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e-mail: micheleburgio@rosalio.it

Biografia: Michele Burgio è nato a Palermo nel 1982, ma è serradifalchese nell'anima. Da sempre legato alle sue campagne assolate ed ai cristalli di gesso e di zolfo, da otto anni raccoglie, studia, ricerca a vario titolo, documenti orali legati alla dimensione etno-dialettale della Sicilia.
Attualmente svolge l'ultimo anno del Dottorato in Dialettologia italiana, tanto per cambiare.

Michele Burgio
  • Fondi regionali e Tabella H: chi (ci) vince e chi (ci) perde

    Ci sono polemiche cui i siciliani sono legati. Perché recriminare è un’attività poco faticosa, e se il motivo è ricorrente, si possono pure passare interi anni a mugugnare e a puntare il dito, comodamente seduti al bar sotto casa.
    Sembra che la bufera invernale sulla Tabella H sia un passatempo irrinunciabile. Dietro le vetrate del caffè di fronte al teatro neoclassico, fra una briscola e un tressette nelle piccole società operaie, nelle anguste stanze delle associazioni di volontariato, c’è un momento di fiacca autunnale. Cadono le foglie − ma quando mai?, l’aria si rinfresca − davvero?, riaprono le scuole − quello sì, ancora per poco, forse. Poi, finalmente, arriva l’inverno: l’approvazione del bilancio regionale, le urla in aula, le minacce, le ritrattazioni e le aspre critiche sulle assegnazioni della famosa Tabella H. Cosa sia di preciso, i più non l’hanno proprio chiaro, ma è riassumibile nella vox populi: «Sono soldi che la Regione spreca regalando contributi a pioggia agli amici degli amici che hanno fondazioni pachidermiche, piccole associazioni culturali, scuole di balletto, passioni ippiche, sagre della Pera Decana e varia umanità». Continua »

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  • La “lenta cottura” del professore ordinario…

    Premessa: questo articolo è scritto in fretta e furia da un dottorando siciliano di 29 anni autore di quindici pubblicazioni scientifiche e relatore in convegni tenutisi a Barcellona, Valencia e Marsiglia. Uno sfigato, per intenderci. Almeno al cospetto di Michel Martone.

    Si è parlato di scandali all’Università, di precari validi che da anni arrancano, di cervelli che fuggono e di “figli di papà” dalle carriere fulminanti. Ma, né in tv né sulla rete ho trovato numeri chiari. Allora mi sono detto: «E diamoli, un po’ di numeri»! Perché se stiamo dietro alla scatolo-informazione (informazione delle scatole cinesi o degli scatoloni impolverati, fate voi) non ce ne usciamo più.

    Di recente un sottosegretario, tale Michel Martone, ha illuminato le nostre giovani menti (ed insinua il sospetto nelle menti dei nostri genitori) dicendo che chi si laurea dopo i 28 anni è uno sfigato. Al di là delle inevitabili polemiche sul merito della questione, teniamo conto del fatto che chi parla è diventato professore ordinario a 29 anni. Continua »

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  • L'”urgenza” di insegnare il dialetto a scuola

    Forse uno dei grandi limiti della politica è il fatto di poter legiferare sostanzialmente su tutto senza necessariamente dover ricorrere ad un dialogo serio con chi con quella legge dovrà confrontarsi e con chi, suo malgrado, dovrà, in qualche modo “subirla”.
    Presentata e sostenuta da un politico che si schiera dalla parte dei “leghisti del Sud”, purtroppo l’idea di inserire la cultura dialettale siciliana (storia e letteratura) nei percorsi scolastici rischia di apparire come una trovata di colore, anche per quella ossessione nel rimarcare il “costo zero” per gli orari scolastici e per le casse regionali, quasi che avviare un progetto che abbia un senso (e, naturalmente, un costo che sia giustificato da quel senso) fosse un’azione da deprecare.
    E, invece, di per sé, io non trovo affatto disdicevole che a scuola si studi la letteratura dialettale insieme a quella italiana e ci si concentri con maggiore dovizia sui momenti in cui la storia è passata per le nostre stanze. Però non è detto che gli strumenti e le risorse che oggi posseggono la scuola gli insegnanti siano adeguati per farlo. Anzi, senz’altro non lo sono. Continua »

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