate in internet a quelli che conosce.
Fa anche un giornaletto (Catania Possibile) di cui
finalmente anche i lettori hanno potuto vedere un numero (il
primo solo i poliziotti incaricati di sequestrarlo in
edicola) con relative inchieste. Non ci guadagna una lira e
fa questo tipo di cose da una decina d’anni. Ha perso, per
farle, la collaborazione all’Ansa, la possibilità di uno
stipendio qualunque e persino di una paga precaria come
scaricatore: anche qui, difatti, l’hanno licenziato in
quanto “giornalista pacifista”. Marco non ha paura (nè
della fame sicura nè dei killer eventuali) ed è contento
di quel che fa.
Anche oggi Max è contento perché è riuscito a mandare
in giro un altro numero della Periferica, il giornaletto che
ha fondato con alcuni altri amici del quartiere. Il
quartiere è Librino, il più disperato della Sicilia. Se
ne parla in cronaca nera e nei pensosi dibattiti sulla
miseria. Loro sono riusciti a mettere su una redazione, a
organizzare non solo il giornale ma anche un buon doposcuola
e dei gruppi locali. Non ci guadagnano niente e i mafiosi
del quartiere hanno già fatto assalire una volta una sede.
Max non ha paura, almeno non ufficialmente, ed è contento
di quel che fa.
Anche oggi Pino ha finito di mandare in onda il
telegiornale. Lo prendono a qualche chilometro di distanza
(la zona dello Jato, attorno a Partinico) e contiene tutti i
nomi dei mafiosi, e amici dei mafiosi, del suo paese. Non ci
guadagna niente (a parte la macchina bruciata o un carico di
bastonate) ma lui continua lo stesso, ed è contento di
quel che fa.
Anche oggi Luca ha chiuso la porta della redazione, al
vicolo Sanità. Il suo giornale, Napoli Monitor, esce da un
po’ più di due anni e dice le cose che i giornalisti
grossi non hanno voglia di dire. E’ da quando è ragazzo
(ha iniziato presto) che fa un lavoro così. Non ci
guadagna nulla, manco il caso di dirlo, e non è un momento
facile da attraversare. Ma lui continua lo stesso, ed è
contento di quel che fa.
Ho messo i primi che mi sono venuti in mente, così per far
scena. Ma, e Antonella di Censurati.it? Sta passando guai
seri, a Pescara, per quell’inchiesta sui padri-padroni. E
Fabio, a Catania? Fa il cameriere, per vivere, ed è
giornalista (serio) da circa quindici anni. E ti sei
dimenticato di Antonio, a Bologna? Vent’anni sono passati,
da quando gli puntarono la pistola in faccia per via di
quell’inchiesta sui clan Vassallo e gli affitti delle
scuole. Eppure non ha cambiato idea. E Graziella? E Carlo
Ruta, a Ragusa? E Nadia? E… Vabbè, lasciamo andare. Mi
sembra che un’idea ve la siate fatta. C’è tutta una serie,
in Italia, di piccoli giornali e siti, coi loro – seri e
professionali – redattori. Ogni tanto ne fanno fuori
qualcuno, o lo minacciano platealmente; e allora se ne parla
un po’. Tutti gli altri giorni fanno il loro lavoro così,
serenamente e soli, senza che a nessuno importi affatto –
fra giornalisti “alti” e politici – se sono vivi o no.
Eppure, almeno nel settore dell’antimafia, il novanta per
cento delle notizie reali viene da loro.
Saviano è uno di loro. Quasi tutti i capitoli di Gomorra
sono usciti prima su un sito (un buon sito, Nazione Indiana)
e nessuno, salvo chi di mafia s’interessava davvero, se
l’è cagati. Poi è successa una cosa ottima, cioè che
l’industria culturale, il mercato, ci ha messo (o ha creduto
di metterci) le mani sopra. Ne è derivato qualche
privilegio, ma pagato carissimo, per lui. Ma ne è derivato
soprattutto che – poiché l’industria culturale è
stupida: vorrebbe creare personaggi mediatici, da digerire,
e finisce per mettere in circolo contenuti “sovversivi” – un
sacco di gente ha potuto farsi delle idee chiarissime sulla
vera realtà della camorra, che è un’imprenditoria un po’
più armata delle altre ma rispettatissima e tollerata e,
in quanto anche armata, vincente.
Ci sono tre cose precisissime che, in quanto antimafiosi
militanti, dobbiamo a Saviano. Una, quella che abbiamo
accennato sopra: la camorra non è la degenerazione di
qualcosa ma la cosa in sè, il “sistema”. Due, che il lato vulnerabile del sistema è la ribellione anche individuale, etica. Tre, che lo strumento giornalistico per combattere questo sistema non è solo la notizia classica, ma anche la sua narrazione “alta”, “culturale”; non solo
“giornalismo”
ma anche, e contemporaneamente, “letteratura”. (Quante
virgolette bisogna usare in questa fase fondante,
primordiale: fra una decina d’anni non occorreranno più).
Dove “letteratura” non è l’abbellimento laterale e tutto
sommato folklorico, alla Sciascia, ma il nucleo della stessa
notizia che si fa militanza.
Nessuna di queste cose è stata inventata da Saviano. Il
concetto di “sistema”, anziché di semplice (folkloristica)
“camorra” è stato espresso contemporaneamente, e credo
sempre su Nazione Indiana, da Sergio Nazzaro (non meno bravo
di Saviano: e vive vendendo elettrodomestici); e forse prima
ancora, sempre a Napoli, da Cirelli. L’aspetto fortemente
etico-personale della lotta non alla “mafia” ma al
complessivo sistema mafioso è egemone già nelle lotte
degli studenti (siciliani ma non solo) dei tardi anni
Ottanta. La simbiosi fra giornalismo e “letteratura”, che
è forse l’aspetto più “scandaloso” (e che più
scandalizza; e non solo a destra) di Saviano è già forte
e completa in Giuseppe Fava, e nella sua scuola.
Le “scoperte” di Saviano sono dunque in realtà scoperte
non di un singolo essere umano ma di una intera generazione,
sedimentate a poco a poco, nell’estraneità e indifferenza
dell’industria culturale, in tutta una filiera di giovani
cervelli e cuori. Alla fine, maturando i tempi, è venuto
uno che ha saputo (ed ha osato) sintetizzarle; e che ha
avuto la “fortuna” di incontrare, esattamente nel
momento-chiave, anche l’industria culturale. Che tuttavia
non l’ha, nelle grandi linee, strumentalizzato ed è stata
anzi (grazie allo spessore culturale di Saviano, ma
soprattutto dell’humus da cui vien fuori) in un certo qual
senso strumentalizzata essa stessa.
* * *
Questa è la nostra solidarietà con Saviano. Non siamo
degli Umberto Eco o dei Veltroni, benevoli ma
sostanzialmente estranei, che raccolgano firme e promuovano
(in buona fede) questa o quella iniziativa. Siamo degli
intellettuali organici, dei militanti (“siamo” qui ha un
senso profondissimo, di collettivo) che hanno un lavoro da
compiere, ed è lo stesso lavoro cui sta accudendo lui.
Anche noi abbiamo avuto paura, spesso ne abbiamo, e sappiamo
che in essa nessuno essere umano può attendersi altro
conforto che da se stesso. Roberto, che è giovane, vedrà
certo la fine di di questo orrendo “sistema” e avrà
l’orgoglio di avervi contribuito: non – poveramente – da
solo ma volando alto e insieme, con le più forti anime di
tutta una generazione.
Pequod
Io invece sono all’altezza del mio coraggio,di una siciliana disoccupata che ha studiato,lottato con onesta’,senza chiedere aiuto ne’ ai premi nobel ne’ a chiunque altro.Il coraggio non e’ quello di mettersi in tasca milioni di euro,rischiare la vita degli agenti di scorta perche’ hai raggiunto il successo con un libro e un film.Il coraggio e’ riuscire ad andare avanti vivendo in un tugurio,senza contratto d’affitto, rimanendo onesta,facendo lavoretti per poter riuscire a mangiare,rinunciando a tutto,solo il lusso di internet,io una birra o una pizza non posso andare a berla o mangiarla perche’ non ho i soldi…Ecco il mio coraggio…Per una come me non si raccolgono firme sui giornali,ne’ si offre una casa,o la cittadinanza residenza a Roma no…una come me non vale niente…Ciao
Accidenti Maria. Il vero problema è: riusciremo ad essere all’altezza del TUO coraggio? Mi accontenterei della metà. Ciao
Maria, guarda, sono i soliti discorsi.
Allora che ne pensi di scomodare i bambini del terzo mondo, così la facciamo completa.
il mondo è pieno di problemi, ma per adesso il punto è offrire la nostra solidarietà ad una persona che ha evidenziato un problema esistente che affligge tutti noi e sta pagando troppo caro il prezzo del suo coraggio.
Quindi io mi sento solo di esprimergli la mia solidarietà, gli voglio far sentire che una parte dell’Italia è sana e lo appoggia; gli voglio offrire fiducia e speranza
e cmq non io personalmente non sono assolutamente all’altezza del suo coraggio…
e non lo sono in molti
Mio marito è un uomo che ha coraggio. Lui ha il coraggio di denunciare, di esporsi e se ne infischia dei “consigli” e delle lettere anonime.
a chi ti riferisci Clada?
chi scrive lettere anonime?
Sono state inviate due lettere a mio marito. Già denunciate ai CC. Ma non è questa la sede per parlarne.
pensavo fosse attinente al post, per questo ho chiesto
Non tutti abbiamo lo stesso coraggio….
però ognuno può dare il suo piccolo contributo: non dimenticando le vittime di mafia, non rassegnandosi, continuando a parlare di lotta alla mafia, partecipando alle iniziative antimafia, votando contro chi favorisce la mafia, non rinunciando a chiedere una vita libera dai compromessi mafiosi…
Vi ricordate il video della mandria di bufali che caccia via i leoni?
Non giriamo la testa dall’altra parte, stando tutti vicini a quei pochi coraggiosi, che con le denunce mettono in pericolo la loro vita, i mafiosi sarebbero costretti alla fuga.
Non mi ritengo all`altezza del suo coraggio, mi viene la pelle d`oca se poi penso a Falcone, Impastato, borsellino, Livatino, De Mauro, ecc.ecc…
La realtà è sempre una faccenda complessa
al coraggio del singolo che (ricordate?) si pianta davanti ai carrarmati in piazza o che (ce lo abbiamo in Italia) si arma di carta e penna e scrive le verità che molti conoscono si affianca il coraggio del quotidiano di quanti cercano di “tirare a campare” difendendo la propria famiglia come possono, con onestà e sacrificio cercando di tenere la schiena dritta, nell’ombra del loro anonimato…
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dietro c’è tutto il resto… multiforme, putrido, subdolo, violento, meschino… pericoloso! Capace di minacciare il singolo e la massa, in egual maniera, senza scomporsi più di tanto… che sa aspettare, temporeggiare… e colpire quando sa di potere fare più male…
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Scoraggiante! demoralizzante…
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non mi sento di demonizzare né il tentennamento del coraggio del singolo, né l’anonimato silenzioso del coraggio quotidiano della massa.
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nel mio piccolo: sostegno, perseveranza, coerenza… purtroppo, non so se per fortuna, faccio parte della massa!
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Linda
Pequod grazie dell’interessantissimo articolo che hai inoltrato.
A questo puntoi invito Rosalio a postare tutti i blog di questi giornalisti coraggiosi. E magari aggiungere anche alla lista “altri siti” http://www.bispensiero.it.
@bravo pequod, bell’articolo.
Grazie, Pequod, solidarietà a Saviano; anche lui è un coraggioso come altri citati prima.
Onore al coraggio, non tutti lo abbiamo in egual misura,
e non tutti dobbiamo combattere le stesse battaglie, ad ognuno di noi la vita pone problemi diversi da affrontare, a volte può essere quello della sopravvivenza; ma se questo è vissuto e affrontato con coraggio e dignità, senza cercare scorciatoie facili e compromessi, allora anche questo è coraggio. Solidarietà anche a Maria.
No, non siamo alla sua altezza.
Perchè non sappiamo cosa è davvero la mafia.
E perchè anche quando lo sappiamo facciamo finta di non saperlo.
Michela parla per te.
“Perché raccontare significa resistere e resistere significa preparare le condizioni per un cambiamento.” (Roberto Saviano)
su Repubblica http://www.repubblica.it/2008/10/sezioni/cronaca/camorra-4/saviano-ringrazia/saviano-ringrazia.html
Qualcuno mi spiega cosa ha fatto sto saviano contro le mafie? Possibile che se c’è una moda bisogna andarci dietro tutti acriticamente? Gomorra non è servita alle indagini contro la camorra, lo hanno detto gli inquirenti come il capo della Mobile di Napoli, quello che ha catturato i più grossi latitanti della camorra, quello che non voleva dare la scorta a Saviano perchè non ce n’era motivo. E poi quello che dice Saviano non fa paura alla camorra, visto che il film Gomorra è stato clonato e la camorra lo vende con le patacche per le strade, come conferma anche un servizio dell’Unità. E sono tantissimi i giornalisti e scrittori minacciati dalle mafie, alcuni vivono sotto scorta ma si parla solo di Saviano, si vende solo Saviano che con la Mondadori di Berlusconi fa miliardi. E noi siamo qui a chiederci se siamo coraggiosi come lui!!! Ma quei poliziotti che per quattro lire combattono le mafie allora cosa sono? Abbiamo il coraggio, quello sì, di porci qualche domanda su quello in cui crediamo?