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Biografia: Eduardo Domínguez (1958), nato in Spagna e laureato in Lingue, è professore di lingua e letteratura. Ha lavorato in diversi paesi europei (Francia, Italia, Polonia, Ungheria). Attualmente lavora all’Instituto Cervantes di Palermo.

Eduardo Domínguez
  • Quaderno di Palermo 15

    Un sabato sera di un sorprendente o forse consuetudinario bell’autunno siciliano, in questa fine della prima decade del nuovo secolo che apparentemente – e diciamo anche sorprendentemente – prosegue, ancorché smarrito nella sua incertezza e nel suo sgomento.
    Sono al Capo, una sorta di grande villaggio all’interno dell’enorme paesone che in fondo è sempre stato Palermo. E da queste parti del territorio, ogni weekend dell’anno viene scandito dalla musica napoletana che attraverso il karaoke si spande per tutte le piazze e i vicoli e le case di questo quartiere così affascinante e così particolare, così come altri luoghi di questa macchia palermitana fatta da tanti e diversi e contraddittori strati. Il fatto è che nel nostro mondo globale, dove siamo ormai cacciati tutti, il fatto è che ancora mi colpisce il legame che c’è tra questa immemorabile canzone partenopea, nonostante si tratti in gran parte dell’interpretazione della gente del quartiere dei nuovi melodici, e le radici di un popolo e di una cultura ormai in via di estinzione, almeno in apparenza. Continua »

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  • Quaderno di Palermo 14

    Anche a causa delle celebrazioni del ventesimo anniversario della caduta del muro di Berlino il novembre scorso, sul finire dell’anno appena trascorso si è scritto e anche parlato con dovizia degli ostacoli e dei limiti con i quali gli uomini separano tanti paesi e realtà contigue. Un esempio tra i tanti è il muro non ancora concluso tra Israele e i territori palestinesi o quello previsto al nord del Rio Grande e che spaccherà sempre di più gli Stati Uniti e il Messico. Per non parlare di quello, invisibile, che si alza tra il popolo belga a testimonianza della crisi istituzionale alla quale abbiamo assistito tra i valloni e i fiamminghi o, ancora, di quelle divisoni imposte dalla guerra dei Balcani nell’ex Jugoslavia per le ragioni che tutti sappiamo. E per aggiungere due ulteriori e noti esempi si può infine ricordare sia la barriera alzata da tanto tempo tra i cittadini iraniani e il “bunker” rappresentato dal regime degli ayatollah, sordo a qualsiasi apertura verso il mondo, inasprendo ultimamente ancora di più il loro teso rapporto, sia quell’altra divisione sorta più di mezzo secolo fa nella Guerra di Corea e che come risultato aveva spaccato il paese in due, per immettere altri esempi risaputi.
    Ma lasciamo il mondo da parte per venire più vicino, qui alla nostra città di Palermo. Continua »

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  • Quaderno di Palermo 13

    Adesso che tutti noi viaggiamo in massa per il mondo globale con le compagnie aeree low cost, le quali ci portano in luoghi prima accessibili solo a gente benestante, adesso che possiamo parlare di viaggi realizzati e non più sognare luoghi irraggiungibili per le nostre tasche, adesso crediamo di essere più certi che mai – i nostri occhi ne sono infallibili testimoni – che i comportamenti degli umani non possano risultare uguali da nessuna parte, nonostante la globalizzazione ormai dilagante. È chiaro che ciò che fanno quotidianamente gli abitanti di un qualsiasi luogo, sembra loro la cosa più naturale al mondo. Al contrario, gli sprovveduti viaggiatori che si recano in qualsiasi luogo, quando rientrano a casa pensano di aver scoperto non-si-sa-che-cosa, mentre la loro sfuggita presenza non ha probabilmente lasciato alcuna traccia negli abitanti dei paesi visitati che, come se niente fosse, continuano a campare con le loro abitudini.
    E una delle vostre abitudini, cari palermitani, che colpisce tanto il forestiero di passaggio come chi abita tra di voi da ormai più di due anni, è lo strano rapporto che instaurate con la macchina e il motorino. Continua »

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  • Quaderno di Palermo 12

    Quando uno arriva a Palermo in pullman dall’aeroporto e alla fine del variegato percorso scende al capolinea incuriosito per i tesori che questa città custodisce e che ha letto su qualche guida, appena mette i piedi in strada e si accinge a sgranchire le gambe per poi mettersi in moto e cominciare a camminare, all’improvviso il boato del traffico – insieme, certo, all’anidride carbonica – lo paralizza. Ed ecco il povero ingenuo straniero che con gli occhi sbarrati porta istintivamente le mani alle orecchie. Se una persona lo guardasse da lontano gli sembrerebbe se non altro, una strana statua postmoderna in mezzo a una città la cui modernità di sicuro non rima affatto con quelle orrende scarpe, diciamo ortopediche e disegnate senza nessuna immaginazione (di forme più audaci e colorate quelle dei giovani, più anodine e sobrie quelle dei grandi), e che qualche anno fa avevano cominciato a farsi vedere in sordina per le vetrine dei negozi e in questo momento, orgogliosamente, sono indossate da migliaia di palermitani. Dai, lettore, fai un piccolo sgarro al tuo amor proprio, guardale ancora con fierezza quelle scarpe che manco per andare a letto ti toglieresti! Non c’è nulla di meglio in questa vita che sviluppare il senso gregario che tutti noi esseri possediamo senza distinzione. E se parliamo di moda basta con uscire per la strada ogni giorno – s’intende anche ogni notte – per avere conferma su come il nostro istinto amorfo agisce in mezzo al branco che siamo diventati. Continua »

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  • Quaderno di Palermo 11

    Mi è bastato un po’ di tempo dopo il mio arrivo in Sicilia, per rendermene subito conto che per quanto riguarda i palermitani, c’è proprio una parola chiave che definisce alla perfezione il loro concetto di spazio; questa parola è soglia. Si tratta di un termine che offre in più una spiegazione su tante cose che sono capitate in un tempo passato e continueranno a succedere in futuro se niente, come sembra avrà il modo di cambiare. Perché il termine in questione, a mio parere, chiarisce molto bene il rapporto che il cittadino di questa città ha stabilito contemporaneamente col mondo e con sé stesso, in altre parole con quello che si trova fuori dai suoi interessi e con quello che, al contrario, è basilare per la sua stabilità esistenziale. Se la famiglia è il fondamento della sua vita, tutto quello che gira attorno a essa – lavoro e rapporti nelle linee essenziali – sarà l’unica cosa alla quale lui terrà. Il resto non conta, non esiste, nonostante la realtà quotidiana continui a dirgli da secoli che non può farne a meno.
    Quando si parla di soglia in queste latitudini viene in mente l’immagine di una vera frontiera, una linea di confine massiccia, il divisorio tra casa mia e casa di nessuno, quindi è chiaro che si è stabilita una netta separazione tra le cose che mi appartengono assolutamente e tutte le altre che possono anche scomparire perché non me ne po’ frega’ de meno. Continua »

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  • Quaderno di Palermo 10

    Io penso che Palermo, città monumentale e storica con tanti palazzi rappresentativi di ogni periodo e di tanti stili artistici, sia entrata da tempo a pieno diritto nella modernità con l’opera – o forse sarebbe meglio dire con il monumento? – più illimitata, più versatile ed innovatrice che ci sia nella nostra società consumistica: la spazzatura. Perché il fatto più incredibile è che i palermitani, si dovrebbe aggiungere insieme ai napoletani, sono stati capaci di fare di una cosa talmente necessaria e inevitabile l’icona più poliedrica del Ventunesimo secolo. In questo operato troviamo l’espressione più veritiera ed essenziale di ognuno di loro, senza pregiudizi di nessun tipo e sempre esposta allo sguardo e all’interpretazione dei passanti, allo stesso tempo autori e pubblico di queste opere che ammirano come se si trattasse di un happening all’aperto; infatti non smettono mai di mettersi in confronto l’uno con l’altro, dal momento che tutti i cittadini, uno a uno e senza distinzione di classe, danno il loro contributo con il corrispondente sacchetto immondo tante volte eviscerato dai cani randaggi o dalla noncuranza dell’artista proprietario o esposto giorno dopo giorno alla intemperie. Continua »

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  • Quaderno di Palermo 9

    È cosa nota a ciascuno di noi che tutto nella vita ha un apice e un declino, come si evidenzia ad esempio nel corpo che abbiamo che a un certo momento del suo percorso vitale comincia a tramontare dietro un orizzonte formatosi da un sedimento fatto di glorie e di miserie. Così è successo, se diamo uno sguardo melancolico alla Storia, con tanti popoli e culture che con tutta certezza credevano di essere perennemente incandescenti, ma che prima o poi non solo sono stati spenti, ma anche ridotti in cenere, nella sconfinata polvere dei tempi e dell’oblio. Certo, dentro queste nazioni splendenti di solito si erano formati i luoghi dove si depositava tutto il sapere ottenuto, sia attraverso le razzie, sia attraverso gli scambi che i sudditi più aperti e raffinati, ma sopratutto più intelligenti o avveduti, riuscivano a stabilire. E questi luoghi erano poi anche centri di potere da dove contemporaneamente si irradiava un sapere ormai rielaborato e perciò anche nuovo o, per meglio dire, diverso. Perché questi luoghi, in genere le capitali politiche o culturali rappresentative della loro summa e che poi la storia ha più o meno mitizzato, questo spazio sempre più sovrano e importante col tempo si è trasformato nella città-cerniera che appunto raggrupava tutti i poli del sapere dell’impero, e che ha segnato in un modo o nell’altro il mondo fino ai nostri giorni. Continua »

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  • Quaderno di Palermo 8

    A quanto pare Palermo e bellezza è un’equazione scontata per tutti quanti vivano a migliaia di chilometri dall’ombelico del mondo dove io e te lettore ci troviamo – come sappiamo bene ce ne sono tante di queste città-cerniera e non è il caso di cominciare a nominarle adesso – o per quanti permangano arrotolati nel suo cordone senza essersi mossi dalla loro nascita (sempre te, caro lettore capitalino e isolano).
    Per i primi anzitutto, le persone che abitano in paesi benestanti, avanzati e ordinati in mezzo a una bellezza anche antica e conservata in modo impeccabile, ma che a forza di asepsi può diventare disgustosa perché svuotata di ogni senso (addirittura di quello più importante, come le traccie lasciate dal passare del tempo su ogni pietra e poi cancellate con una patina leziosa); per quelli dunque Palermo viene interpretata come un posto esotico, saturo di echi, di voci, di parole lette in tanti libri di storia o letteratura o ascoltate in quasi tutti i film a sfondo mafioso; parole magari pronunciate da loro stessi quando si incontrano per evocare nel loro immaginario un viaggio che nella loro quotidiana mollezza capitalista appare più che affascinante, diciamo pure sfacciatamente intrepido nonostante abbia a che vedere con una crociera per il Mediterraneo o con un pacchetto turistico per famiglie con tanto di alberghi di lusso e di gite fantastiche e, certo, di acquisti inutili (non è un segreto per nessuno che ormai siamo quasi tutti diventati dei viaggiatori più che fasulli, degli avventurieri da marciapiede in questa nostra società marcia e decrepita e agonizzante). Questo per quel che riguarda i borghesi stranieri mettiamo occidentali, ma anche giaponesi, che sono mossi dallo stesso impulso consumistico. Continua »

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  • Quaderno di Palermo 7

    Si può capire che davanti alla morte ci sia una maschera che ognuno di noi indossa come meglio sa fare o come meglio intende, in fin dei conti le persone di fronte ad ogni mistero di solito reagiscono con paura, con diffidenza, ma anche, al tempo stesso, con curiosità. E questo atteggiamento è stato individuato da tempo immemorabile e ancora oggi si continua a rilevare ovunque e in tutte le culture e i popoli del mondo. Si tratta di una così detta reazione naturale, poiché mentre siamo in vita, da una parte si direbbe che la morte si trovi in un luogo molto lontano, dall’altra che addirittura non appartenga a noi esseri umani; addirittura possiamo andare oltre e darci a credere, ipocritamente, che essa appartenga soltanto all’altro, e non a noi. D’altro canto noi siamo “per natura” incapaci di inoltrarci nella realtà opposta che annulla e cancella quello che siamo adesso, quando il sangue circola nelle nostre vene. Continua »

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  • Quaderno di Palermo 6

    Sai, Francesco sta morendo.
    Che vuol dire sta morendo?

    Quando uno s’imbatte in una conversazione del genere mentre cammina per la vostra città o, diversamente, nel momento in cui queste parole appaiono all’improvviso nel romanzo di un autore palermitano che gli è capitato di leggere, allora senza volerlo ha già intuito qualcosa di fondamentale sulla Sicilia, sui suoi abitanti e soprattutto su Palermo, capitale e crogiolo di tutti i diversi e contraddittori modi di essere in quest’isola centrale e mediterranea. Continua »

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  • Quaderno di Palermo 5

    Quando uno ha davanti a sé una faccia, una facciata, una scena (mi riferisco rispettivamente all’abitante, all’abitazione, all’abitudine, cioè a tutto quello che costituisce una dimostrazione di vita, come accade e viene rappresentata in ogni città del mondo), e poi riesce a conoscere da dietro quello che esse nascondono, da una parte si produce una situazione di perplessità in conseguenza del risultato ottenuto – uno si dice: “Mi sono ingannato” -, dall’altra il mistero che si era creato all’inizio pure crolla e quello che era diventato enigmatico dentro la tua mente scompare, come tanti bei palazzi di Palermo che sono pericolanti, fermi, vuoti e ne conservano soltanto la carcassa. Siccome uno nella sua esistenza vive tra tante cose pure di impressioni, al primo approccio sia la vostra città che voi tutti sembrate veri, naturali, autentici, originali. Poi, mano a mano che uno vi conosce gli sovviene l’idea che tutto sia finto e di essere capitato in un grande melodramma. Ma, più tardi, con il tempo uno arriva alla conclusione che soltanto può essere così, che è l’unica realtà possibile in questo luogo. Una realtà dove il palermitano mai potrà essere una persona semplice, tanto all’interno come di fuori. Egli ha bisogno di uno strumento enorme per compiere la sua vera funzione: apparire. E per fare questo si deve travestire con grande sfoggio perché non si basta da solo, non sa mostrarsi nudo, elementare. Forse si potrebbe affermare che due fiumi paralleli scorrono in ogni abitante di questa città, uno dentro e un altro all’esterno, ma che quello che conta è il corso di fuori, cioè il rumore che fa l’acqua che invisibile fluisce all’interno. Continua »

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  • Quaderno di Palermo 4

    In questo momento della mia vita mi trovo nello spazio dove tanti anni fa mi ero riconosciuto, come quando uno rincontra cammin facendo la forma di un corpo che ha lasciato dentro il segno, come se fosse un riverbero, e tuttavia ognuno avesse poi continuato a fare la sua strada. Ma dal momento che l’avevo toccato di sfuggita e subito me ne ero andato e, oltre a ciò, è trascorso parecchio tempo da quell’istante così detto epifanico, adesso che sono tornato la percezione di questo spazio ha preso un altro giro che rivela tanti dubbi, incertezze, perplessità. Forse era una cosa dovuta se uno ci pensa bene, a conti fatti durante tanti anni attraverso le diverse città europee dove alternatamente ho sperato e disperato, ancora non ero riuscito a risolvere l’enigma che mi si era presentato nel momento di penetrare questo luogo allora sconosciuto ma con tanta determinazione desiderato. Continua »

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  • Quaderno di Palermo 3

    Certo che l’entusiasmo può accecare, ma cosa sarebbe il piacere senza questo delirio sacro appartenente a degli dei sconosciuti perché inesistenti? Delirio tra l’altro provocato non da un disturbo organico o da uno squilibrio psichico o, mettiamo il caso, dal consumo di droghe, ma occasionato dalla contemplazione di un luogo che ti rapisce, ti prende, ti assorbe. Così è stato per la vostra città appena sono sceso dal treno un tiepido pomeriggo di quella fine dicembre del 1995. Se avevo fatto di mia volontà questo lungo viaggio come ho già detto da Napoli – in realtà avevo preso il treno una sera a Gaeta, dove mi ero fermato per alcuni mesi da un amico, ma alla stazione centrale della città partenopea ho dovuto aspettare l’espresso che arrivava in ritardo da Roma per sei ore! -, c’era inevitabilmente una predisposizione a lasciarmi andare appena avessi messo piede a Palermo. E devo dire che in quel momento di svago che è durato tre giorni non sono mai stato deluso, anzi.
    Dopo tanti anni che sono passati, ho soltanto un vago ricordo in mente e una debole fiamma mai spenta delle tante sensazioni provate durante le circa 72 ore nelle quale ho girato, inebriandomi dai monumenti, dalla gente, dall’atmosfera in cui mi imbattevo. Continua »

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  • Quaderno di Palermo 2

    Come sempre succede con la memoria, con il ricordo, quando uno si mette a scrivere su un luogo non può fare a meno di mitizzarlo perché non si serve d’altro che della parola, vale a dire della rappresentazione di una realtà che non c’è più. Così accade con le città che uno ha vissuto o qualche volta conosciuto o anche solo intravisto nei momenti della sua vita, così è successo pure a me con la vostra Palermo. Quattordici anni sono passati tra quell’uomo ancora giovane che per tre giorni invernali si era trattenuto nella prima capitale delle Due Sicilie e questa persona matura che da un anno e mezzo ci vive. Certo che io non sono lo stesso e che la mia percezione iniziale è variata, ma è anche vero che la realtà non ha niente a che vedere con la nostalgia, l’altra faccia del mito. Diciamo che il tempo modifica in ambedue le parti la prima apparenza che era stata non solo raccolta, ma innanzitutto sentita e vissuta.
    Quello che il forestiero – mettiamo che si tratti di un viaggiatore minimamente navigato e di conseguenza curioso – porta con sé prima di arrivare in questa città è l’idea di centralità che essa ha avuto durante il passato e allo stesso tempo la consapevolezza della posizione preminente che dal punto di vista storico e culturale ha goduto l’intera isola. Continua »

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  • Quaderno di Palermo

    Da un anno e mezzo sono a Palermo, in Sicilia, di nuovo in Italia, e da un anno e mezzo neanche un giorno smetto di pensare a questa città, a quest’isola, a questa penisola che, tutte e tre, mi hanno accolto perché io certamente l’ho desiderato, l’ho scelto, l’ho voluto. Tante volte in vita mia ho pensato alla possibilità di vivere nel mito che questa realtà può suscitare in uno straniero come me e tante volte ho dovuto rimandare questo pensiero fino al momento di prendere quella decisione che dietro ogni azione futura sa aspettare nel suo rumoroso silenzio con cautela o spensieratamente o addiritura con tanta paura. Perché la vostra isola, la vostra città, il vostro paese, per un occidentale sono – o forse dovrei dire erano – i luoghi degli origini, quei luoghi assoluti dove tutti noi un giorno siamo nati. Sì, perché noi condiviamo gli stessi antenati, vale a dire il mondo greco e quello latino – a dire il vero da qualche tempo ormai trapassati – e ogni occidentale ha succhiato non soltanto il loro latte, ma innanzitutto il loro verbo e il loro sguardo. Perciò, inconsapevolmente, avevo tanta nostalgia dello spazio primitivo, io che sono venuto a questo nostro mondo in un arido angolo di terra del nord della Spagna più di cinquant’anni fa. Continua »

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