Pendolare
Estate. Periodo di vacanze, di viaggi, di partenze. Chi lavora o studia fuori torna in patria, chi in patria ci vive fugge lontano (anche solo con il pensiero). I racconti dei “ritorni” sono le favole della nostra contemporaneità, tessute coi fili della nostalgia, del distacco, della mancanza, della scoperta. Chi torna, ogni volta che torna, ha il proprio rituale: si va a mangiare l’arancina al Touring, lo sfincione al panificio sotto casa, non si rinuncia al pezzo da Ganci, si fanno scorpacciate di cannoli perché chissà quando un altro lo rivedo più. Poi c’è il panino con le panelle, il quarume e le stigghiole mangiate rigorosamente sotto il ponte di viale delle Scienze. C’è chi la sabbia di Mondello è la più bella del mondo, pure meglio di quella delle Hawaii, chi il kebab è un piatto arabo ma come lo fanno a Palermo nessuno mai.
Ognuno sceglie la propria bandiera, un posto che a guardarlo sai di essere di nuovo a casa: c’è chi, con gli occhi sgranati dall’oblò dell’aereo, fissa l’azzurro del mare di Punta Raisi frangersi sugli scogli; chi quando torna a Palermo deve vedere il Massimo illuminato ogni sera perché se no non ci può sonno; chi cerca tra le montagne l’Utveggio già dall’autostrada perché vuol dire che stiamo arrivando. C’è chi si lascia alle spalle l’accento da forestiero e ne approfitta per fare una scorpacciata di dialetto; chi fotografa ogni cosa perché così poi me la metto nella stanza e non mi sento sola. Chi congela ogni piatto che ha fatto la mamma, così poi torno a Milano e per un mese ho ancora l’impressione di stare a Palermo. E c’è chi, semplicemente, respira. Per portarsi dentro un po’ di quell’aria che noi, quelli rimasti qui, malediciamo ogni giorno.
Già, e noi rimaniamo qui e guardiamo partire ogni aereo con un amico o un parente che ci lascia e: “ci vediamo a natale”. Il cuore colmo di malinconia per un’altra estate finita e i temporali non aiutano la ripresa del solito tram tram. A volte questa città mi sembra maledettamente piccola e vuota, il vuoto è lasciato da tutte quelle persone in gamba che hanno preferito fare della speranza il loro obiettivo lasciando un pezzo di cuore seppellito sotto la sabbia di Mondello. Speriamo che la Madunnina o il cupolone o la tour Effel o il Big Ben, li assista ovunque loro abbiano deciso di seminare e possano raccogliere i frutti più belli. A noi non rimane che affidarci al panificio Graziano..
Cara Laura,
io che di pendolari ne conosco tantissimi, l’ultimo è mio fratello, trovo nelle tue parole tutte quelle situazioni che ogni estate mi inducono a riflettere su una questione: sono un siciliano di scoglio? oppure un siciliano di mare aperto?
Credo di essere un po’ l’uno e un po’ l’altro, ma alla fine, fin quando potrò, penso proprio che rimarrò attaccato allo scoglio con forza. Dopo tutto, malgrado le correnti contrarie, non si sta così male (per meglio dire, io non sto così male).
Grazie, leggerti è sempre un piacere.
p.
pendolare di lungo raggio..così “mi” ha definito un articolo di recente apparso su repubblica.
è triste lasciare l’Isola, ma più triste ancora è pensare che non mi ha dato la stessa opportunità che ho all’ombra della Torre degli Asinelli…
La riflessione più interessante, ma anche molto triste, penso sia che l’unico modo per amare Palermo è viverne al di fuori!
picciotti.. niente, è meglio che non inizi! solo una cosa: saluti da Luogocomuneland
Io spero di poter tornare presto a respirare l’aria “maledetta” di Palermo per dodici messi all’anno….perchè sono andata via,con la speranza nel cuore di poter tornare un giorno!
luppina, il 14barrato 14barrato?
Cyrano,
chevordì il 14 barrato? lo prendevi quando te la buttavi per andare da Graziano? 😀
E’ vero!………..
Io che vivo in un continente diverso, detesto quello che sta diventando la mia Italia ma guardando il porticciolo di mondello ho pianto, come se fosse una delle 7 meraviglie del mondo. mi sono sentita una turista a casa mia e come tale ho acquistato un suvenir, mangiato l’arancina di massaro e il gelato…..
Ogni volta che devo rientrare in Italia, mi viene il panico, perchè avrò milioni di cose da fare e la mia piccola vacanza sarà un lavoro, ma quando arrivo all’aereoporto respiro quell’aria di casa che mi stringe il cuore e mi ricorda la mia sausade.
Amo ancor di più la mia città perchè non ci vivo, triste ma vero.
Palermo è un puntino sul mappamondo.
niente, lo devo dire per forza.. cominciamo dall’inizio: a parte il discorso pluri-ribadito (nonchè FRADICIO IN TESTA) di questa nostalgia per Palermo (assolutamente opinabile, ma non è questo il punto), che penso abbia ispirato più post qui su rosalio.it che canzonette gli amori estivi, a parte il leitmotiv del pezzo da Ganci che veramente è più che banale (strano che non abbia scritto il fatto dell’idea di aprirsi un negozio della catena a Milano per farsi “troppi soldi”), a parte tutto questo appunto arriviamo alle cose veramente folli: ma veramente conosci qualcuno che ti abbia detto che la sabbia di Mondello è meglio delle Hawaii? Ma veramente c’è qualcuno che senza vedere il Massimo non si può addormentare? Se la risposta fosse “sì” compatirei l’ignoranza e la ristrettezza mentale di questi individui (che magari lavorano in luoghi di civiltà ma sono tutto l’anno impazienti di venirsi a fare 15 giorni di traffico, abbili, feto, grascia e maleducazione diffusa, avendo magari la classica mentalità da campanilista cieco da “sì, la mafia e tutto quanto.. però che c’entra, è bella la cattedrale, è bello Ballarò, e quindi è la città più bella del mondo”); se la risposta -come suppongo, come SPERO che sia- dovesse essere “no” io penso per l’appunto che tu abbia inventato queste opinioni sulla base del sentire comunissimo dei discorsi (in questo caso è un post) relativi all’autocompiacimento in quanto palermitani. E qui torniamo al discorso iniziale del clichè del post sull’unicità di Palermo e su quanto è “simpatico” ogni suo aspetto (anche il più becero), quando ci dimentichiamo -come dice qui sopra Pinuzzu u tasciu- che Palermo “è un puntino sul mappamondo”, un puntino per giunta schifiatu r’i cani.
Ma poi, sei proprio sicura sicura che il kebab sia un piatto arabo?
Gomesio ti invito a essere rispettoso nei tuoi commenti. Grazie.
gomesio, aggiungo…
se certe città sono dei puntini infenitesimali nell’universo mondo, certi post sono dei temini infantili, e non si hanno più risorse, dopo le ultime riforme scolastiche e i relativi tagli, per trovere chi li possa valutare.
questo voleva essere un commento possibilmente oggettivo, quello soggettivo è che di pendolari e migranti che pendolando e migrando continuano tutti con la stessa solfa non se ne può più!!!
possibile che anche mettendo il naso fuori di casa non cambiate di una virgola?
e mica è così difficile guardarsi intorno! 🙂
che meraviglia, essere nuovamente in attesa di approvazione mi fa sentire giovane, come quando liceale aspettavo treni che la mia inesperienza non mi davano mai per sicuri…l’hanno annunciato, ma passserà o non passerà?
grazie rosalio! 🙂
Stalker il tuo commento non ha senso perché non ci sono commentatori in attesa di approvazione ma talvolta, semmai, commenti in attesa di approvazione e ti ho detto centinaia di volte che il canale corretto per comunicare con me è l’e-mail. Ciò che penso ha a che fare con la tua educazione a questo punto. Rimuoverò ulteriori commenti fuori tema. Saluti.
Io più che pendolare sono una vera e propria emigrata, vivo in un continente diverso…………
Ma quando parlo (e credo anche gli altri) di nostalgia non è certo per la munnizza o gli autobus schifosi, ma nostalgia della propria infanzia e con essa di tutti quei “luoghi comuni” che odorano di casa.
Certo Palermo è sporca, ha un sacco di problemi, ma x chi ha messo il suo dolce nasino fuori casa sà che è quello che trova anche nelle altre grandi città del mondo.
Per noi, tornare a casa non è mangiare l’arancina in quanto tale, ma è afferrare l’idea di casa.
Quando ci vivevo, mi veniva stretta, una città piena di contraddizioni e problemi, ma quando rientro la guardo e vedo solo le belle cose che prima, avendole sotto gli occhi non sapevo apprezzare.
Ciao Alexandra: posso chiederti dote vivi? Mi piacerebbe provare ad indovinare le immagini, i contrasti e i confronti che imperversano nella tua mente quando ti sporgi dal porticciolo di Mondello per guardare il mare. Un saluto
Grazie del tuo commento Gomesio. E’ sempre piacevole leggere qualcuno che non la pensa come te. Non pretendo che la mia sia arte o alta letteratura e mi dispiace che tu, leggendomi, possa pensare che sia tanto orgogliosa. Posso risponderti si: mia zia, che vive in una provincia diversa, ogni volta che torna a Palermo va a fare un giro in centro per vedere il massimo illuminato. Banale,lo so. Mio fratello per due anni è stato a Torino per motivi di lavoro. Appena sceso dall’aereo la prima fermata doveva essere da Ganci. Banalissimo, lo so. Mio cugino, anch’esso “emigrato”, quando sale sul traghetto per messina deve per forza addentare l’arancina. Stra-banale. E’ l’uomo comune, la forza del luogo comune, che mi piace catturare. O quantomeno avere l’idea di intrappolare tra le mie righe. E ringrazio Rosalio che me ne da la possibilità.
Beati quelli – come te Gomesio – che non conoscono la nostalgia.
Chi è andato via rimpiange di aver lasciato la famiglia, i ricordi della gioventù, i luoghi di ritrovo con gli amici , il mare e forse anche la pasta con le sarde, ma credo che tutto questo rimanga qui, mentre si sale su un aereo per raggiunge la propria nuova dimora.
mio cugino, quando scende con la mia zia acquisita che sposò in seconde nozze lo zio gigino, insieme a sua nipote e a mio fartello che pare che abbiano una tresca, e alla suocera di mio fratello insieme a sua cognata e al fratello del suocero, pare che la prima urgenza che abbiano sia quella di farsi una bella doccia e disfare i bagagli….ma l’ho sempre detto che la mia è una famiglia sballata!! 😉
oibò