Profilo e post di

Sito: http://www.unipa.it/~dipriv/plaia.html

e-mail: armando.plaia@hotmail.it

Biografia: Armando Plaia (Palermo, 1971), sposato e papà, è ordinario di diritto privato presso la Facoltà di Giurisprudenza dell'Università di Palermo. La sua attività scientifica è prevalentemente orientata sui rapporti tra diritto privato e diritto d'autore: ha occasionalmente redatto pareri in materia di diritto d'autore per produttori cinematografici et similia. Attualmente lavora alla stesura di un draft on copyright law per conto dell'Autorità Palestinese. Coordina dal 2005 il Dottorato in Diritto privato generale e nel 2007 è stato Academic Visitor nell'University of Oxford.

Armando Plaia
  • Cuffaro bis, l’aporia del doppio processo

    Nel primo processo, il c.d. processo alle “talpe”, iniziato nel 2005 e durato circa tre anni la Procura di Palermo aveva chiesto otto anni: il presidente della Regione è stato invece condannato a cinque anni di reclusione.
    Nel processo alle «talpe» sono stati contestati al governatore quattro capi di imputazione: due per il favoreggiamento personale e altri due per la rivelazione e l’utilizzazione di segreti d’ufficio, tutti con l’aggravante di avere favorito la mafia che però non è stata riconosciuta dai giudici della terza sezione del tribunale di Palermo. Per l’accusa, il Governatore avrebbe appreso nel 2001 dall’ ex maresciallo dei carabinieri, Antonio Borzacchelli, poi eletto deputato regionale, dell’esistenza di microspie sistemate dai Carabinieri del Ros nell’abitazione del boss di Brancaccio, Giuseppe Guttadauro. Il salotto del boss, già condannato all’epoca per mafia, era frequentato da un amico di Cuffaro, il medico Domenico Miceli, ex assessore comunale alla sanità, anche lui Udc, condannato nel dicembre 2006 a otto anni di reclusione per concorso esterno in associazione mafiosa. Borzacchelli avrebbe avvisato Cuffaro dell’esistenza delle cimici a casa Guttadauro e il presidente della Regione lo avrebbe a sua volta comunicato a Miceli. In questo modo il boss di Brancaccio avrebbe scoperto le microspie, bruciando l’inchiesta.
    Tutta la vicenda è ricostruita nell’ottima docufiction Doppio gioco realizzata collazionando le intercettazioni audio e video realizzate dai Carabinieri del ROS ed oggi visibile in dieci parti solo su YouTube. Continua »

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  • Processo Mori: simul stabunt, simul cadent

    Il generale Mario Mori, insieme al colonnello Mauro Obinu, è imputato di favoreggiamento alla mafia. La Procura di Palermo lo ritiene responsabile della mancata cattura di Bernardo Provenzano a Mezzojuso nel 1995. Il principale teste d’accusa, il colonnello dei Carabinieri Michele Riccio, sostiene che furono Mori ed Obinu ad impedirgli la cattura di Provenzano.

    Mori (ed il tenente colonnello De Caprio) è già stato processato per favoreggiamento alla mafia e assolto (febbraio 2006) per la vicenda della mancata perquisizione del covo di Riina. Oggi è nuovamente imputato. Le due vicende appaiono strettamente connesse, perché nel 1993 inizierebbe una trattativa tra apparati dello Stato e Cosa Nostra che spiegherebbe la mancata perquisizione del covo di Riina nel 1993 e la mancata cattura di Provenzano nel 1995.

    Tanti i dubbi, una sola certezza. Oggi alcuni uomini che, sino a prova contraria, hanno dedicato la vita alla lotta contro Cosa nostra sono sotto processo per favoreggiamento alla mafia. Continua »

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