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Biografia: Si occupa di sicurezza, nasce nel ’72 a Varese da genitori palermitani ma a tre anni la famiglia ritorna in “patria” a Palermo, diplomato in un istituto tecnico si arruola come militare partecipando a missioni all’estero, lavora come ferroviere in Lombardia per qualche anno, gira l’italia per lavoro, con occhi attenti osserva il mondo e le sue abitudini. Sin da bambino ama la lettura e divora gran quantità di libri, ama scrivere e colleziona pensieri e poesie.

Marcello Semilia
  • La (s)natura di Palermo

    Palermo…Palermo è una città che non ama i suoi figli, e li abbandona subito dopo averli partoriti, snaturata, vigliacca, puttana. E loro crescendo si odiano tra di loro, sbranandosi a vicenda, come criceti in gabbia, dalle ferite lacere non esce neppure una goccia di liquido ematico, solo veleno, dannazione liquida. Sì, perché chi cresce in cattività diventa cattivo. Prigionieri del basso reddito, dello sfruttamento, degli atteggiamenti mafiosi come caratteristica culturale del posto, gli autoctoni modificano inconsciamente il loro DNA, mutando in homus palermitanus, fottendosene delle leggi darwiniane che attribuiscono il passare di millenni alla causa di una mutazione evoluzionistica. Ma di evoluzione c’è ben poco, di involuzione parecchia. Molti vanno via, e solo allora il velame che copriva i loro occhi sparisce, il DNA si normalizza come pure la capacità di discernere il bene dal male, lasciano che un’altra madre li adotti, sicuramente più affettuosa e meno puttana. Ho “perso” parecchi amici cosí, persino una sorella, un nipote e un cognato. Continua »

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  • Proiezioni palermitane

    Non immaginavo. Ma lo speravo in fondo. È successo pochi giorni fa, in una nota via della periferia “bene” di Palermo town.

    Erano li “quelle” due, scendono da un’utilitaria, un’abbigliamento che per vivacità non passava di certo inosservato, il passo andante, l’incedere a tratti una caricatura di quello femminile, tanti sguardi, sguardi curiosi, sguardi sorpresi ma anche di derisione, di ammiccamento tra amici, di disprezzo. Una signora di mezza età (forse non solo l’età era mezza…) incrociandoli, si è fermata e girandosi, ha continuato ad osserverli, cimentandosi in un’espressione carica di disprezzo che si è spenta quando ha incontrato il mio sguardo tutt’altro che complice. Continua »

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  • Il vizio del palermitano

    Il mito, si sa, è assai vicino ad una fiaba e spesso le fiabe sono proiezioni della realtà, passate attraverso la lente di chi la racconta, così mi sono spesso trovato ad osservare il “narratore” che al termine di un gioioso momento conviviale come il pranzo o la cena esordisce con tono solenne al malcapitato di turno che, satollo, lascia parte del suo cibo nel piatto: «Tu hai ‘u viziu r’u palermitanu!»… Un po’ per abitudine, un po’ per convincimento indotto, un po’ per pigrizia da serotonina, ho sempre soprasseduto dal verificare le origini di questo mito… Continua »

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  • “Fango” a Palermo

    Per fango si intende comunemente una miscela composta da materiale solido finemente disperso e da una quantità relativamente piccola di liquido, derivata principalmente, ma non necessariamente, da sedimentazione. A Palermo non è un semplice nome comune di cosa, ma un’aggettivo di innegabile connotazione negativa che viene sovente indirizzato a una svariata e variopinta categoria sociale di scarsa nobiltà d’animo. Non si conoscono le origini dell’attribuire questa parola al presunto meritevole, tuttavia, l’evocatività di questa parola fuga ogni possibile dubbio sul perché del suo uso negativo. Potrebbe a tutto tondo sostituire altri termini sinonimi come “deiezione”, “rifiuto” o “massa fecale di svariata natura umana e non”. In senso figurato, il termine si usa per definire uno stato di abiezione morale o disonore (ad esempio nelle espressioni: cadere nel fango o coprire di fango). Continua »

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