Quaderno di Palermo 16
Da dove cominciare? Dall’assenza di targhe stradali in parecchie piazze e vie di Palermo, proprio come se ogni cittadino conoscesse a memoria la pianta della città o avesse la scienza infusa o non ne avesse bisogno perché in fin dei conti una strada vale l’altra e quindi non è importante il luogo dove uno va o torna o permane. Forse sarebbe meglio iniziare questa volta, magari per contrapporsi a questa mancanza d’informazione sui nomi delle strade, dalla profusione di cartelli o avvisi che sono sparsi e fissati per tutta la città, i quali in modo didascalico invitano chiunque sia a diventare un po’ più civile. Un fatto magari futile e inosservato dall’abitante che è nato qui, e quindi abituato o forse meglio, assuefatto a questi inadempimenti. O si tratta invece di una cosa che soltanto colpisce l’intrepido forestiero che osa muoversi con normalità per il labirinto palermitano?
«Si prega di chiudere il portone e di accompagnarlo con le mani», si legge in tanti androni palermitani con l’obbiettivo apparente non solo di proteggere ma anche di non disturbare gli inquilini che abitano nel palazzo. Essi, secondo quello che recita la scritta, ogni volta che entra o esce un visitatore e non dà retta all’avviso appiccicato (e malignamente possono essere anche gli stessi vicini del palazzo a non prestare attenzione, i quali si potrebbe dire che, a tradimento, neanche loro rispettino quello che si chiede agli altri), da una parte devono proteggersi dai malavitosi che in agguato si aggirano per le strade innominate aspettando con vigile attenzione il momento opportuno per poter entrare, dall’altra sono stufi di tanti sobbalzi inattesi che, mettiamo per caso, gli fanno cadere i piatti dalle mani o tagliare la pelle mentre si fanno la barba o gli impediscono di prendere sonno in tutta la notte per colpa dello sbattere continuo del portone. Ma per non tradire lo spirito contradittorio che avvolge l’intera società palermitana, appeso magari per il semplice scopo di confondere un ingenuo cristiano, il visitatore ha addirittura la meravigliosa e incredibile fortuna di trovare nell’androne dell’edificio accanto a quello di prima un’avviso di segno opposto: “Non accompagnare il portone con le mani. Si chiude da solo”, come se qualsiasi persona che entrasse nel palazzo (o uno dei vicini stessi si potrebbe di nuovo aggiungere) afferrasse la maniglia del portone infastidito per non poterlo «accompagnare con le mani», come si faceva nell’altro androne, e lo sbattesse come atto d’accusa… Ma possiamo continuare con altri avvisi, come quegli che fanno riferimento alla pulizia o, per meglio dire, alla sua assenza. Dal semplice, comune e anche austero «Vietato buttare la spazzatura» -sorprende questa scritta compassata, abituati come siamo alla prolissità palermitana-, a quell’altro che ricorda piuttosto una raccomandazione fatta ai bambini e non agli adulti menefreghisti o semplicemente sozzi, “L’immondizia si butta solo dentro i cassonetti” o, per finire, l’esortazione che richiama sia ai principi morali che alla giustizia: «La persona pulita è onesta e non butta la spazzatura qui». Si potrebbe continuare per un bel po’, per esempio con alcuni brevi cartelli, tipo «Caduta calcinacci», o con qualche insolita scritta pure dentro gli androni, come ad esempio, «Per favore, aiutare a tenere pulite le scale», o con quest’altro inatteso, «I rumori nuocciono ai malati», messo nei dintorni degli ospedali, come se il palermitano non sapesse che dentro i presidi sanitari non si festeggia assolutamente niente, anzi. Il fatto è che si preferisce riempire tutta la città di avvertimenti o avvisi invece di risolvere quello che essi predicano (applicare un meccanismo ai portoni, non lasciare la spazzatura dove capita, riparare muri e balconi, e così via), senza dimenticare che più avvisi ci sono in giro meno si leggono e quindi si rispettano. Comunque, penso che si potrebbe finire con l’apice di tutti gli avvisi o targhe che si trovano per la città, almeno secondo me. Si tratta di quello che a volte si vede sugli stessi marciapiedi, cioè «Proprietà privata», come se qualcuno ci desse il permesso, innanzitutto gratuito, di poter camminare su un suo terreno che né il comune, né la regione, né lo stato sono stati capaci di rendere pubblico per il bene comune dei cittadini. Perciò avevo iniziato queste parole con il riferimento alla mancanza dei nomi nelle vie e piazze di Palermo (e a buon intenditore…).
Richiamo.
Un post da applausi, mi piace il suo modo di scrivere!