Si presenta “Baarìa” (il libro) allo Steri
Oggi alle 16:30 verrà presentato allo Steri (piazza Marina, 61) il libro Baarìa di Giuseppe Tornatore e Pietro Calabrese.
Parteciperanno, con gli autori, Luigi Colajanni, Marianna Ingrassia, Giovanni Pepi e il rettore Roberto Lagalla. Modererà il presidente dell’Istituto Gramsci Siciliano Salvatore Nicosia.
estratto della recensione di COOMING SOON:IT
http://www.comingsoon.it/Primo-Piano-Page.asp?key=913
Ma in tutta la sua densità e la sua frastornante sovrabbondanza, Baarìa è un film cui mancano davvero cuore e calore. Perché le energie, le passioni e le idee vengono estinte dall’insistita ossessione per la “bella immagine”, da tonalità ora drammatiche ora inspiegabilmente da cabaret televisivo (si vedano a tal proposito gli enigmatici cammei ricorrenti di Beppe Fiorello e Luigi Lo Cascio) ma comunque marchiate da una sensibile artificiosità figlia dell’ansia di mostrare, dal tentativo di affrescare il più possibile senza mai andare in profondità.
Magari Tornatore la sua idea di quel che doveva essere Baarìa, di quel che è il (suo) cinema, ce l’ha e ce l’ha pure chiara, tanto che rimane quasi costantemente uguale a sé stessa. Ma non è scritto da nessuna parte che questa debba essere condivisa o condivisibile. Checché ne penseranno gli americani.
Federico Giro
in fonfo siamo tutti liberi di andare a mangiarci un panino piuttosto che andare al cinema. C’è a chi è piaciuto tanto… e a chi no.
BAARIA! IL FILM CHE FECE DI TORNATORE UN ATTORE NOIOSO LASCIANDOGLI SOLO IL NOME.
Permettetemi di dissentire su quanto è stato scritto nei precedenti post. Baarìa è un bellissimo film che ridà giustizia all’immagine della Sicilia ed ai siciliani. Tante volte la nostra terra è presentata come territori in cui vige la legge del Far West, dove ogni giorno ci sono sparatorie tra mafiosi o in cui le persone escono con la lupara e il gillet di velluto. La rappresentazione che Tornatore fa della Sicilia del dopoguerra, con la lotta dei contadini per l’attuazione della riforma Gallo e con la povertà diffusa nelle campagna sotto l’oppressione dei latifondisti e della mafia mi ha fatto rivivere i racconti dei miei nonni che hanno vissuto quel periodo. La mia nonna materna ha vissuto l’uccisione di un fratello che era Segretario della Camera del lavoro del Paese in cui vivo ed io, nel protagonisto, ho rivsto sullo schermo il racconto di una fase della storia della nostra terra che ha visto i contadini (ergo il 75% della popolazione dei piccoli centri) sopportare tante angherie e sopraffazioni. Interessante, mi è parsa, la ricostruzione cinematografica della politica di quei tempi in cui le ideologie politiche (a volte, giustamente secondo me, esasperate e banalizzate nel film) marchiavano la vita degli appartenenti. Anche le critiche sull’assenza della Mafia mi sembrabo infondate; nel film la mafia c’è e si vede!!! ma non la mafia come raccontata da stupidi serials televisivi (onore e rispetto, il capo dei capi, ecc.)ma quella che dal controllo dell’acqua per l’irrigazione dei campi (scena in cui la nonna racconta al nipotino dell’uccisione del proprio padre) è passata al controllo della politica nel mondo degli appalti, passando prima dal supporto fornito ai grandi proprietari terrieri per controllare i latifondi. Alla fine l’intento del regista era quello di raccontare, in maniera anche autobiografica (visto che il padre di Tornatore era un sindacalista e tante scene del film ricordano scene del vissuto del regista) il cambiamento sociale di una terrà (nello specifico di un paese come Bagheria) ed in questo penso ci sia pienamente riuscito.
Poi ciascuno pensa quello che meglio crede.