Eppoi magari sarebbe anche arrivato a sognare, di notte, orizzontale nel letto di camera sua, un sogno pieno di mattoni e di tramezzi, una sinfonia di muri da edificare e di vetrate da fissare, un sogno in cui si costruisce sempre, però prima o poi sarebbe giunta l’inesorabilità del risveglio, ed allora: alzarsi, doccia, caffè, barba, tuta, macchina, lavoro, spogliarsi, completino, calzettoni e parastinchi e scarpe chiodate e giù di corsa sul campo, l’allenamento della mattina, fiato e scatto, i colpi di testa, il corpo a corpo con l’avversario, perché è questo il lavoro di un difensore, saltare anticipare spallàre restare in piedi posizionarsi e soprattutto, in ogni modo, con ogni mezzo lecito o meno: distruggere l’azione, interromperla frenarla polverizzarla annichilirla, questo è il suo lavoro: difendere, lo dice anche il nome, non fare segnare l’avversario, e davvero: poco importa se da piccirìddo il suo sogno era quello di costruire, muri case ponti chiese abbeveratoi strade stadi edicole votive monumenti, costruire e così lasciare un segno tangibile, una volontà di presenza al mondo, invece poi è cresciuto ed è diventato difensore ed allora: correre sgomitare scivolare scalciare sgomitare e distruggere il gioco nel suo dispiegarsi, frantumare le solenni architetture dell’attacco che anelano alla gloria del gol, un lavoro di demolizione che si interessa poco al pallone e tanto del corpo del nemico, è un difensore lui, verrà ricordato per qualità poco eleganti ma evidenti: rudezza, caparbietà, rocciosità e cattiveria, lui non è un costruttore, a lui non è chiesto di progettare o di impostare il gioco, il pubblico gli perdonerà sempre l’errore coi piedi, lui deve principalmente, essenzialmente, fondamentalmente annullare l’avversario, il resto è un di più, un fregio sulla cornice del quadro, allora lavora e così affossa un corpo proteso in volo che stava per staccare di testa, si aggrappa alla maglia dell’avversario e la sdillabra tutta, distrugge distrugge e distrugge, poi finisce il lavoro e torna a casa e cena e si corica a letto e con il cuore un po’ tristolino chiude gli occhi e si addormenta e sogna l’edificazione di una cattedrale, passo per passo, mattone per mattone, volta per volta, candela per candela, la cattedrale: sempre più alta e bella che pare sfiorare il cielo e i fedeli tutti che la osservano mentre nasce alla vita e sono felici e la cattedrale è imponente ed è quasi finita ed il portone si apre e tutti stanno per entrarci dentro ed in quel preciso momento arriva lui di corsa e scivola velocissimo e con la gamba a martello distrugge tutta la cattedrale e mentre la cattedrale crolla lui si sveglia di colpo tutto sudato e urla: “arbitro, non è rigore!” e poi capisce che l’arbitro non c’è perché è solo un sogno ma si sente lo stesso espulso e non ci può fare niente.
Tratto da Il Palermo in edicola.
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