Spinno di pasta con le sarde & co. a Roma
Nella prima puntata della mia collaborazione con www.rosalio.it conclusi il mio intervento parlando della difficoltà di trovare aromi, condimenti e ingredienti che per noi siciliani sono indispensabili, soprattutto se si ama la buona cucina. È anche vero che ciò di cui parlo presuppone una dose di esperienza consolidata nel saper preparare i piatti tipici della nostra tradizione palermitana. Mettiamo in chiaro subito un aspetto, io non so cucinare nulla, beh a parte la classica pasta col tonno, piatto risolutore di tante serate settimanali e pranzi festivi durante la mia breve vita da single… Per fortuna ho una moglie eccezionale (non lo dico solo perché potrebbe leggere quest’articolo), ma perché lo è davvero. Questa signora che ha avuto la sventura di sposarmi, cucina meravigliosamente, soprattutto quando è in vena, altrimenti “addubamo” (un modo come un altro per definire l’apertura di scatolette o l’utilizzo di cibo già pronto). Torniamo seri e parliamo di cucina. E sì perché da palermitana doc, quale è lei, ama cucinare i piatti della tradizione, talvolta un pò rivisitati anche per certe scelte personali o presunte intolleranze. Fra poco arriva il mese più temuto da chi vorrebbe restare in linea, ma amato dai siciliani veraci che amano “appanzarsi” (aumentare il girovita e quindi andare alla ricerca di capi d’abbigliamento di taglia XXL) tra una giocata a carte in famiglia e una tra amici. Giocate accompagnate spesso dal dolce scricchiolio dello “scacciu” (mix di noci, mandorle, nocciole e noccioline americane). Ovviamente ci riferiamo al mese di dicembre, e quindi cosa si cucina a Palermo? Tracciamo un percorso gastronomico seguendo il calendario. Il ciclo dei festeggiamenti inizia con l’8 dicembre, la cosiddetta “fiesta ra maronna” (festa dell’Immacolata Concezione), o meglio il 7 sera, ovvero per la cosidetta “’a Viggilia”. In questa occasione sarebbe d’obbligo “’u sfinciuni” e il baccalà “apparecchiato” o fritto, accompagnato da “carduni e cacuocciuli a’ pastietta” (ovvero cardi e carciofi realizzati con una pastella, meglio se con birra). Per concludere in bellezza un dessert di “mustazzuoli” (dolci con le effigi sacre della madonna, il bambin Gesù, angeli, ecc. in rilevo nella parte in cui sono di color bianco) e “’u cucciddatu” (ciambella dolce di pastafrolla ripiena di fichi secchi, mandorle, noci, cioccolata a scaglie e marsala) che ci accompagneranno fino alla fine delle feste. Per il palermitano a Roma, questo menù sarebbe quasi tutto realizzabile, l’unico elemento di scarsa reperibilità è il caciocavallo siciliano da inserire sotto la “consa” (condimento) dello sfincione. A mio modo di vedere il caciocavallo ragusano rappresenta il top, ma per coloro che non lo potessero recuperare, potrebbe essere sostituito con il cacio dop silano (reperibile in una famosa catena di supermercati che tratta prodotti tipici regionali). Dopo la Madonna c’è Santa Lucia, il 13 dicembre, e noi quel giorno cosa facciamo di solito? Premettendo che la festa vieterebbe di mangiare pane e pasta, noi la onoriamo con grano, riso e patate: si inizia con una sana colazione energetica a base di “cuccia” (dolce a base di grano cotto condito con crema di ricotta, canditi e cioccolattini, oppure con crema al cioccolato o con crema al latte) e per i più arditi una bella “arancina” di primo mattino non guasta… L’arancina comunque ormai è stata globalizzata, in quanto in origine nasce come polpetta di riso ripiena con ragù di carne e piselli o nella sua versione “al burro” ossia ripiena di formaggio fuso, burro e prosciutto. Adesso la si trova in tutte le varianti e per tutti i gusti, con spinaci, funghi, addirittura dolce alla nutella… A pranzo si può scegliere l’opzione risotto e a cena (se l’acidità non ha già colpito lo stomaco) c’è il “grattò” ossia il gateau di patate. Anche qui il menù è di facile ralizzazione poichè tutti gli ingredienti si trovano facilmente. Eccezion fatta per il grano, che mia moglie sostituisce col farro (un pò più piccolo e con chicchi meno corposi, ma ugualmente gustoso) e l’“astrattu” (estratto di pomodoro essiccato) per fare il ragù delle arancine, che maestralmente lei sostituisce con il triplo concentrato di pomodoro in tubetto. Insomma se non siete fortunati come me ad avere una moglie che sa cucinare da dio, come si fa? Si mangia fuori, e a Roma di scelte ce ne sono parecchie e per tutte le tasche. Vi segnalo qualche luogo “sacro”:
Lumie di Sicilia (ristorante)
Via Fratelli Bonnet, 41
Tel. 06.58.13.287
Enoteca Vucciria (enoteca e ristorante)
Via Cipro, 61
Tel. 06.39733647
Bedda mtri (vere specialità siciliane)
Via Eschilo, 191
Tel. 06.5090445
Mondo arancina (arancine di generose dimensioni ripieni delle più svariate farciture)
Via Marcantonio Colonna, 38
Tel. 06.97619213
Nel prossimo articolo ci concentreremo sulle feste natalizie e di fine anno, con un occhio di riguardo per coloro, che come noi, non potranno “scendere” (un giorno analizzeremo anche il modo un pò particolare col quale si intende in Sicilia il movimento fisico verso il continente, scendere e salire, del tutto nostro) a Palermo tra i propri cari, perché anche qui a Roma c’è un angolo di Palermo, e vivrà a lungo… Per la realizzazione di questo articolo, ringrazio la consulenza di Patrizia Mignosi per il supporto gastronomico fornito, e soprattutto, essendo mia moglie, la esorto a scatenarsi in termini culinari durante le prossime feste!!!
Marco, sei troppo 10. Grazie per la lista dei locali, già ne ho battezzato uno. Ma quando ci inviti a casa tua?
baciamo le mani
salvatore
PS
…per fortuna che per le feste “scendo” a Palermo:)
Secondo me sono ingrassata già di un chilo soltanto a leggere il tuo post! 🙂
ho appena finito di mangiare un 200 grammi di pasta con il tonno con un bel pó di “qualcosa che assomiglia a provola” squagliato dentro 🙂
Complimenti. Il tuo post è divertentissimo. Ho riso dall’inizio alla fine, anche se dalle tue parole emerge un pizzico di nostalgia, che inspiegabilmete prede un pò tutti i siciliani quando salgono e scendono lungo il continete.
Ovviamente sono doverosi dei complimenti anche alla moglie per tenere alta la tradizione culinaria siciliana!
semplicemente grandioso…
ma la cosa più divertente è stata ritrovare nei commenti a tuoi articoli esattamente le stesse cose che diciamo continuamente noi palermitani emigrati nella capitale, tra la quasi totale incomprensione dei nostri amici/colleghi romani!
io sto a roma da 3 anni ma non ho ancora trovato un posto dove si possa mangiare uno sfincione decente… quello di mondo arancina non è proprio il massimo… altri suggerimenti?!? (senza dover uscire dal raccordo visto che mi muovo rigorosamente con vespone bianco 125 targato PA…)
x Salvatore
grazie mille per i complimenti che girerò alla moglie. Per quanto riguarda l’invito a casa, ci siamo appena trasferiti, e non abbiamo ancora un tavolo che possa definirsi con questo nome. Rischierei di farti mangiare senza sederti, e da buoni siciliani, ciò non è bene… 😛
x Maria Luisa, e appena leggerai l’articolo sulle feste di Natale e di fine anno di quanti chili ingrasserai?? 😛
x Sebastiano, mi sa che allora ho colto nel segno, ma adesso a casa mia, pasta col tonno abolita!!!! Meno male che me la sono sposata io sta santa donna… 🙂
x Arianna la tua chiave di lettura è centrata, la nostalgia c’è, si scontra con altri fattori e interessi, ma credo che la cucina e la famiglia in Sicilia siano essenziali per tenere vivo questo legame con la nostra terra e per vincere anche certi luoghi comuni. Grazie 🙂
x michele secondo me lo sfincione come lo fanno a Palermo, specie in certi mercati (il capo ad esempio) non lo troverai mai al di fuori delle porte di Palermo. Soprattutto perchè in quei luoghi c’è un ingrediente segreto che credo nessuno possa replicare altrove. Il Bedda Matri credo sia da testare in tal senso, ma riconosco che lo sfincionello che fa mia suocera è di altissimo livello, soprattutto perchè a me non piace troppo unto, ma ricco di cacio cavallo e bello soffice. Insomma Michele, o aspetti che mia suocera torni a trovarmi nella prossima primavera, o devi aspettare il prossimo rientro alla base 🙂
Beh, siamo in tanti sicani in terra foresta, non credevo….
Complimenti per il blog, vorrei avere più tempo per perdermi in chiacchierate enocultualgastronomiche con il mio amico e collega Marco ma purtroppo il tempo non gioca dalla mia parte.
Due commenti, inter nos.
Il primo, su Le Lumie di Sicilia, da cui poi è nata la segnalazione al nostro blogger: l’ho provato un sabato, molto affollato, di ottobre. Il rapporto qualità prezzo è considerevolmente vantaggioso considerando che non stiamo parlando dell’osteria Ferro di Cavallo in via Venezia, a Palermo; eccellente accoglienza (Roma, come ben sapete, ti fa dimenticare in fretta queste caratteristiche della nostra terra), sia per la prenotazione telefonica del sabato che al nostro arrivo in sala. Ci hanno perfino riservato il tavolo “un pò isolato” che avevo chiesto la mattina, temendo che davanti a questa velleità mi mandassero a cugghiere i luppina…
Unico difetto: si tratta di una sola sala, rettangolare, abbastanza rumorosa, topologicamente simile a quella in cui si mancia dopo aver vattiato i picciriddri da noi… 😉
Quindi, due cose…1) andate durante la settimana; 2) chiedete un tavolo laterale
Seconda nota, su Mondo Arancina: conosco bene il creatore, Salvatore di Patti, persona intelligente e cortese. Che accetta anche le critiche, e questo è un merito. Prima di due: sta tendendo troppo alla quantità, omettendo la qualità; a metà novembre si è aperto il suo terzo punto vendita su Roma (Via Trionfale, zona Mercato dei Fiori) e, da poco prima, le arancine sono schizzate a due euro cadauno. Fin qui ci possiamo stare.
Seconda di due (e qui non ci stiamo): domenica, in via Marcantonio Colonna, le arancine erano chiaramente rifritte e le panelle cotte in olio non pulito (si sentiva distintamente il timbro del lievito del calzone).
C’amo affari? 🙂
Se non ci fosse la cucina siciliana a salvare la tavola, l’Italia intera non saprebbe cosa mangiare..!
grazie Marco, la prossima volta che tua sucera “sale” con lo sfincione fammi sapere!!! intanto mi sa che me ne faccio portare un po’ dai miei che salgono per Natale… uno dei miei preferiti è a villabate, il caciocavallo spesso quasi quanto la pasta che sta sotto…
condivido le critiche di Claudio a mondo arancina, che però resta fondamentale per la sopravvivenza in terra straniera…
vi suggerisco al volo un libro strepitoso: “Palermo è una cipolla” di Alaimo
e vi propongo di incontrarci mercoledì prossimo (SANTA LUCIA!) per arancine e cuccia da mondo arancina (il primo, marcantonio colonna) sperando che non abbiano aumentato anche il prezzo della cuccia (l’anno scorso una coppettina era 3,50…)
Scusate, amici immigrati in Continente, ma devo sopperire ad una grave carenza che suona come offesa grave alle nostre tradizioni culinarie.
Perciò se siete a Lodi o a Portogruaro e vi viene spinno di pane ca mièlusa, che fate vi attapirate e vi mettte a santiare ??
Nooooooo.Trascrivete.
Dose per 4 persone.
Fatevi dare per il “gatto”, almeno un kg e mezzo di polmone di vitellone e un pezzettino ino ino di milza.
Dove vivo io, a Cagliari, spendo 1 euro e mezzo,forse due, in altri posti del continente sò che lo regalano.
Lo mettete a bollire, almeno un’ora e mezzo buona, quando cotto ( usate la forchetta,conficcatela se esce in fretta è pronto ) , tirate tutto fuori e posate su un colapasta lasciando asciugare il tutto.Meglio se tutta la notte.Quand’è bell’asciutto, con un bel cutiddrazzu tagliate fettine sottilissime e disponetele su un bel piatto largo da portata.
Prendete una padella, fate si che abbucchi di un lato, fuoco bassissimo, ponete strutto in abbondananza, se non lo trovate l’olio di semi va benissimo, esce più light, vi fate il monticello di polmome sulla parte alta della padella abbuccata e piano piano mettete sulla parte bassa la parte da scaldare bene.
Pane sofficissimo, pazienza se non c’è il cimino, tagliate un pò prima il pane,
le focacce vanno riempite, servite e mangiate bollenti, se no il sivo vi aggredisce le papille…
A piacere e se piace , aggiungere sulla vastedda pronta un poco di caciocavallo fatto a coriandoli, in mancanza un formaggio semistagionato a piacere.
Che aggiungere ? Qualche mezzo limone, a chi piace, sul tavolo.
Vi raccomando , una massimo due fettine di milza vera e propria….ha alti poteri defecatori, se avete a tavola la suocera, dunque, raccomando dodici fette di milza e due di polmone…
Buon appettito !
Giovannu
io il caciocavallo, quando si esauriscono le mie scorte “d’importazione”, lo trovo al supermercato sir fra i formaggi pregiati e, ovvio, ad un prezzo pregiato (22 euro al kilo..)
Buon giorno a tutti, mi accorgo solo ora di questi splendidi ed ahimè nostalgici articoli sui palermitani a Roma. Anch’io mi sono messo alla ricerca di luoghi che potessero “accorciare le distanze culinarie” e così ho trovato una pasticceria prettamente palermitana, si chiama “Nobel:la nuova realtà palermitana a Roma” via Tuscolana 26/28 ( piazza Re di Roma angolo via Aosta)…una volta provata non ne potrete più fare a meno!! dimenticavo, troverete anche anelletti al forno, pasta con le sarde, spincione, rollò, ravazzate, panelle… e tutto ciò che a Palermo allietava il nostro palato!
Salvo
Mio dio Salvo, non dista troppo da dove vivo io, mi hai fornito un indirizzo da provare immediatamente, grazie!!!
la nuova realtà palermitana a Roma, grande!!
🙂
Ah che gioia sapere che non sono l’unica con la sindrome dell’emigrante!!
Contribuiscono anche io con un tip:
Mizzica a piazza Bologna, una arrostopasticceria (come la chiamano i miei amici romani). Sono catanesi… però si difendono bene 🙂
Cara Manuela, anch’io ho provato le specialità di Mizzica e devo dire che si tratta di tutt’altro modo di intendere la gastronomia! Preferisco di gran lunga i prodotti di Nobel.
Ad onor del vero bisogna dire che le granite con brioche e panna sono squisite!ma come dici tu…”sono catanesi”…
Il caciocavallo palermitano lo potete trovare da “Sicilia Saporita” in via A.Luzio 8. E’ un negozio di prodotti tipici siciliani ma soprattutto palermitani…. i “cucciddati” “i mustazzuoli” a ” ricuotta salata”…dopo dieci anni che vivo a Roma ho deciso di aprire un negozio accussì puozzu manciari zoccu vuogghiu…venite a trovarmi!!!
Ragazzi, in via Emanuele Filiberto 199 c’èla Pizzeria il Veliero..è un tipo palermitano che prepare uno sfincione davvero buono (ne ho ordinato una teglia e non me ne sono pentito!) e…meraviglia…lo fa pure con il condimento della pasta con le sarde.
E’ una favola!!
Antonio