Per grazia ricevuta
Erano mesi che la signora Rosa aveva smesso di dormire, di mangiare, di vivere, ossessionata dal sospetto che il marito, Pino, la tradisse con una collega di lavoro.
Lui si occupava della manutenzione di un grande magazzino, sulla circonvallazione, e la presunta amante era una delle addette alla pulizia. Era molto più giovane di lui, sposata e madre di due figli, e secondo la signora Rosa aveva irretito il marito soltanto per spillargli soldi e sigarette.
«Forse iddu si sente lusincato picchì quella grandissima schifosa ci fa ‘i moine o forse spera ca prima o ddoppo ci esce quarche cosa…ma io sono sicura ca prima ci futti tutti i sordi e poi lo lascia come un sacco di munnizza!».
Mi diceva quasi tutte le mattine con le lacrime agli occhi.
La signora Rosa aveva la funzione di custode, in realtà non faceva niente se non chiacchierare con me, raccontarmi le mille peripezie della sua vita, prima figlia di nove fratelli, e prendere in giro Angelo, un ragazzo assunto da poco, molto alto, che lei definiva luongu a matula e che lei si divertiva a tormentare.
«Angelo…ma a tia ti piacciono ‘i fimmini?». Gli chiese una volta, la prima di una lunga serie. Il poveretto alzò la testa dalla scheda che stava compilando, le guance a chiazze bianche e rosse e un punto interrogativo negli occhi, e le disse:
«Perché?».
«Ma non lo so…sei grande e grosso, oramai c’hai un’età e non parli mai di fimmini…ora dico io…se un masculu non c’ha la fidanzata le cose sono due o è sportunato oppure…». Continua »
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