Quaderno di Palermo 35 (ultimo)
Noi essere umani abbiamo per fortuna nostra, tra altre facoltà intellettive, sensitive o conoscitive, la facoltà di amare e di odiare, o semplicemente di essere del tutto indifferenti alle cose, alle persone, ai luoghi. In altre parole, abbiamo la possibilità di prendere coscienza di quello che abbiamo davanti, o che ci sta attorno, e di confrontarlo con noi stessi. Sì, queste facoltà ci permettono di percepire la realtà esterna attaverso il nostro filtro sensoriale e di essere consapevoli della loro esistenza. Poi, piano piano, questa consapevolezza diventerà una vera e propria conoscenza, cioè una maniera di apprendere o d’intendere, di sapere per prova diretta perché ne abbiamo fatto esperienza, infine di riconoscere o di avere una familiarità con tutto ciò. Perciò, poiché previamente c’è stata questa volontà di conoscenza allo scopo di capire ciò che è altro, un individuo manifesta in maniera naturale le sue impressioni o emette il suo giudizio sulle cose da lui sapute. Che poi, alla prova dei fatti, la sua opinione risulti sbagliata o meno, non è tanto importante quanto lo è il suo punto di vista, che per forza non può coincidere con quello degli altri. Mano a mano che mi sono spostato per il nostro continente da una città all’altra, mi sono accorto che il fatto più essenziale è appunto rendersi conto dell’identità delle cose, voglio dire conoscerle come sono realmente. Poi uno cercherà di interpretarle attraverso la sua impressione, il suo sguardo, il suo immergersi nella loro identità fisica, materiale. E questa comprensione intellettuale dell’essenza delle cose sarà determinata dall’amore o dall’avversione o, certo, dalla mancanza d’interesse nei loro confronti.
Io, che tra pochi giorni lascerò definitivamente Palermo per un’altra destinazione, io in questi modesti post ho cercato di trasmettere attraverso questi anni il mio parere su una città che posso affermare di conoscere discretamente e di amare immensamente. Continua »
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