Scoiattoli, “two strikes”, previsioni meteo e docenti in California
A Berkeley uno degli animaletti più comuni è lo scoiattolo marrone (Sciurus niger). Infestatore di giardinetti sul retro, molestatore di passanti per il cibo persino nel campus, amante delle scoiattole tanto da creare (e crearsi) problemi di sovrappopolazione e emigrante anch’esso come i tanti siciliani di California: in origine era nella parte est degli Stati Uniti e in Canada…ora è anche qui.
Sto incontrando anche alcuni siciliani qui, di seconda e terza generazione. In particolare ho avuto a che fare con avvocati che si occupano di proprietà intellettuale (legata all’Information and Communication Technology). Uno di loro, nipote di abitanti di Isola delle Femmine approdati a Pittsburg e ora consulente per una potente famiglia americana, mi ha parlato con orgoglio e lucidità degli italiani approdati negli Stati Uniti che ce l’hanno fatta malgrado il fatto che fossero sul “two strikes” quando sono arrivati. Il termine è preso in prestito dal baseball: al terzo strike (“punto” del lanciatore) il giocatore in battuta viene eliminato. I due strike che pagavano gli emigranti italiani erano la povertà e il non conoscere l’inglese. Molti siciliani sono oggi in ruoli chiave
Lunedì mattina ho visto le previsioni meteo e mi ha colpito molto l’interazione tra conduttore, camere live e infografica. Appena trovo il video ve lo mostro.
Sono stato a pranzo anche con il professor Merges che insegna Legge e tecnologia a Berkeley. È stato molto piacevole e ho purtroppo dovuto fare i soliti confronti. I docenti delle università italiane non sono quasi mai disponibili e parlano con gli studenti come se fosse un favore, chiudendosi agli stimoli e negando quello che dovrebbe essere uno dei loro compiti principali. Non è la prima volta che interagisco con docenti di università americane (una volta ho chiesto un paper per il mio dottorato e mi sono arrivate molte informazioni in più del desiderato…) e hanno un atteggiamento molto diverso. Mi viene in mente la questione della headship contrapposta alla leadership…se sei un docente italiano spesso brandisci con autorità il tuo ruolo come se fosse una clava, i docenti americani si guadagnano sul campo il rispetto e l’autorevolezza.
Del perfido (o forse no) parente-di-parente-che-a-me-non-viene-niente ne parliamo la prossima volta…
(crosspostato su Deeario)
“e sei un docente italiano spesso brandisci con autorità il tuo ruolo come se fosse una clava, i docenti americani si guadagnano sul campo il rispetto e l’autorevolezza”
giustissimo.
Aggiungerei: se sei un docente italiano sei probabilmente un mediocre e ti barrichi dietro una clava perchè temi di essere colto in fallo, anche nelle discussioni con uno studente. Magari ti darebbe anche fastidio se uno studente diventasse più bravo di te.
Se sei un docente americano, lo sei perchè sei bravo e quindi sei, in media, una persona molto tranquilla e sicura di sè, che non teme confronti e che, anzi, tende a mettere le persone di grado “inferiore” come gli studenti perfettamente a loro agio, in modo da dare loro sempre la possibilità di esprimersi e di fare emergere il meglio di sè.
Sì, in effetti è sorprendente questa cosa dei docenti universitari, ma per loro dev’essere assolutamente normale. Conosco una californiana che insegna in un’università italiana, i complimenti per le sue lezioni l’hanno lasciata imbarazzatissima, nonostante non sia timida. In un’altra occasione ho scritto a una docente importante di Yale per motivi estranei allo studio (diciamo una specie di segnalazione) credendo comunque di non ricevere risposta. Nel giro di mezza giornata mi ha risposto prendendomi molto sul serio e mi ha anche segnalato una mezza opportunità di lavoro.
Penso che sia tutto il loro modo di concepire gli studi che è diverso. Ci si potrebbe dilungare, anzi: ci sarebbero tomi e tomi da scrivere.
non vorrei fare l’avvocato del diavolo ma spesso l’atteggiamento dei docenti universitari è causato dalla scarsa educazione e invadenza degli studenti. purtroppo poi diventa un abito mentale di cui non ci si libera più.
No, fabio, hai ragione, in effetti in America è diverso l’atteggiamento anche da parte degli studenti, che sono mediamente più motivati. In pratica si instaura spesso una sorta di cameratismo fra docenti e studenti, come fossero compagni di viaggio nella ricerca, con più libertà per entrambi di contribuire e ideare.
Però gli studenti americani sono avvantaggiati, perché fino alla fine delle superiori fanno le nostre medie, anche più ricreative, quindi arrivati all’università non sono imbottiti di nozioni, bensì maturi per fare l’equivalente dei nostri licei o istituti, grosso modo. Affrontare un argomento per la prima volta a 18 anni anziché a 14, o a 21 anziché a 17 cambia le cose non di poco. In più in America le varie materie hanno un modulo introduttivo metodologico più che storico;la storia viene insegnata diversamente e senza eccessi di evoluzionismo; questo fa guardare ai contenuti delle discipline in modo più imparziale e paradossalmente consente di prendere spunto anche dal passato, ecletticamente. Tante, tante, tante differenze che incidono sullo studio e la docenza!
Detto ciò, non credo che i docenti italiani siano quasi tutti mediocri. I peggiori sono proprio quelli che quasi si adeguano agli studenti svogliati facendo sconti e quelli poco preparati, che fanno errori madornali. In Italia c’è molta varietà: ho trovato professori disponibilissimi, prodighi di consigli e addirittura chi mi ha offerto un pranzo!, ma ignoranti come capre. Mentre quelli più freddi e pignoli col loro puntiglio mi hanno consentito di progredire.
In definitiva si spera sempre che l’alternativa non sia questa, però è meglio imparare da un muso lungo che ne sa che da un simpatico cialtrone.