Prosegue l’indagine della Procura di Palermo sulla presunta trattativa tra Cosa nostra e lo Stato a ridosso delle stragi del 1992. La scorsa settimana il legale di Massimo Ciancimino (che sarà interrogato congiuntamente oggi dai magistrati di Caltanissetta e Palermo) ha consegnato le fotocopie di un documento.
Non è chiaro se si tratti del “papello”, da chi sia stato scritto e quando e se sia autentico il documento da cui deriva.
Ieri Luciano Violante ha dichiarato: «Quel documento pubblicato è una bufala: dico quello pubblicato, perché altri magari no. […] Si fa riferimento a cose come il 41 bis o la dissociazione, che è un tema che verrà fuori molto tempo dopo. […] Ho l’impressione che il documento che la magistratura ha in mano sia diverso da quello pubblicato. Sta ai magistrati capire cosa è successo: sta a noi spingere senza interpretazioni di parte, perché la verità venga fuori».
Il procuratore nazionale antimafia Piero Grasso ha confermato ieri l’esistenza di una trattativa: «Per la verità le indagini precedenti avevano in qualche modo accertato l’esistenza di un tentativo di Cosa nostra di entrare in contatto col potere politico. […] È processuale il contatto degli ufficiali del Ros, Mori e De Donno, con Vito Ciancimino. Ed è processualmente accertato che alla mafia, in cambio della resa dei vertici, fu offerto “un ottimo trattamento per i familiari”, un “ottimo trattamento carcerario” e una sorta di “giusta valutazione delle responsabilità”. […] Anche via D’Amelio potrebbe essere stata fatta per “riscaldare” la trattativa. In principio pensavano di attaccare il potere politico e avevano in cantiere gli assassinii di Calogero Mannino, di Claudio Martelli, Giulio Andreotti, Carlo Vizzini e forse mi sfugge qualche altro nome. Cambiano obiettivo probabilmente perché capiscono che non possono colpire chi dovrebbe esaudire le loro richieste. In questo senso si puo’ dire che la trattativa abbia salvato la vita a molti politici»
Stasera alle 23:25 a La Storia siamo noi (Rai Due) andrà in onda un’intervista ad Agnese Borsellino, vedova del magistrato Paolo, in cui rivela: «Stranamente negli ultimi giorni che precedettero via d’Amelio, mio marito mi faceva abbassare la serranda della stanza da letto, perché diceva che ci potevano osservare dal Castello Utveggio».
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