Quel pomeriggio con la mia ragazza era stato splendido, il mare di Mondello ci aveva saziato gli occhi con la sua bellezza, il verde caraibico del mare siciliano non aveva nulla da invidiare a quello delle isole che scoprì Colombo. Allora avevo 18 anni, era il 1977, e mi trovavo in compagnia di Maria, quella che oggi è diventata mia moglie, erano i primi approcci di un amore puro come lo era il mio cuore di allora, anche l’aria sapeva di fresca salsedine, di pulito. Così soddisfatti della giornata ci dirigemmo alla fermata di dell’autobus, quella in prossimità della piazza di Valdesi, il luogo che delimita il confine tra la località balneare e la Favorita, il parco di Palermo che divide la città dalla famosa località marina. L’attesa stranamente non fu molto lunga come al solito, erano circa le sei del pomeriggio, ed i bagnanti dei lidi, come noi, erano già sulla strada del ritorno, anzi molti si trovavano sull’autobus della linea Sei Bello per tornare in città. Gli autobus di allora non erano capienti come quelli di oggi, il prezzo da pagare naturalmente, sia all’andata che al ritorno, a parte il biglietto era quello di dovere viaggiare stipati come le sardine. Io come mio solito, per evitare troppi contatti, preferivo stare nella parte retrostante l’autobus, appoggiato con le spalle al vetro, così pure Maria vicino a me. Era un continuo guardarsi negli occhi per trovarci ed annullare tutto ciò che stava intorno, ma ad un certo punto quel nostro amoreggiare fu interrotto da un suono non familiare: non era il rumore del cambio, né quello della marmitta bucata, del mezzo, né quello giocoso dei bambini, né il civettare delle donne che continuavano il cuci e scuci che avevano iniziato nelle piazzole dei lidi, era il pianto, anzi no, era il lamento di un’anziana signora seduta vicino la bussola dell’apertura posta a metà del mezzo. Cercai di capire cosa stesse succedendo, ma non riuscivo a vedere bene. Continua »
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