Fuori registro
Ho scritto un piccolo Fuori registro. Si può scaricare liberamente dal sito di Biblioteca del Cenide (www.cenide.net), si trova alla sezione libri (una volta dentro la sezione, in alto si può selezionare un “cerca” che conduce direttamente al libro). Al suo interno rileva lo stato dell’arte di un singolo istituto cittadino, parte per il tutto di una situazione generalizzata e simile in molte scuole della città di Palermo. Non solo, le condizioni di lavoro e di studio sono comuni a molte realtà scolastiche, non necessariamente meridionali. Il film La classe di Laurent Cantet, per quanto rappresentasse un iistituto tecnicamente e amministrativamente funzionante, è riuscito più di molte proteste pubbliche a tastare il polso alla situazione scolastica che, evidentemente, è comune a molte realtà europee. I problemi riguardano, sì, l’integrazione ineludibile tra soggetti, non importa di che razza siano (“bisognerebbe abolire le nazioni” dice con fermezza il mio amico Francesco) e a quale religione appartengano, ma resiste, e da noi è una difficoltà estesa, una gamma di questioni irrisolte che sono strutturali all’esistenza della scuola.
Non si possono promuovere programmi per l’esaltazione della legalità e poi sorvolare dinanzi alle più comuni norme di igiene, non si può condannare il bullismo tra ragazzi e poi praticare forme di bossing tra impari di grado, non si possono esaltare i valori educativi e poi non rispettare posizioni valoriali diverse dalle proprie. Insomma, la scuola è uno degli elementi più sensibili della società contemporanea e, al tempo stesso, uno dei sistemi più bistrattati dalle amministrazioni centrali e locali; come se arrangiarsi, dinanzi ad un sistema infantile e giovanile che cambia al ritmo delle stagioni, non più dei decenni generazionali, e di fronte ad una classe educativa che non ha incentivi motivazionali per evolvere educativamente e pedagogicamente, debba essere la regola. La scuola ha il destino di comunicare la società, di cui ne è il crogiuolo in scala, più che la famiglia che rappresenta, ancora per molti, il nido, mentre per altri è il circolo vizioso, la meta da cui fuggire. Lo so, l’ho vissuto in questi anni, l’ho visto. Ci sono famiglie in cui i valori sono prossimi all’estinzione, vale solo la sopravvivenza, e per i ragazzi che provengono da queste la scuola è l’andito in cui nascondersi. Se poi essa non riesce a proporsi come luogo di riferimento (perché non gliene si dà la possibilità), favorite immaginare la strada di questi ragazzi e ragazze.
Affrontare i problemi della scuola, tutti in una volta, è onere troppo grande e bisognerebbe partire, per farsene un’idea, da un’indagine a tutto campo sui problemi e sulle necessità, ma anche sulle relazioni che la scuola, e dunque ogni singolo istituto, ha col territorio. Il ministro ha improntato la “sua” riforma a partire dalla scrivania del suo studio, invece, evitandosi il fastidio di dover valutare i termini dell’operazione per avere un risultato. Diciamo che è partita dal risultato atteso e poi, man mano, ha cercato di capire quali erano i fattori da inserire. Se si guarda la cosa dal basso, invece, so che insegnare e imparare italiano a Borgo Nuovo non è la stessa cosa che farlo in via Libertà, a parità di età, di classe, di programmi e di indirizzo. Con questa raccolta di testi, prodotti all’interno di un blog (inogniluogo.blogspot.com) e da questo selezionati (con i relativi commenti) ma anche in forma di documentazioni rivolte a un dirigente scolastico (utili per qualunque istituzione), ho tentato di rappresentare cosa è diventata la scuola sotto le reggenze Fioroni e Gelmini, e come ci si è dovuti abbarbicare ad esili speranze per mantenere in vita il senso stesso dell’istituzione pubblica.
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