Intervista a Kamal e a Mona
Ho sempre scritto seguendo le mie esigenze, quando la notte non avevo voce per dare sfogo ai miei pensieri, adesso guardo meglio questa città, questa grande prostituta che non ci ama, madre di figli ignoranti e snaturati che mettiamo incinta ogni sera, però abbiamo questo seme coraggioso: sono questi figli che ancora non hanno conosciuto il male, siamo noi che abbiamo ancora la forza di girare i tacchi. È una brava donna in fondo, è materna e calda, ma così stupida che a volte viene voglia di scappare, di non sentire le sue lamentele. Ma come si fa a non mancarti? Quelle braccia di sabbia, i mattoni spizzicati, il fumo che esce da sotto un ponte. Io amo Palermo, in ogni angolo buio vedo una mia paura, negli occhi di ogni passante vedo un pezzo di un puzzle che potrebbe completare una mia immagine. Allora sono qui per mostrarvi questi pezzi mancanti, di dare voce a questi personaggi improbabili, per mostrarvi la loro pelle. Racconterò e vi farò raccontare la vita da un altro punto di vista.
Stamattina mi sono svegliata con questa idea in testa, la giornata era troppo bella per rimanere in casa, anche se i libri sulla scrivania mi chiamavano. Sono scesa, macchina fotografica e un quaderno in mano. Quando ti senti solo, cammina per Palermo, via Maqueda è piena di disperati come noi, ma sorridono lo stesso, si coprono i denti marci con le mani penzolanti, ti mostrano i loro occhi bui. Siediti all’ombra e senza volerlo comincerai a conoscere la storia di qualcuno, alcuni approdati qui per caso, altri ci convivono. Continua »
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