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e-mail: palermoefimmina@libero.it

Biografia: Maria Cubito è nata il 14 dicembre del 1970 in provincia di Catania, città nella quale ha vissuto, per la cronaca, solo per i primi 3 mesi della sua esistenza, poi dopo varie peregrinazioni per l'Italia si è stabilita a Palermo nel '76...pertanto è più palermitana di quel che sembra! Laureata in lettere classiche insegna da 14 anni, conciliando il lavoro "ufficiale" con l'"hobby" della radio. Conduce infatti su Radio Time (ormai non si ricorda più nemmeno lei da quanti anni...) Volevo essere bionda dalle 3:00 alle 5:00 del pomeriggio. Sue grandi passioni: la pizza, i libri, il vino rosso, il mare e l'Inghilterra!

Maria Cubito
  • Totini, Manfredi e Nelli

    Una sera, passeggiando per il centro, Valeria, mia compagna di “merenda”, esclama davanti alla vetrina di un negozio di abiti da sposa: “Uh! Guarda! Un abito bianco! Chissà a che cosa serve?” E io: “È per la prima comunione…l’abbiamo già indossato. Ti ricordi?”.
    Ora, al di là delle battute ironiche che ci fanno tanto sentire come Carrie e le sue amiche di Sex & the city (anche se siamo consapevoli che i paragoni sarebbero ben altri, e già ci vediamo tra vent’anni come tante Rosy Bindi), fare la parte delle single emancipate e in carriera a Palermo è veramente difficile, se consideriamo che più di una volta ho sentito conversazioni come questa:
    – Sugnu avvilita, me’ niputi fici ‘a fuitina.
    – Ma cui? ‘A nica?
    – No Giusy, ‘a granni.
    – Ah…vabbè s’assistimò! Unn’avi già diciott’anni?

    Ecco, ingoiati rospi del genere, spesso ci è capitato di confrontarci sul campionario maschile palermitano. Proverò a delineare le caratteristiche dividendoli in grandi gruppi. Continua »

    Palermo
  • Kevin

    I nomi a capriccio

    Certe volte ci penso e penso che poteva andarmi peggio…mi chiamo Maria, ma avrei dovuto chiamarmi Maria Catena, come mia nonna, che poi rispose al nome di Maricatina tutta la vita, anzi per la precisione, era Donna Maricatina. Poi, per mia fortuna, mia madre ebbe uno sprazzo di modernità e insistette affinché mi chiamassi solo Maria. Di lusso mi andò. Ho rischiato di essere chiamata con qualche diminutivo tipo Lello o Gerry o Rino da Calogero, Fony da Filippo (ma non è meglio Filippo?) Nerina da Venera, Melo/a da Carmelo/a, Sino da Accursio…quale avrebbe potuto essere per Catena? Tena, forse, come i pannolini per signore avanti negli anni.
    Ma erano altri tempi allora. Era quasi legge: i primi due figli dovevano portare i nomi dei nonni paterni. Qualunque fossero. Oggi non usa più. Anzi. Da una quindicina d’anni è invalso l’uso dei cosiddetti NOMI A CAPRICCIO. Cosiddetti da una mia vecchia vicina di casa che non si dava pace. Lei si chiamava Rosa, ma la sua nipotina si chiamò Noemi. Passò il resto dei suoi giorni a chiamarla Curò e si lamentava “Ora, dico io, Rosa chi è nome lariu? No, megghiu ddu nuomi a capriccio”. Da cui la definizione. Continua »

    Il meglio di, Palermo, Sicilia
  • La pace nel mondo

    Mancano pochi giorni a Natale…vero è che si resta imbottigliati nel traffico santiando, impiegandoci ore a percorrere tragitti che normalmente si fanno in pochi minuti, vero è che poi, volenti o nolenti, qualche regalo si deve pur comprare, vero è che, ci piaccia o no, dopo il pranzo del 25 saremo tutti a chiederci “ma quando finisce”? Vero è che ormai del vero spirito del Natale (almeno per chi è credente) si sono perse le tracce e il miracolo della nascita del Salvatore è stato sostituito dal miracolo della scomparsa in 24 ore della tredicesima (per chi ha la fortuna di buscarla!). Fatto sta però che, nonostante tutto, io ho molto rispetto per tutti, in questo periodo dell’anno: per chi ci crede ed investe energie, tempo e soldi nella giostra dell’accatta accatta, e per chi non ci crede e vorrebbe addormentarsi a metà dicembre e svegliarsi l’8 gennaio.
    Una categoria che proprio non sopporto però c’è…lo confesso, anzi sento proprio l’urgenza di dirlo. Subito. Pure se è Natale. Pure se rischio fischi e piriti.
    Sono quelli che, se ti permetti di chiedergli cosa desidererebbero trovare sotto l’albero, ti rispondono con un alone di santità e un sorriso compassionevole “ma tesoro…è ovvio, ciò che desidero di più è la pace nel mondo!” Buttana della buttana! La pace nel mondo sotto l’albero? Continua »

    Palermo
  • Rosetta

    Era la prima di otto figli. Parevano fatti con lo stampino, tanto erano precisi! Stessa forma rotonda del viso, stesse lentiggini e tutti nichi di statura. Otto, uno dopo l’altro, da una madre che aveva faticato tutta la vita, tutti i santi giorni, spezzandosi le reni, pure se era sempre incinta; e da un padre che di travagghiu ni vulieva sientiri picca, ma i divertimenti e i fimmini non se li era fatti mancare mai…così Rosetta a scuola non ci andò, si ritirò alla terza elementare (tantu ‘i scuola unni vulieva) e la misero a servizio da certi signurinicaredda idda, aveva imparato presto a portare a casa la pagnotta. Era semplice, Rosetta, senza malizia, si suole dire in questi casi… “mi pari na picciridda ‘i 60 anni” diceva di lei spesso la madre. E idda picciridda forse era rimasta…si era fermata a 7 anni…aveva la stessa ingenuità, lo stesso candore e lo stesso stupore delle cose di un bambino di delle elementari…La stessa risata aperta e schietta di chi non si è mai posto il problema se poteva essere volgare…ma forse quella risata era troppo chiassosa…quello stesso modo di ridere con la bocca aperta, che tante volte aveva fatto vergognare di lei l’ultima delle sue sorelle, quella “studiata” (aveva preso dopo la terza media, un attestato di segretaria d’azienda e come fu e come non fu era pure riuscita ad entrare alla regione, perciò ora si dava arie da donna in carriera). Si vergognava un poco di Rosetta, di questa sua sorella un poco scimunita, senza scuola e pure cammariera…così capitava che si festeggiava un compleanno di un nipote al ristorante e a Rosetta non glielo facevano sapere, perché, mischina, poi ci restava male… Continua »

    Sicilia
  • L’opinionista

    Deciso a dire la sua a qualunque costo, il siciliano vero ha sempre in serbo qualche perla di saggezza da elargire al bisogno. Questo accade in ogni campo: lo sport (‘u palluni è sempre un bell’argomento di dicsussione), il traffico, la sanità ma soprattutto la politica. Riporto fedelmente la conversazione accidentalmente ascoltata tra due mamme in attesa dei loro pargoli all’uscita di scuola:

    • Sabatu c’è sciopero, ‘u sintisti?
    • Sciopero?
    • Se, ‘u sciopero pi l’euro
    • Mah
    • Ma si ‘stu Prodi nni sta livannu puru ‘u pani!
    • Cachì…su tutti ‘na massa ‘i manciatari

    Ecco cosa registra il palermitano delle organizzatissime manifestazioni di piazza contro la finanziaria di turno. Poco importa chi organizza e contro chi. L’importante è dire la propria.
    Perché il vero siciliano è così: spontaneamente opinionista. Ogni luogo può diventare sede di dibattito: il bar, il barbiere, il macellaio, l’ufficio postale, la banca…e via col festival delle ovvietà, infiocchettate e fatte proprie! “Vi piacìu Prodi? Ora tinitivillu”; “È comunista perciò nni finisci come a Russia, tutti muorti ‘i fami”; “Pi mia su unu peggio ‘i l’avutru: tutti cuirnuti”; “Megghiu Bellusconi, almeno chiddu quacchicosa a fici”. Continua »

    Palermo
  • Don Vicienzu

    Si chiamava Vincenzo, Don Vicienzu lo chiamavano tutti. Si diceva di lui che fosse “tintu”, facile alla collera, ma con un cuore d’oro. Chiunque si fosse mai rivolto a lui non se ne era mai tornato indietro a mani vuote. Ma dentro casa no. Con figli e moglie era burbero, arcigno, scontroso.
    Anni dopo uno dei suoi sei figli (avrebbero dovuto essere otto, ma una nascì morta e un altro morì di polmonite a du anni…Fortunato si chiamava) ebbe a definirlo spassu di fora e triulu i rintra.
    Ma Don Vicienzu era così, probabilmente gli piaceva dare di sé quell’immagine, era come tronfio di quella nomèa…i suoi stessi figli tremavano al suo cospetto, avevano paura di scatenare la sua collera per un nonnulla e la sera si facevano trovare coricati (spesso a menza panza) quando lui tornava dalle vigne o da qualche bevuta di troppo… Maria, la madre dei suoi figli lo aspettava alzata e incassava, muta, ogni colpo…allora così si usava, quello era il marito e a un marito non ci si poteva ribellare. E ingoiava lacrime e veleno, fiele e dolore fino a consumarsi di rabbia, a tal punto che venne più volte colta da misteriose intossicazioni che la costringevano a letto per giorni…però spesso rideva essa stessa quando Don Vicienzu la zittiva con uno dei suoi ritornelli preferiti, se per caso le scappava qualche sciocchezza, pi ‘gnoranti miricina un ci nnè. Continua »

    Sicilia
  • Con rispetto parlando

    Tutto si può dire di un siciliano…che è sboccato, che è volgare in certe espressioni che, a chi siciliano non è, risultano davvero sguaiate. Ma c’è un campo in cui il vero siciliano non transige e non ammette ragioni: quello del corpo e quello del linguaggio ad esso relativo.
    Perché il siciliano è così: pudico e a modo suo rispettoso dell’etichetta. Gli viene fuori un senso innato della verecondia quando meno te l’aspetti, magari dopo che si è espresso in termini non proprio oxfordiani e lusinghieri nei confronti di qualcuno, ecco spuntare dal nulla una formuletta magica che mette al riparo da eventuali imbarazzi: CON RISPETTO PARLANDO.
    Perché ci sono parti del corpo che non puoi proprio nominare senza sentire l’impellente necessità di scusartene, mi è capitato di sentire frasi come questa “curnuta ra miseria l’otobusso un passò e avi un’ura ca caminu… haiu, CON RISPETTO PARLANDO i pieri c’a un mi sientu cchiù“…già i piedi sono una faccenda privata di cui avere un certo pudore…per non parlare poi dell’espletamento di certe funzioni fisiologiche… “u picciriddu eppi con rispetto parlando diarrea tutta a nuotti e a scuola un ciù mannavu” o ancora “u pollo r’assira m’appi a fari mali e haiu, con rispetto parlando, lo stomaco IMBARAZZATO”, ma imbarazzato di che? Continua »

    Palermo, Sicilia
  • Appunti di viaggio

    Viva, viva, viva L’inghilterraaa cantava Baglioni negli anni ’70, favoleggiando una terra di pace, donne amore e libertà…e oggi? Su pace ho i miei ben fondati dubbi, su donne amore e libertà mah…può darsi…fatto sta che almeno un paio di volte l’anno volo a Londra, essendo mio fratello uno dei tanti “cervelli in fuga” dalla Sicilia.. e volai in Inghilterra pure la scorsa estate, precisamente il 10 di agosto. Naturalmente avevo a disposizione tutto il mese, ma fatalità volle che scegliessi proprio il giorno dello sventato attentato su non mi ricordo più quanti aerei diretti negli U.S.A…Dopo un giorno di totale e inevitabile panico “Partiamo? Non partiamo? Il volo è annullato? Forse, non si sa, ora vediamo, la Farnesina raccomanda di non recarsi nel Regno Unito se non per effettive urgenze – non era forse un’urgenza di vacanza la mia? – Allarme rosso, nessun bagaglio, niente acqua, vi fanno i raggi x, vi spogliano…” e varie altre leggende metropolitane diffusesi in giornata, arrivo in aeroporto con un leggero anticipo (era raccomandato). Continua »

    Palermo
  • Halloween o Alloui’

    Vorrei spendere solo due parole sul dilagare di una nuova moda: la festa di Halloween.
    I bambini americani, la notte del 31 ottobre, vanno in giro per il quartiere a recitare questa filastrocca:
    Trick or treat?
    Give me something nice to eat
    give my friends something too
    or we’ll play a trick on you
    ”.
    Che tradotto suonerebbe grosso modo così:
    Scherzetto o dolcetto?
    Dammi qualcosa di dolce da mangiare,
    danne anche al mio amichetto
    o ti tiro uno scherzetto
    ”.
    Ora, voi riuscite a ricordare qualcosa di vagamente simile nella vostra infanzia?
    Si può sapere perché quest’urgenza di importare pure sta fissaria dall’America?
    Che poi nella più rosea delle ipotesi diventa la festa di ALLOUI’! Continua »

    Palermo
  • I luoghi dell’anima

    Ci sono posti che non scordi più…luoghi impressi nella memoria dell’anima, case che sono state divorate dal tempo, sbattute dalla pioggia, rosicate dalle erbacce, arse dal sole, ma dentro di te vivono ancora…
    E succede, all’improvviso, che mentre sei in mezzo agli altri, una parola, un profumo, una faccia ti spediscano là…nella casa dell’anima…e da là non vorresti tornare più.
    E ti pare di sentire il fresco delle stanze in un pomeriggio d’afa, quando fuori il sole cuoce i sassi,
    di mordere il pane conzato con l’olio nuovo, quello verde che ancora brucia,
    di vedere i pomodori appesi al tetto a seccare,
    di affondare la faccia in un lenzuolo steso ad asciugare,
    di ascoltare racconti su chi partì per l’America, con un baule pieno di speranze e non se ne seppe più niente,
    di toccare le more rosse e succose quasi nere e di macchiarti le dita e le unghie e i denti,
    di scorgere una troffa di ginestra imperiosa, gialla e prepotente in mezzo alla lava dura di cent’anni, di cogliere il basilicò che facciamo la pasta sennò si perde,
    di abbracciare il legno ruvido di un cèvuso che fu piantato quando nascesti tu, ti ricordi? E ora guarda quant’è fatto,
    di sentire le gambe che pizzicano perché sei coi piedi quasi dentro al fuoco della conca,
    di inspirare dalla strada l’odore del carbone che ti entra su per le nari fino al cervello,
    di stringere quelle mani uguali uguali alle tue, precise, la stessa forma delle dita, ma come si fa, nonna?
    Di correre attorno a una isterna scrostata appresso a un cane che si chiama Fiorello…
    E poi ti ridestano…ti chiama una voce per farti tornare indietro da quella casa…
    Sarà che fuori piove…ma stasera ho voglia di restare qua, nella casa dell’anima…

    Sicilia
  • Conflitti generazionali

    Era un giorno come tanti, un giorno qualunque…un giorno in cui trotterellavo attorno al rito mattutino del caffè al volo-doccia-cerca le chiavi-sei in ritardo, già pregustavo il ritorno serale, annusando con la mente l’odore di bucato del mio cuscino…esco, faccio la mia bella mattinata di lavoro, salto il pranzo e in queste pseudo vesti di wonder woman del nuovo millennio, mi presento in radio, piena di carica come al solito.
    Viene ad aprirmi la porta un giovane e, sottolineo giovane tecnico che, squadratami da capo a piedi mi stampa un bacio sulla guancia ed esclama “Stai bene vestita così! Sei giovanile”…GIOVANILE? Ma che sarebbe un complimento da fare ad una 35enne rampante (più che altro zompettante),nel pieno del fervore lavorativo e che crede in quello che fa? Giovanile, a me… Giovanile lo dico io a mia zia che di anni ne ha 55, quando il sabato va dal parrucchiere e si mette la collana coi ciondoli! Glisso e comincio a riempirlo di improperi più o meno scherzosi, colpendolo (bastarda, lo so) proprio nel suo essere giovane tecnico di radio alle prime armi (“Parli bene tu…che sei nato col telecomando in mano”, “Io il mio primo cellulare l’ho comprato a 24 anni, tu a 9” “ Eh, la radio la stai vedendo ora, ma una volta era un’altra cosa…mi facevo regia da sola, con le pubblicità che si mandavano a mano con le cassettine e c’erano i tempi di avvicinamento, ora siete tutti bravi col computer” e “ ancora tu dovevi nascere e io già andavo ai concerti di Vasco Rossi – come se questo negasse la mia giovanilità -)… Continua »

    Palermo
  • Lo “sgarro di madre”

    Ritorno a parlare ancora di sicilianità o di sicilitudine, per dirla con l’illustre compaesano Camilleri, per indagarne un altro tratto distintivo: l’orgoglio, quella fierezza che ci distingue in mezzo a coloro che siciliani non sono, quella sorta di leggera superiorità mista sempre ad un’innata diffidenza, molto ben celata dietro la nostra proverbiale “ospitalità”, dietro il nostro “calore” mediterraneo, quello che abitualmente è definito con il termine onore.
    Il siciliano sperimenta fin dall’età scolare la sacralità di questa parola e impara presto a difenderla, sopra ogni cosa.
    Tutto nasce da anni di “pratica” come insegnante di lettere in una scuola media cosiddetta “a rischio” (a rischio di che, poi? Dato che la suddetta è ubicata nel quartiere dove gradevolmente vivo da trent’anni)…Quella è un’età difficile in cui, dicono, le ragazze crescono molto in fretta (questo argomento merita un discorso a parte che mi riservo di trattare al più presto) mentre i ragazzi sono un po’ più acerbi, si sparano le pose, si danno arie…Quindi un po’ per dimostrare di essere navigati, un po’ perché in mezzo alle parolacce ci vivono davvero, iniziano fin dalla prima classe, (certo non a settembre, ma posso affermare che già a Natale hanno affinato le necessarie proprietà dialettiche) ad esercitarsi con offese e sfotticchiamenti vari ai danni degli altri compagni, così tanto per dimostrare che sono cresciuti. Si parte con innocuo “si cretino” a cui segue immancabilmente la risposta “to ma’” (forma poetica sincopata per “tua madre”), la cui replica è ovviamente “tooo ma’” e a quel punto due sono le possibili soluzioni al cosiddetto “sgarro di madre”:
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    Sicilia
  • Grammatica siciliana

    Grammatica siciliana

    Inauguro il mio esordio su Rosalio, con un argomento che spesso mi è capitato di trattare anche in diretta, in radio e che un po’ mi sta a cuore per deformazione professionale: l’originalità della nostra lingua, il siciliano. Certamente varia e piena di contaminazioni, può essere considerata autonoma e con una grammatica ricca di regole non meno ferree di quelle che possiede l’italiano.

    Tanto per fare un esempio, non esiste il tempo indicativo futuro: diciamo “Vengo domani”, non “Verrò domani”; né, tanto meno, vi è traccia del modo condizionale, esiste solo il super polivalente congiuntivo (“Si avissi i picciuli m’accattassi a machina nova”, da cui tragici tentativi di traduzione “Se avessi i soldi mi comprassi la macchina nuova”). Ma ciò che appare ancora più interessante è l’uso “alla latina” di verbi che, in italiano, sono transitivi e perciò vogliono il complemento oggetto (accusativo in latino) e che (in barba all’evoluzione linguistica, in barba ai normanni, agli arabi, agli spagnoli, che pure hanno lasciato numerose tracce anche nel nostro dialetto) in siciliano diventano intransitivi e reggono il complemento di termine (dativo in latino). Continua »

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