Sopravvivere anche così
E un giorno o l’altro lo vedrò sbucare dal seminterrato. Lo inseguirò con lo sguardo: lo sdegno che gli sfregia il mento, gli occhi stanchi, la camicia stropicciata da una notte spesa a vincere per sentirsi sconfitto. Né buongiorno né addio. Una custodia che rintocca sulla coscia.
Sul dissolversi di quell’allucinazione indotta da noia, portici e cemento, Eddie Felson, lo spaccone del biliardo, sparirà verso piazza San Francesco di Paola. Si lascerà alle spalle me e l’unico posto di Palermo nel quale mi sembra probabile che possa apparire. Ma io, non contento, butterò il cervello su un dolly: azionerò un comando mentale e dondolerò su per la spina dorsale del grattacielo in controluce, quello con l’insegna ovale in cima. Vorrò trovare la finestra con le tapparelle bianche – deve essercene una, a metà dei diciotto piani – e da quelle fessure spierò Marion Crane, ladra per impulso, e Sam, della bottega di ferramenta. Sono seminudi, nella stanza di quell’albergo in cui si evitano domande alle coppie non sposate. Marion e Sam non sanno ancora di Norman Bates che tagliuzzerà i loro destini; Sam e Marion discutono di un futuro che sta per separarli. Convinti di essere a Phoenix, Arizona.
Fine del primo tempo: stanco di sentirmi ostaggio di un’America virata seppia, passerò al colore. Tre passi più in là troverò il piazzale circondato da colonne squadrate, i bar di inox, la sala corse che ammicca da sotto la pelle della strada, i camerieri che servono il caffè a cospiratori con l’occhio fisso sulle banche della zona. Così, eccomi nella Milano dei traditori di tutti. Occhieggiando in punta di sedia, Scerbanenco in pelle e ossa soffia sulla schiuma di un cappuccino. La gentaglia che si è portato appresso storce mozziconi dentro un posacenere con la scritta Punt-e-Mes.
Non oserò parlargli. Gli spiegherò con a gesti che sto solo fantasticando, e che ho appena trovato un senso a piazzale Ungheria, a via Mariano Stabile e al grattacielo Ina. Capirà.
Il resto mi guarderò bene dal raccontarlo a qualcuno. Dovrei spiegargli che a Palermo, qualche volta, si sopravvive anche così: sognandosi addosso, spostando strade, cose e persone in un altrove preso in prestito.
In un tempo altrui, dentro un’altra storia.
Probabilmente gli ripeterei cose che ha sognato già.
Molto evocativo. Bravo Giacomo
ma che cos’è?
@Billitteri: grazie, Daniele.
@Pon Pon: puoi sempre provare a indovinare. Chissà che con un poco di impegno non ci azzecchi.
L’ho visto, cioè l’ho girato e montato nella mia testa.
Vado subito a vederlo di nuovo.
Non male davvero. Trascinato anch’io sul dolly. Ritornato troppo bruscamente a terra, verso la fine.