Sciacalli a Palermo
Palermo, marzo 2006. Un diciottenne arriva verso le 22:30 nei pressi della Tonnara Florio, storica sede del buen retiro della celeberrima famiglia di imprenditori siciliani, oggi adibita, tra le altre cose, ad esclusiva discoteca.
Uscendo dalla sua Fiat Punto grigia, accompagnato dalla sua ragazza e da un’amica, Salvo sente i passi della mafia avvicinarsi: sa bene che in ogni angolo di Palermo la piovra ha un volto. La faccia in questione è quella di un canuto anziano della borgata marinara della costa nord, la cui barba brizzolata incolta e l’aggressivo dialetto conferiscono alla richiesta di denaro un tono perentorio: “due euro prego”.
Il giovane è insofferente ai posteggiatori abusivi: non capisce perché mai si debba far passare per il corrispettivo obbligatorio di un servizio inesistente ciò che invece è elemosina bella e buona, non gli va a genio la prepotenza di chi pretende di essere il proprietario di ciò che per definizione è pubblico: la strada, i marciapiedi, insomma, il demanio.
Per questo motivo, l’ingenuità lo spinge ad allontanare l’anziano signore che richiede con insistenza il suo obolo, decidendo di respingere per una sera l’indolenza e la rassegnazione congenite ad ogni siciliano: “via di qua, troppo caffè le fa male, non ho un euro, stasera niente trippa per gatti”. I lamenti nervosi del posteggiatore si perdono così alle spalle dei tre giovani che entrando alla festa dimenticano quella figura tanto sgradevole quanto vendicativa. Continua »
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